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Sistemi Protesici Tessuti e Organi Artificiali

Cuore (bio)artificiale totale: un nuovo “organo” per la medicina personalizzata

L’insufficienza cardiaca (IC o scompenso cardiaco) è attualmente una delle principali cause di ospedalizzazione nonché di morte nei paesi industrializzati. Se il muscolo cardiaco è troppo danneggiato oppure è molto debole a seguito di lesioni importanti, come un infarto o un malfunzionamento delle valvole cardiache, ne consegue che l’insufficienza cardiaca viene classificata in stadio terminale. A quel punto, il cuore deve essere rimosso e sostituito con uno sano.

Sebbene la terapia farmacologica rappresenti da tempo il trattamento principale nei soggetti affetti, è altrettanto noto che il trapianto cardiaco, pur essendo un intervento chirurgico rischioso, è considerato come il gold standard per i soggetti con IC terminale. Ad ogni modo, problematiche inestinguibili, come il ristretto numero di donatori reperibili o le eventuali comorbidità dei pazienti riceventi (specie se anziani) restringono il campo dei pazienti candidabili al trapianto.

Il primo cuore bioartificiale totale

L’ospedale Monaldi della città di Napoli è la prima eccellenza in Europa ad aver effettuato l’intervento del primo cuore bioartificiale totale (Total Artificial Heart – TAH) in un paziente di 56 anni non candidabile a trapianto cardiaco.

L’intervento è stato effettuato dall’equipe medico-chirurgica guidata da Ciro Maiello, responsabile della Unità Operativa di Cardiochirurgia dei Trapianti con il supporto del team multidisciplinare dell’azienda francese CARMAT, nata dalla collaborazione tra il noto cardiochirurgo francese Alain Carpentier e Matra Défense, un’azienda di ingegneria aerospaziale. 

Nonostante l’ambizioso obiettivo da parte di CARMAT di rendere il proprio cuore artificiale una soluzione definitiva per il paziente, ad oggi il dispositivo è stato approvato dalla Comunità Europea, e dunque commercializzato (CE), solo per i soggetti affetti da insufficienza cardiaca biventricolare terminale che non rispondono più alle terapie farmacologiche convenzionali e che sono in attesa di essere sottoposti al trapianto cardiaco nei 180 giorni successivi all’impianto del cuore bioartificiale (Figura 1).

carmat cuore artificiale protesi
Figura 1. Elementi per montaggio del sistema motore-pompa dell’impianto cardiaco protesico. Credits: CARMAT & Vignal Artru

Davvero noi siamo in grado di controllare la direzione di un missile, ma non siamo capaci di controllare il battito di un cuore?

Ciro Aiello

I dispositivi di assistenza ventricolare e l’evoluzione dei primi cuori meccanici

L’impianto di un dispositivo di assistenza ventricolare (VAD, Ventricular Assist Device) è ben diverso dal concetto di cuore artificiale. Un requisito fondamentale per il funzionamento di un LVAD (VAD per ventricolo sinistro) è il buon funzionamento della camera destra del cuore.

Figura 2. Apparato cardiocircolatorio. Credits: Wikimedia

È importante sapere che il cuore è dotato di quattro cavità: atrio e ventricolo destro, atrio e ventricolo sinistro. Gli atri hanno il compito di ricevere il sangue in arrivo nel cuore (nella fase di rilasciamento o diastole), mentre i ventricoli quello di pomparlo all’esterno (fase di contrazione o sistole). Se il cuore destro non funziona bene, il sangue non può attraversare in maniera efficace i polmoni per lo scambio di anidride carbonica (CO2) da espellere e di ossigeno (O2) da prendere, e quindi per arrivare nella camera sinistra e al LVAD (Figura 2).

L’insufficienza cardiaca colpisce prima il ventricolo sinistro del cuore e poi il ventricolo destro, portando così allo scompenso cardiaco biventricolare. Pur afferendo a un ramo all’avanguardia della bioingegneria cardiovascolare, i portatori di VAD non sono esclusi da un elevato rischio di complicanze emorragiche postoperatorie. Infatti, tra i fattori di rischio riscontrati nelle varie esperienze cliniche si trovano:

  • età (rischio significativamente maggiore oltre i 60-70 anni);
  • pregressi interventi cardiochirurgici;
  • disfunzione epatica;
  • insufficienza renale;
  • infezioni;
  • valvulopatie/protesi valvolari/patologie dell’aorta toracica.

Come funziona il VAD

I vari tipi di VAD funzionano come una pompa ausiliaria che genera un flusso continuo (oppure “pulsatile“, con valvole biologiche o meccaniche) di sangue, che viene prelevato dal ventricolo malato (un VAD può infatti essere mono- o bi-ventricolare) e pompato grazie a una turbina in aorta. Tale turbina trasporta il sangue dal cuore al resto del corpo, o in arteria polmonare, la quale a sua volta porta il sangue dal cuore ai polmoni per essere ossigenato (Figura 3).

dispositivo VAD cuore impianto
Figura 3. Dispositivi VAD in commercio. Credits: Nurse Times

Sebbene l’intento terapeutico per l’utilizzo dei VAD bi-ventricolari è chiaramente quello da “ponte al trapianto”, tali dispositivi proposti come soluzione temporanea non sono completamente impiantabili, a causa delle notevoli dimensioni fisiche e complesse che contengono i circuiti elettronici e le pompe centrali.

Il VAD è alimentato da batterie, con una durata limitata a seconda della scelta del dispositivo. Le batterie sono collegate attraverso un cavo che fuoriesce dall’addome (“driveline”) sebbene esistano anche topologie wireless. Il cavo serve anche a collegare il VAD ad un piccolo computer (“controller”) che ne monitora i parametri.

Ulteriore distinzione si può evidenziare tra VAD paracorporeo, in cui la pompa, la fonte di energia e il sistema di controllo sono all’esterno del paziente; e il VAD intracorporeo, in cui gli elementi sopracitati si trovano all’interno del corpo del paziente.

Cuore meccanico e cuore bioartificiale

Nel 1993 fu avviato lo sviluppo del cuore CardioWest come evoluzione del Jarvik 7, dispositivo utilizzato per il primo impianto di cuore meccanico a flusso pulsatile, avvenuto nel 1982, e commercializzato con il nome di SynCardia a partire dal 2004, approvato negli Stati Uniti. Il progetto di cuore bioartificiale Aeson di CARMAT, iniziato nel 2008, ha cercato di risolvere i problemi di biocompatibilità e rumorosità del primo trapianto di cuore meccanico SynCardia eseguito nel 2007 all’ospedale di Padova dal cardiochirurgo Gino Gerosa.

Rispetto al SynCardia, l’Aeson si adatta meglio al corpo perché è dotato di valvole biologiche della Carpentier-Edwards (appunto cuore bioartificiale), che hanno invece il vantaggio di non richiedere necessariamente una terapia anticoagulante. Tuttavia, tali valvole hanno una durata limitata a causa della degenerazione strutturale a cui vanno incontro, causando un possibile rischio di re-intervento a distanza di anni dall’impianto.

cuore artificiale cuore meccanico dispositivo impiantabile
Figura 4. Rappresentazione di un cuore artificiale e di un cuore naturale umano. Credits: GoGetFunding

Generalmente un paziente sopra i 65 anni potrà avvalersi della valvola biologica con un rischio minore di ictus e sanguinamenti, ma un rischio leggermente aumentato di re-intervento. I pazienti al di sotto dei 65 anni potranno giovare della valvola meccanica, che può ridurre il rischio di re-intervento, anche se aumenta l’incidenza di ictus ed eventi ischemici.

I cuori artificiali di oggi: SynCardia TAH e CARMAT TAH

Attualmente sono solo due i veri cuori artificiali:

  • il SynCardia TAH, inteso come “ponte al trapianto”, totalmente meccanico;
  • il nuovo CARMAT TAH, inteso come “soluzione permanente”.

Il cuore (bio)artificiale totale CARMAT TAH, a differenza del SynCardia, ha le valvole biologiche e funziona con piccoli motori elettrici che pompano il sangue nell’aorta o nell’arteria polmonare. Progettato per autoregolare la gittata del flusso sanguigno attraverso un vero e proprio “dialogo” tra i sensori e il software di cui è dotato, il sistema produce una gittata più alta quando il paziente cammina o sale le scale. Al contrario, produce una gittata più bassa quando riposa o dorme.

Le informazioni sull’andamento del TAH impiantato vengono poi visualizzate su una consolle che funziona con una batteria (dall’autonomia di 4 ore e dal peso di circa 4kg) indossata dal paziente, collegata con un cavo che dall’addome raggiunge il cuore attraverso un proseguimento percutaneo.

Il “bridge to recovery”: nessun trapianto cardiaco?

Il Cuore Artificiale Totale rappresenta ancora oggi una sfida tecnologica. Continua a essere estremamente complicato sviluppare un dispositivo definitivo e soprattutto sicuro: basti pensare ad importanti variabili come il flusso ematico continuo, non pulsatile, che rimodella la comunicazione biologica di tutti gli organi e i tessuti vitali perfusi e per questo dipendenti dall’attività cardiaca.

Oltretutto resta il rischio non trascurabile di infezione, dati i cavi percutanei del dispositivo impiantato, che escono dall’addome del paziente.

Di più recente introduzione è Levitus Cardio, il primo cuore artificiale “wireless”, in grado di funzionare senza cavi né batterie esterne con un’autonomia di circa 8 ore.

I prossimi passi sono quelli di continuare a verificare l’efficacia del sistema artificiale a seguito dei trial clinici che seguiranno, in attesa di ottenere le certificazioni per la commercializzazione non solo in Italia.

In futuro, la scienza biomedica sarà in grado di stimare l’imprevedibilità di alcune reazioni dell’organismo e dei suoi singoli apparati, essendo questi in “comunicazione artificiale” con il nuovo cuore (bio)meccanico?

Fonti e approfondimenti
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Informazioni autore

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Noemi Maria Giorgiano

È laureata in Medicina e Chirurgia all'Università de La Sapienza (Latina) ed è impegnata nella organizzazione di Iniziative Culturali per tutti gli studenti. È appassionata alla ricerca sperimentale applicata nel campo della Chirurgia nonchè alla corretta divulgazione delle argomentazioni scientifiche.

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