AstroPath è una piattaforma innovativa che applica le più avanzate tecniche di mappatura astronomica all’analisi di immagini microscopiche di tessuto tumorale, rendendo possibile l’identificazione di biomarcatori predittivi in grado di rispondere a immunoterapie mirate a seconda del tipo di tumore.
Il team di ricerca multidisciplinare a capo di AstroPath, composto da esperti del The Mark Foundation Center for Advanced Genomics and Imaging, affiliato alla Johns Hopkins University, e del Bloomberg~Kimmel Institute for Cancer Immunotherapy, ha recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista Science il complesso studio che sfrutta il principio dell’immunofluorescenza per studiare le dinamiche delle cellule tumorali con le stesse metodologie che vengono utilizzate per la mappatura del cielo.
Come funziona la risposta immunitaria antitumorale
Il sistema immunitario è l’arma di difesa del nostro organismo contro agenti estranei. Questi agenti estranei possono provenire dall’esterno, come virus, batteri, funghi, o dall’interno, come nel caso di cellule tumorali.
Le cellule tumorali sono riconoscibili grazie ad antigeni caratteristici, quindi il sistema immunitario è teoricamente in grado di attivare una risposta immunitaria.
Tuttavia, a volte l’organismo non è in grado di riconoscere le cellule tumorali, come ad esempio nel caso di soggetti immunodepressi. In questi casi, le cellule tumorali aggirano il sistema immunitario, quindi mutano e sfuggono al suo controllo, replicandosi. La risposta antitumorale è essenziale per bloccare la crescita delle cellule maligne.
Il checkpoint PD-1/PD-L1
I linfociti T, un gruppo di globuli bianchi specializzati nel riconoscimento di cellule anomale, presentano sulla propria superficie una proteina denominata PD-1 (Programmed Death 1 o, in italiano, “proteina della morte programmata 1”). Tale proteina, se attivata da altre cellule – come quelle tumorali – inibisce la reazione del sistema immunitario contro di esse.
Le cellule tumorali mostrano infatti, sulla loro membrana, una molecola chiamata PD-L1 (Programmed Death-Ligand 1 o, in italiano, “ligando di morte cellulare programmata 1”). Questa molecola, se si lega a PD-1 dei linfociti T, ne inibisce la risposta immunitaria.
Le cellule tumorali sono abili nell’ingannare il sistema immunitario. Il melanoma, ad esempio, esprime PD-L1 sulla superficie delle cellule cancerogene, “spegnendo” i linfociti T e quindi riuscendo a eludere il sistema immunitario (Figura 1).
Un’alta percentuale di pazienti non risponde alle terapie anti-PD-1 o anti-PD-L1. Pertanto, la scoperta di biomarcatori per la selezione dei pazienti che rispondono a queste terapie potrebbe essere una svolta nella ricerca. Da qui la necessità di terapie mirate e personalizzate, attraverso lo studio e la caratterizzazione del microambiente tumorale (TME) a livello della singola cellula.
Il principio di funzionamento di AstroPath, in breve
AstroPath sfrutta il principio dell’immunofluorescenza multiplex (mIF) per l’elaborazione delle immagini tumorali. Attraverso l’uso di anticorpi per marcare a fluorescenza le proteine PD-1 e PD-L1, che vengono espresse sulla superficie dei linfociti, l’innovativa piattaforma di Cambridge si è posta come obiettivo la mappatura e la distribuzione di tali proteine nel TME. Il tutto a livello cellulare.
AstroPath ha mappato 6 biomarcatori da tessuto tumorale su 98 pazienti con melanoma – un tipo di tumore della pelle – sotto terapia anti-PD-1, individuando quindi un biomarcatore multiplexato (composto dai 6 biomarcatori) e predittivo della risposta alla terapia anti-PD-1. I ricercatori sono stati in grado di visualizzare contemporaneamente (da qui il nome della tecnica, “multiplex immunofluorescence” – mIF) varie proteine cellulari studiando l’interazione cellula-cellula, determinandone distribuzione e livelli di espressioni nelle biopsie di melanoma, così come la relazione spaziale tra cellule del sistema immunitario e cellule tumorali.
L’analogia tra astronomia e anatomopatologia
Come dice la parola stessa, AstroPath unisce conoscenze di ASTROnomia con quelle di anatomoPATologia (Figura 2).
Il parallelismo tra analisi multispettrale astronomica e imaging tissutale è forte. Talmente forte che è molto probabile – oltre che auspicabile – che la prossima generazione di biomarcatori predittivi tissutali verrà in futuro identificata mediante l’uso di set di dati ampi e ben curati derivanti dallo studio del TME, condivisi in server accessibili.
Con AstroPath le tecniche di analisi delle immagini originariamente sviluppate per l’astronomia sono applicate a campioni derivanti da tessuti patologici. Analogamente a quanto fatto dai telescopi dello Sloan Digital Sky Survey, la mappatura localizzata del cielo è come un microambiente tumorale studiato con microscopi multispettrali, mentre le galassie sono come cellule: distribuite su uno spazio complesso. Procedendo con la segmentazione delle immagini, si riescono a produrre trilioni di pixel di dati di imaging tissutale, robusti a tal punto da facilitare lo sviluppo atlanti anatomici.
L’obiettivo più ambizioso del progetto è infatti la creazione di un atlante dei tumori, in un formato simile a Google Maps. Qualsiasi medico potrà quindi fruirne per studiare l’evoluzione e la distribuzione spaziale delle cellule tumorali, in modo da personalizzare la terapia a seconda del paziente.
I risultati ottenuti con l’immunfluorescenza
Le piccole fette di tessuto (i.e., slides) tumorale sono state preparate come segue:
- Colorazione a immunofluorescenza delle slides;
- Acquisizione e processamento delle slides;
- Segmentazione cellulare e fenotipizzazione;
- Normalizzazione tra i lotti.
Si è proceduto con la correzione di errori dovuti a bias e artefatti. Uno specifico algoritmo di segmentazione è stato adattato per delineare le membrane delle cellule più grandi, separate da quelle dei linfociti che sono molto più piccoli. A questo punto, avviene la fenotipizzazione cellulare: per ogni singolo marker tumorale testato, è stato assegnato valore positivo o negativo alla specifica cellula in base alla presenza o meno del marker stesso, ottenendo una mappa cartesiana universale della distribuzione spaziale (Figura 3).
Le “strategie astronomiche” di gestione delle immagini adottate e gli algoritmi applicati al TME hanno facilitato la valutazione dell’intensità dell’espressione di PD-1 e PD-L1 in situ (e.g., espressione di marker “negativi”, bassi, medi e alti livelli) su diversi tipi di cellule, ricostruendo l’ambiente tumorale specifico.
Inoltre, sono stati individuati specifici tipi di cellule associabili a una mancata risposta terapica antitumorale, come ad esempio rilevato per i macrofagi CD163+ che esprimono PD-L1–.
Conclusioni
La piattaforma AstroPath è risultata in grado di caratterizzare il microambiente tumorale con l’utilizzo di soli sei biomarcatori (PD-1, PD-L1, CD8, CD163, FoxP3 e un cocktail Sox10-S100). In futuro, ciò potrebbe portare AstroPath ad essere un applicativo diagnostico standard per guidare l’immunoterapia personalizzata. Infine, l’indipendenza dall’operatore di tale strumento diminuisce il rischio di errore medico in fase di decisione clinica e ne supporta la diagnosi corretta.
Fonti e approfondimenti
- Science – Analysis of multispectral imaging with the AstroPath platform informs efficacy of PD-1 blockade
- Science Webinar – Astronomy meets pathology: An interdisciplinary effort to discover predictive biomarker signatures for immuno-oncology
- Biomed Central/Molecular Cancer – Biomarkers for predicting efficacy of PD-1/PD-L1 inhibitors