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Diagnostica Tecnologie di supporto

Braiker: il biosensore per studiare i tumori e diagnosticare i traumi cerebrali

Prevenzione, analisi costose e tempi di lista di attesa concorrono nella routine diagnostica del paziente, soprattutto se affetto da tumori aggressivi e/o vittima da traumi cerebrali. Una recente prospettiva è stata suggerita dai ricercatori Matteo Agostini (di Latina) e Marco Cecchini (di Piombino-Livorno), premiati all’ Università di Pisa per l’ ideazione di un biosensore capace di rilevare specifici biomarcatori del tessuto ematico.

Il progetto

La realizzazione di Braiker” (biosensor for brain-biomarkers) non è stata l’ unica nella nona edizione del Contamination Lab, una iniziativa che ha promosso le migliori idee di impresa – basti pensare che sono stati circa 50-70 partecipanti in gara, coinvolti in attività ed incontri on- to-one con esperti del campo tecnologico durante l’Evento finale del Corso EBC Plus, in collaborazione con altri Atenei.

Ricercatore Matteo Agostini
Ha studiato ingegneria elettronica presso La Sapienza (sede Latina). Si è laureato in nanotecnologie a Roma.

Si ringrazia la disponibilità di Matteo Agostini per aver dato la possibilità di soddisfare la nostra curiosità grazie alla seguente intervista.

La ricerca: come è nata l’idea, quali sono stati i tempi di progettazione di Braiker e qual è la sua funzione ?

Insieme ad un gruppo di ricercatori e con il contributo del nostro supervisore Marco Cecchini, siamo stati coinvolti da questo Progetto di Dottorato dell’Ateneo pisano (Scuola Normale Superiore). Il tempo investito per la creazione di un primo dispositivo funzionale – non un prototipo – è durato circa quattro anni, considerando anche una cosiddetta “prova di verifica” per testarne le sue funzioni che, essendo basate su principi fisici , non è stata una creazione facile seppur un po’ artigianale inizialmente.

La realizzazione: quali sono le caratteristiche sia nella struttura sia nel meccanismo di questo nuovo dispositivo ?

Il meccanismo è dato dal concetto di onda acustica, cioè un’onda meccanica, generata sul dispositivo stesso. Ciò non è banale, essendo esso stesso un Risonatore la cui funzionalità è dettata da oscillazioni modulabili ad una precisa frequenza di risonanza: l’adesione di specifiche molecole sulla superficie del mezzo condiziona la variabilità dell’onda permettendomi di misurare la loro massa.

La specificità del biosensore: esistono dei tempi di concentrazione “massima” e/o più “sensibile” di rivelazione di biomarcatori specifici come la proteina Gfap ?

La concentrazione di Gfap (proteina acida fibrillare della glia) nel sangue, in genere è bassa ed è regolata anche dalla barriera ematoencefalica. Il biosensore non essendo stato ancora testato sul paziente, per adesso lo si è solo calibrato con questa proteina, la cui produzione è aumentata a livello degli astrociti (cellule di neuroglia dalla tipica forma stellata con funzione di sostegno del sistema nervoso centrale) che, essendo a contatto coi vasi cerebrali, possono rilasciarla in seguito ad un danno cerebrale o tumori particolarmente invasivi.

Prospettive future: esistono altri marcatori sensibili al biosensore e coinvolti in altri casi interessati, non solo da trauma cerebrale o recidive di tumori ? Se si, quali sono ?

Questa è una domanda importante: considerando questo come un ramo nuovo della ricerca clinica, dietro c’è uno studio di circa dieci anni sulla possibile individuazione di altri markers cerebrali … nonostante ciò, non esiste ancora un efficiente test di laboratorio per questa tipologia di marcatori sia perché si tratta di una branca giovane sia per le concentrazioni veramente basse di quest’ultimi . Ad ogni modo, con una analisi del sangue di pochi minuti anche le recidive di tumori più comuni e maligni (come i glioblastomi multiformi) ed i traumi più gravi potranno essere rilevati.

I pro e i contro: quali sono i vantaggi sia per il SSN sia per la salute del paziente rispetto ad altre tecniche invasive e costose?

Si spera che Braiker, nel giro di circa un anno di trial clinico, mostrerà la stessa sensibilità di metodi standard, come la Tac o la Risonanza Magnetica, con la differenza che lo distinguerà nell’essere portatile, riprendendo lo stile del glucometro e dunque il punto di applicazione non interesserà l’intero corpo.

Quali sono le sue aspettative e cosa si sente di consigliare ai futuri ricercatori ?

Non bisogna avere paura di rischiare, perché se si è lavorato bene, sarà valsa la pena di correre il rischio. Questo significa nel mio caso, essersi messo in gioco, perché la ricerca è un bellissimo mondo, ma è complicato trovare una stabilità professionale … nondimeno ribadisco che si deve fare quello che piace. Tant’è vero che lo scopo dell’ evento a cui ho partecipato era quello di spronare i ricercatori e i laureandi nel “trasferimento tecnologico” dal concetto di idea a quello di prodotto su misura, grazie ad un corso di formazione basato su finanza ed organizzazione.


Per maggiori informazioni si può visitare il sito: http://web.nano.cnr.it/neurosens/
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Informazioni autore

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Noemi Maria Giorgiano

È laureata in Medicina e Chirurgia all'Università de La Sapienza (Latina) ed è impegnata nella organizzazione di Iniziative Culturali per tutti gli studenti. È appassionata alla ricerca sperimentale applicata nel campo della Chirurgia nonchè alla corretta divulgazione delle argomentazioni scientifiche.

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