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Diagnostica Robotica e IA Tecnologie di supporto

Il ruolo dell’ingegneria biomedica nella lotta al SARS-CoV-2

Come tutti sappiamo, la diffusione della pandemia da SARS-CoV-2 , sta mettendo a dura prova i sistemi sanitari mondiali e con essi tutte le risorse umane che ci lavorano quotidianamente. Allo stesso tempo tale crisi sanitaria, sta facendo emergere non solo la necessità di standard di cura più elevati, ma anche quale importante contributo può apportare alla causa l’ingegneria biomedica.

La rapida mobilitazione effettuata in Cina (e altrove), per contrastare la diffusione del Coronavirus, ha messo in mostra e reso operative una gamma di nuove innovazioni fino a pochi anni fa ancora in forma di prototipo per far fronte a quest’emergenza sanitaria globale.

L’Italia è uno dei paesi che a livello globale si sta impegnando più attivamente nello sviluppare e produrre soluzioni innovative.

Il contributo italiano

Nonostante ciò, in queste ultime settimane le linee di produzione delle aziende che fabbricano respiratori polmonari sono state messe a dura prova. Come segnalato anche dall’AIIC (Associazione Italiana Ingegneri Clinici) a causa dell’elevato numero di tecnologie necessarie per le cure, sono stati obbligatori gli sforzi da parte dei produttori per fronteggiare le criticità del Sistema Sanitario Nazionale (SSN).

Ad esempio, la Siare Engineering Srl, unico produttore italiano di ventilatori polmonari utilizzati nei reparti di terapia intensiva, ha dichiarato di produrre circa 125 macchine a settimana, per un totale di 500 al mese andando ben oltre i propri ritmi produttivi.

https://www.facebook.com/siareengineering/videos/2547938905460689

Per questi motivi a Modena, in soli due giorni, Marco Ranieri dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna, e il collega Alberto Zanella del Policlinico di Milano, hanno pensato e messo in atto un circuito funzionale, in grado di alimentare un ventilatore polmonare per due pazienti contemporaneamente, consentendo di incrementare la disponibilità dei posti letto. Ciò è stato possibile anche grazie ai materiali di produzione forniti dalla multinazionale inglese Intersurgical SpA (con sede a Mirandola).

Tuttavia la domanda di ventilatori polmonari da parte delle strutture ospedaliere non ha accennato a diminuire. Ciò è stato – ed è – perlopiù dovuto ai dispositivi stessi: infatti durante il funzionamento di questi apparecchi, vitali per i pazienti in terapia intensiva, può verificarsi un guasto o la necessità di dover sostituire la valvola (valvola di Venturi) per il corretto trasferimento dell’ossigeno al paziente.

L’esercito dei maker e i kit diagnostici

La soluzione non è tardata ad arrivare da quella realtà fantasma, quell’industria 4.0 non finanziata, che si basa su risorse (in)esistenti: la stampa 3D e i suoi maker italiani.

Dalla collaborazione del founder del FabLab di Milano e dell’azienda Isinnova, presso l’ospedale di Brescia, proprio per sopperire alla mancanza di componenti sostitutivi, sono state stampate in 3D diverse valvole per respiratori polmonari che il produttore non avrebbe potuto consegnare in tempi brevi. Dunque velocemente tutto il mondo dei maker ha mostrato la propria disponibilità per aiutare gli ospedali in difficoltà, creando un network di collaborazioni ed ottimizzando i progetti per queste valvole così importanti.

Le prime valvole sono state prodotte con tecnologia a deposizione di filamento, ma successivamente anche l’azienda Lonati Spa ha pensato di rispondere all’appello, utilizzando una tecnica differente che prende il nome di “Power Bed Fusion” e un materiale polimerico in polvere, che assicura una migliore resistenza e sicurezza durante l’utilizzo.

Nei giorni a seguire il team dell’azienda Isinnova ha sviluppato e testato un adattatore stampato in 3D per convertire delle maschere da snorkeling in maschere per la ventilazione non invasiva. Di seguito un video nel quale viene mostrato come ottenere una maschera d’emergenza per la ventilazione assistita:

La protezione civile di Brescia ha già ordinato 500 pezzi e il team ha lavorato gratuitamente collaborando con un ex primario della struttura sanitaria della medesima città. Un ulteriore aiuto è arrivato invece da Bari grazie allo staff dell’azienda Roboze:

Lavoriamo giorno e notte – spiega il fondatore di Roboze Alessio Lorusso – per completare tutte le stampanti 3D che abbiamo qui in fase di assemblaggio, in modo da metterne complessivamente 35 in produzione. Arriveremo a questo volume entro la fine della settimana.

Le stampanti Roboze sono caratterizzate da un’elevata precisione nella realizzazione dei componenti e attualmente un team di ingegneri lavora duramente per fornire agli ospedali le valvole necessarie e per creare nuove soluzioni per proteggersi dagli schizzi ad esempio. Grazie a queste tecnologie e alla collaborazione di diversi attori molteplici vite sono state salvate, dimostrando che ogni piccola azione o idea può fare la differenza durante questo periodo complicato, nel quale il tempo gioca un ruolo fondamentale.

Ma l’Italia si rende protagonista anche per quanto riguarda la diagnosi del COVID-19: Giulia Minnucci, R&D Director Europe di DiaSorin azienda italiana leader nel settore della diagnostica molecolare, ha infatti affermato di essere stati completati presso l’Ospedale Spallanzani di Roma e il Policlinico San Matteo di Pavia, gli studi necessari di un originale test molecolare per l’identificazione rapida in soli 60 minuti del nuovo ceppo di Coronavirus. Su questa strada hanno deciso di muoversi anche altre realtà a livello globale.

Cosa accade nel resto del mondo?

Ho detto al mio team che i cinesi hanno costruito un ospedale a Wuhan in 10 giorni, quindi dovremmo essere in grado di sviluppare e distribuire un vero test domiciliare per il COVID-19 in quel momento.

Così parla Jonathan Rothberg, imprenditore e magnate di numerose società di biotecnologie, che tramite una sua startup ha sviluppato un POC test (Point Of Care) che vuole rendere gratuito e disponibile per tutto il mondo.

Si tratta di un kit diagnostico guidato ed eseguibile tramite smartphone, in grado di fornire risultati preliminari soli 30 minuti:

  1. La persona utilizza prima un tampone per prelevare un campione di alcune cellule dall’interno del naso o della bocca;
  2. Immerge quel tampone in una sequenza di tre provette, seguendo le istruzioni dell’app di associata;
  3. All’interno di ciascuna di queste tre provette, si verificano tre reazioni chimiche;
  4. La persona può utilizzare la fotocamera del proprio telefono per scattare una foto alle stesse provette
  5. L’app del proprio cellulare fornirà i risultati;

Secondo, Jacqueline Linnes, assistente professore di ingegneria biomedica alla Purdue University, la possibilità di contaminazione del campione all’interno delle provette potrebbe renderebbe fallace l’idea del kit, dal momento che sarebbe estremamente vincolata all’attenzione posta da parte dell’esecutore del test. Infatti la stessa azienda “Biotech Pioneer” di Rothberg, sostiene che tale kit deve essere visto come “una valutazione del rischio” piuttosto che come dispositivo medico.

Sulla base di quanto osservato, anche la sopracitata J. Linnes, si è cimentata nello sviluppo di un vero e proprio strumento diagnostico: ha sviluppato un dispositivo di carta portatile in grado di rilevare in 40 minuti il Coronavirus:

La prima indicazione d’utilizzo del dispositivo di carta sta nel testare un campione di virus della famiglia MERS-CoV a cui appartiene anche il SARS-CoV-2, in tempo reale. La prima riga (a sinistra) è una linea di controllo. Nell’immagine vediamo come questo campione è positivo dalla formazione di una seconda linea sulla striscia di carta. Lo sviluppo del colore marrone è un mezzo di contrasto enzimatico che migliora la sensibilità e la leggibilità del test.

I dispositivi basati su carta sono già prodotti – basti pensare ai test di gravidanza – ma dato che questo strumento diagnostico ha una forma più complessa, renderlo subito un prodotto da commercio sarà una sfida. […]

Come l’AI può aiutare a trovare una cura

L’intelligenza artificiale (AI) è uno degli strumenti più innovativi che abbiamo a disposizione per la comprensione di diversi aspetti legati al virus. Uno fra questi è sicuramente la realizzazione di un vaccino, per il quale è necessario ricreare la sequenza del genoma del virus e fabbricarne una copia opportunamente modificata.

Nel 2003 questo processo ha richiesto diversi mesi ai ricercatori che si occuparono del genoma dei virus SARS, ma oggi degli scienziati cinesi ci sono riusciti in un solo mese grazie alle moderne tecniche computazionali.

Un caso particolare è quello dell’azienda Insilico Medicine, che è stata fra le prime ad utilizzare l’AI per identificare centinaia di composti chimici e molecole come possibili candidati per la realizzazione farmaci utili nel contrastare questa pandemia, e tutto questo in soli quattro giorni. L’azienda ha reso pubblici tutti i risultati per i ricercatori impegnati in questa lotta contro il tempo, dimostrando uno spirito di collaborazione vitale in questo periodo storico.

L’AI può aiutarci anche nel prevedere imminenti epidemie e ciò permetterebbe una migliore gestione delle risorse e delle tempistiche d’azione che, come è possibile vedere quotidianamente, si stanno rivelando determinanti nella gestione dei contagi all’interno della popolazione.

Questo è il caso dell’azienda BlueDot, che ha utilizzato algoritmi di machine learning e Natural Language Processing (NLP) per analizzare un grande quantitativo di informazioni e per tracciare centinaia di malattie infettive. A dicembre la stessa azienda aveva avvisato l’US Centre for Disease Control (CDC) e la World Health Organization (WHO) di evitare la città di Wuhan, dove successivamente ha avuto inizio il contagio del virus.

Esempio di applicazione dell’AI per la tracciatura dei flussi di diffusione del contagio in Cina

L’intelligenza artificiale si mostra utile anche nell’alleggerire il carico di lavoro per operatori sanitari impegnati in prima fila per la gestione del virus e per tutti i pazienti, ricordando ad esempio le corrette procedure caso per caso in base ai dati raccolti. In Cina si stanno utilizzando robot per effettuare dei controlli diagnostici più rapidi e le ambulanze sono accompagnate dall’AI per muoversi più velocemente all’interno delle città, migliorando complessivamente i tempi di reazione del sistema sanitario.

Il domani dopo il Coronavirus: speranze e obiettivi

A livello globale la domanda di servizi sanitari è ormai diventata più intensa e inevitabilmente lo sarà per i mesi/anni a venire, fornendo potenzialmente un grande impulso per l’implementazione di tecnologie biomediche. Tuttavia, la pandemia da SARS-CoV-2 sta continuando ad evidenziare il divario esistente, tra lo sviluppo dell’ingegneria biomedica e il bisogno di salute dei pazienti.

Quando estinguerà questa pandemia, essa sarà un promemoria di come sono stati gestiti i problemi della salute pubblica. Allo stesso tempo sarà uno spunto di riflessione su quanto siano importanti gli sforzi globali per migliorare la ricerca e sviluppo in campo biomedico, per fornire nuovi potenti strumenti al fine di affrontare le sfide di domani.

Oggi più che mai l’ingegneria biomedica può aiutare non solo a migliorare la vite delle persone ma anche salvarle.

Fonti e bibliografia

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Informazioni autore

Redazione IngegneriaBiomedica.org

L’obiettivo che ci sta più a cuore è valorizzare la ricerca biomedica italiana, dare voce ai ricercatori e far si che le aziende biomedicali informino gli studenti, per renderli più coscienti riguardo i recenti sviluppi delle opportunità lavorative nel settore biomedicale, offrire quindi spunti di riflessione a chi è convinto che l’ingegneria biomedica si esprima nella sola ingegneria clinica.

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