Il progresso della salute digitale e della realizzazione di dispositivi ingegneristici clinici sta contribuendo in maniera sempre più evidente alla trasformazione della medicina convenzionale in assistenza sanitaria da remoto. Il “cerotto intelligente” per il trattamento delle ferite croniche, tra cui le ulcere diabetiche, ne è infatti un esempio. Progettato e sviluppato dai ricercatori della Caltech (California), potrebbe rivelarsi una svolta per le terapie personalizzate.
Che cos’è il diabete?
Il diabete è una malattia cronica (i.e. processo di lento decadimento delle normali funzioni fisiologiche proprie dell’organismo cui tipicamente non si giunge ad una risoluzione esaustiva) caratterizzata non solo da un livello eccessivo di zuccheri nel sangue (i.e. iperglicemia), ma anche da un’alterazione delle funzioni dell’insulina, ormone secreto dal pancreas e “lasciapassare” del glucosio nel sangue da cui poi utilizzato come una delle principali fonti di energia. Tale malattia viene catalogata in diabete tipo 1 e diabete tipo 2: ciò che accomuna queste due diramazioni è la non conoscenza della causa scatenante alla base.
- Diabete tipo 1: con insorgenza tipicamente giovanile e in rari casi adulta, viene classificato nelle malattie di tipo “autoimmuni” dovute a un’azione del sistema immunitario contro l’organismo stesso: non si ha alcuna presenza della insulina perché le cellule del pancreas che la producono vengono demolite (basti pensare a quanto accade contro gli agenti patogeni o virus); i pazienti affetti da tale malattia sono difatti costretti a iniezioni regolari di insulina;
- Diabete di tipo 2: sicuramente più diffuso del diabete di tipo 1, vanta difatti una percentuale del 90% di insorgenza della malattia del diabete. A differenza del tipo 1, l’insulina viene secreta dalle cellule del pancreas ma è l’organismo che non riesce adeguatamente a “sfruttarla”.
In aggiunta, tale malattia può insorgere anche durante la gravidanza: si parla di diabete gestazionale, le cui conseguenze sono correlate a malformazioni congenite del feto, ad una nascita dello stesso con peso eccessivo sino ad una morte prevenuta.
Tra le complicazioni rilevanti a cui la malattia potrebbe portare, quelle più diffuse sono a carico di organi e tessuti appartenenti al sistema cardiocircolatorio (variazioni della conformazione dei vasi sanguigni oltre che a delle vere e proprie malattie cardiocircolatorie), al sistema nervoso (perdita di sensibilità, dolori di natura e entità diverse a livello degli arti, disfunzioni del cuore, degli occhi, dello stomaco), e nondimeno al sistema urinario (tale malattia cronica ha una incidenza sulle strutture filtranti del rene che vengono difatti danneggiate).
Tuttavia, è senz’altro noto l’aggravamento che conduce al così detto piede diabetico: a partire proprio dalla modificazione dei vasi sanguigni, si generano delle ulcere cutanee (i.e. perdita e incapacità di rigenerazione del tessuto cutaneo) il cui processo di guarigione non vede una risoluzione effettiva: esso difatti è stagnante ed è compromesso da continue infiammazioni incontrollate (Figura 1).
Trattamento delle ulcere diabetiche
Il trattamento di ulcere diabetiche e ferite croniche (o non cicatrizzanti) vede l’applicazione di terapie non solo di natura invasiva, quali ad esempio operazioni chirurgiche di innesti e sostituti cutanei, ma anche di natura farmacologica, grazie a cui vengono prescritti antibiotici locali o sistemici. Di quest’ultimi, si riconosce spesso un’assunzione errata o esagerata da parte del paziente e dunque una degenerazione che potrebbe portare alla morte.
Un’applicazione alternativa che ha dimostrato di avere una buona risposta nei confronti del trattamento delle ferite croniche è invece la stimolazione elettrica che assicura difatti una accelerazione del processo di guarigione: grazie ad essa, proliferazione, differenziazione e migrazione delle cellule volte alla rigenerazione tessutale e alla difesa del letto della ferita diventano fortemente mirate e più coerenti. Non mancano senz’altro degli aspetti negativi: la stimolazione elettrica richiede delle strumentazioni alquanto ingombranti, che effettivamente limitano la sua applicazione al semplice ambiente clinico.
A tu per tu con il “cerotto intelligente”
I ricercatori del Caltech (California Institute of Technology) hanno progettato un “cerotto intelligente” che ben affronta le problematiche di cui sopra tramite degli studi in vivo su modelli di roditori con ferite diabetiche infette (ratti diabetici Zucker) (Figura 2). Si tratta di un sistema bioelettronico indossabile, wireless e completamente integrato. E’ in grado di monitorare non solo le condizioni fisiologiche del letto della ferita, ma anche di trattare la medesima tramite il rilascio controllato di farmaci antinfiammatori e antimicrobici, stimolando la sua guarigione grazie a una stimolazione elettrica esogena.
Inoltre, grazie ad un circuito flessibile è possibile sia acquisire i dati sia trasmetterli in modalità wireless, facendo sì che le informazioni vengano coadiuvate al personale medico che potrà lavorare con immediatezza per garantire un’adeguata cura per il paziente (Figura 3).
Progettazione del dispositivo
Il sistema bioelettronico ha una intrinseca eterogeneità di componenti e apparecchiature (Figura 4), tra cui:
- un substrato di elastomero termoplastico come base generale (SEBS);
- una serie di biosensori multimodali per il rilevamento della composizione elettrochimica del letto della ferita;
- una coppia di elettrodi modulati in tensione, necessari per il drug delivery e la stimolazione elettrica;
- uno strato di idrogel elettroattivo, caricato con i farmaci antinfiammatori e antimicrobici da rilasciare.
Un interesse rilevante è indirizzato proprio verso la composizione chimica del letto della ferita e, maggiormente, nei confronti del liquido che si libera dal suo processo infiammatorio: il cosiddetto essudato. Difatti, i suoi parametri fisiologici quali la temperatura, livello del pH, sostanze di scarto metaboliche (tra cui l’acido urico) possono essere considerati come degli indicatori dello stato di infezione e dell’andamento del processo di guarigione della ferita: basti pensare che tanto un aumento di temperatura quanto un aumento di acidità, dunque del pH, sono proprio rappresentativi di una infiammazione in atto.
La corretta funzionalità dei biosensori è stata dimostrata tramite test condotti sui modelli dei ratti grassi diabetici Zucker in tre momenti: prima dell’infezione, dopo l’infezione e successivamente al trattamento. Si è potuto osservare come, applicata l’infezione il giorno 1, durante questa (dunque a partire dal giorno 2) i valori del pH e della temperatura crescevano quotidianamente (raggiungendo il picco durante il giorno 3 e il giorno 4) e soltanto dopo l’applicazione del trattamento essi si sono ristabiliti a quelli precedente l’infezione sino a stabilizzarsi il giorno 7.
È importante inoltre sottolineare come la realizzazione a serpentina dei componenti elettrici e la proprietà elastica del polimero SEBS assicurino tanto una flessibilità meccanica (consentendo dunque una qualsiasi deformazione meccanica) quanto una elevata elasticità: questo garantisce naturalmente un’aderenza ottimale del cerotto al sito di applicazione, escludendo così il rischio che possa staccarsi. Dunque, il suo funzionamento è costante (Figura 5).
Abilità terapeutica del cerotto ingegnerizzato
Le ferite croniche, come detto sopra, vengono trattate tramite la stimolazione elettrica e il rilascio controllato di farmaci dallo strato di idrogel grazie ad una modalità on/off: entrambi funzionano a valle di due elettrodi modulati in tensione (Figura 6A).
Per quanto riguarda il rilascio di farmaci, lo strato di hydrogel subisce un rigonfiamento proprio grazie ad una tensione positiva. Ciò permette la facile espulsione dei farmaci in esso contenuti (Figura 6B). La stessa funzionalità è stata difatti testata contro gli agenti patogeni maggiormente coinvolti nella proliferazione batterica (tra cui lo Staphylococcus epidermidis).
Infine è stato osservato come la stimolazione elettrica applicata alla ferita non cicatrizzabile, posta a paragone con un’altra non stimolata, non solo assicuri una direzionalità più ordinata delle cellule, ma anche dei tassi di chiusura della ferita decisamente più alti rispetto a una zona non stimolata (Figura 6C).
Confrontando quattro diversi gruppi di animali (controllo negativo, rilascio di farmaci, stimolazione elettrica e terapia combinata) è stato osservato come i gruppi riceventi il trattamento farmacologico e la terapia combinata presentassero una forte diminuzione di crescita batterica, a differenza degli altri due gruppi dove pur tuttavia sono stati misurati alti tassi di chiusura della ferita. Si può ben comprendere come la terapia combinata sia decisamente l’arma vincente per riuscire a garantire un ottimo trattamento della ferita (Figura 7).
Conclusioni
Si può ben comprendere la potenza della realizzazione di tali sistemi che, grazie proprio ad una futura evoluzione, possono essere pensati per studi first-in-human: il benessere del paziente diabetico verrebbe raggiunto grazie ad un dispositivo di dimensioni piccole ma di grande potenziale.
Non mancano dunque degli aspetti ancora da perfezionare quali la biocompatibilità del sistema, la durata temporale dei componenti elettrici e la stabilità degli stessi che possono essere migliorati con ulteriori applicazioni. Ad esempio sarebbe favorevole che l’essudato della ferita sia costantemente inviato alla camera dei sensori, in maniera da ottenere una migliore mappatura spaziale e un continuo rilevamento temporale, anche e soprattutto per ferite croniche di maggiori dimensioni.
Fonti e approfondimenti
- Science – A stretchable wireless wearable bioelectronic system for multiplexed monitoring and combination treatment of infected chronic wounds (also, credits for the cover picture on this web page)
- Caltech – ‘Smart’ Bandages Monitor Wounds and Provide Targeted Treatment
- Medgadget – Smart Bandage Monitors and Treats Chronic Wounds