Secondo la World Health Organization (WHO) sono circa 466 milioni le persone che nel mondo soffrono di perdita parziale dell’udito e/o sordità, con un notevole impatto sull’isolamento sociale da parte del soggetto che ne è colpito. Per questo, nella maggior parte dei casi, si richiede un intervento mirato per restaurare completamente o parzialmente la funzione uditiva. Un recente studio mira a sviluppare degli impianti cocleari che stimolano direttamente il nervo acustico con l’aiuto della luce.
Come funziona l’orecchio umano?
L’orecchio si suddivide in esterno, medio ed interno. L’orecchio esterno convoglia l’onda sonora verso il timpano e tramite il padiglione giunge all’orecchio medio. Da qui, l’onda si trasmette all’orecchio interno tramite tre ossicini chiamati martello, incudine e staffa, posizionati in modo da collegare il timpano alla coclea, l’organo principale responsabile dell’udito.
La vibrazione che giunge fino alla coclea stimola le cellule ciliate, in contatto con le cellule nervose: qui avviene la trasduzione del segnale. Esso giunge al lobo temporale del cervello dove avviene la decodifica dell’impulso elettrico per la percezione del suono.
Cos’è un impianto cocleare
L’ impianto cocleare è un dispositivo che può aiutare a ripristinare l’esperienza del suono nelle persone con gravi problemi uditivi. L’impianto è diviso in una porzione esterna costituita da un microfono, un processore ed una trasmittente, e da una parte interna costituita da un array di elettrodi posizionato chirurgicamente sulla coclea.
Il dispositivo sfrutta la capacità delle cellule ciliate di rispondere ad un range di frequenze del suono compreso tra 20 kHz e 20 Hz, che si ripropone a livello del nervo acustico il quale può essere pensato come un array di ricevitori a spirale.
In commercio sono presenti array di 12 o 24 elettrodi che inseriti nella coclea stimolano diversi punti; tuttavia, la corrente emessa da ogni elettrodo si disperde a causa dell’alta conducibilità dell’ambiente.
Il processo naturale dell’udito, in cui le cellule ciliate attivano punti precisi sul nervo cocleare, può essere pensato come suonare il pianoforte con le dita; gli impianti cocleari sono più simili a suonare con i pugni.
Tobias Moser, Prof. Dr., Auditory Neuroscience (Uni-Med)
Di seguito un esempio di come viene percepita la melodia di Johann Sebastian Bach da un impianto cocleare con 8 canali di stimolazione a confronto con quella originale.
L’idea dello studio: un impianto cocleare ottico
Il nuovo impianto proposto dal Prof. Dr. Tobias Moser ed i suoi collaboratori, si basa sull’optogenetica ed in particolare sulla capacità di alcune proteine, presenti nelle alghe e sensibili alla luce, di regolare il flusso di ioni nelle membrane cellulari (Figura 1).
Optogenetica, di che cosa si tratta?
L’optogenetica è una tecnica che controlla e monitora l’attività neurale con l’utilizzo della luce, grazie a proteine come la Channelrhodopsin (ChR) o la Archaerhodopsin (Arch). Diversi gruppi di ricercatori hanno iniziato a studiare i geni che codificano per tali proteine e con l’utilizzo di vettori virali ne hanno reso possibile la codifica nei neuroni (Video 1). La tecnica è già stata sperimentata in diverse applicazioni mediche come il ripristino della vista e la stimolazione cardiaca.
L’idea è di servirsi dell’ optogenetica per rendere le cellule nervose cocleari sensibili alla luce: colpire con precisione questi target con fasci di luce a bassa energia per avere sensazioni uditive più fini rispetto all’impianto elettrico e un’esperienza del suono più ricca grazie ad una migliore risoluzione frequenziale.
Proteine fotosensibili, quale scegliere?
La prima proteina utilizzata è stata la channelrhodopsin-2 (ChR2), in grado di aprire i canali ionici in risposta alla luce blu. Un suo utilizzo sui topi ha permesso di dimostrare la superiorità della stimolazione optogenetica del nervo acustico rispetto a quella elettrica in termini di risoluzione frequenziale.
- Puoi approfondire lo studio qui.
Le ricerche hanno continuato con l’utilizzo di una seconda proteina: la calcium translocating channelrhodopsin (CatCh). Quest’ultima presentava però due problemi:
- la stimolazione prevedeva l’utilizzo di luce blu, associata a fototossicità.
- la risposta risultava lenta, tanto da ritardare lo stimolo successivo.
Il team ha perciò optato per un’altra proteina fotosensibile chiamata Chronos. Questa reagiva alla luce rossa e presentava una risposta di 1 ms alla temperatura corporea di 37 °C. Tuttavia, per trasportare efficacemente la proteina sulla membrana cellulare del nervo acustico e con lei la sequenza di codifica era necessario utilizzare un vettore virale molto più potente dei precedenti.
Per questo, si è deciso di utilizzare una sequenza più semplice da trasportare: una channelrhodopsin chiamata Crhimson. In particolare, sono state utilizzate la fast-Chrimson (f-Chrimson) e la very fast Chrimson (vf-Chrimson), meglio stimolate dalla luce arancione.
Un sistema a diodi per stimolare i neuroni
Il professor Moser, insieme ai collaboratori, si è occupato dello sviluppo di un impianto di diodi microluminescenti (micro – LEDs) per impianti cocleari ottici (Figura 2). É stato dimostrato che i micro-LEDs sono in grado di stimolare efficacemente il nervo acustico. Questa tecnologia, sebbene sia la più matura, presenta delle difficoltà: la chiusura ermetica dei LEDs con un materiale trasparente e flessibile e l’utilizzo della luce blu ad alta energia.
Un’altra soluzione potrebbe essere l’utilizzo di un diodo laser posizionato in un alloggiamento in titanio sigillato ermeticamente. La luce è portata nella coclea e nei neuroni fotosensibili grazie alle fibre ottiche collegate all’astuccio di titanio (Figura 3).
Le fibre ottiche devono essere biocompatibili, durevoli e sufficientemente flessibili da avvolgersi attraverso la coclea, caratteristiche difficili da ottenere con le tipiche fibre di vetro. Per questo si cerca una valida alternativa: tutt’ora sono in corso interessanti ricerche sulle fibre polimeriche flessibili.
Sviluppi futuri
Il gruppo di ricerca si è occupato di assemblare le diverse componenti in un dispositivo medicale efficiente. Tuttavia, le novità del sistema, ovvero lo stimolatore ottico e la terapia genica, richiedono ancora test più approfonditi e poichè le terapie optogenetiche sono ancora agli inizi negli studi clinici, c’è ancora qualche incertezza su come far funzionare al meglio la tecnica negli esseri umani.
Ad oggi, sono in corso studi preclinici sugli animali per valutare l’idea, in termini di fototossicità ed efficacia, mentre il primo studio sull’uomo è programmato per il 2026.
Prevediamo un futuro in cui i fasci di luce possano portare ricchi paesaggi sonori a persone con importanti perdite dell’udito o sordità. Ci auguriamo che l’impianto cocleare ottico possa consentire loro di individuare le voci durante un meeting, apprezzare le finezze delle loro canzoni preferite e assorbire l’intero spettro sonoro, dal trillo dei canti degli uccelli alle tonanti note di basso. Pensiamo che questa tecnologia abbia il potenziale per illuminare i loro mondi uditivi.
Tobias Moser, Prof. Dr., Auditory Neuroscience (Uni-Med)
Fonti e approfondimenti
- IEEE_Spectrum – Restoring hearing with beams of ligth
- National Istitute of Deafness and Other Communication Disorders – Choclear Implants
- EMBO Molecular Medicine – μLED-based optical cochlear implants for spectrally selective activation of the auditory nerve
- Optogentech