Stema Italia è il progetto di due giovani visionari, Davide Bodini e Matteo Gambera, che vogliono provare a venire incontro alle più diffuse esigenze dei neolaureati: accorciare le distanze fra il mondo universitario e il mondo lavorativo, mostrare ai neolaureati cosa cercano le aziende e cosa aspettarsi dagli ambienti lavorativi. Parallelamente, Davide e Matteo cercano di fornire un mezzo alle aziende per individuare i talenti con le competenze appropriate da inserire nel proprio contesto.
IngegneriaBiomedica.org li ha incontrati per discutere con loro com’è nata l’idea e come si struttura questo ambizioso progetto.
Davide: Io ho girato e conosciuto l’Europa all’insegna dell’innovazione e della sperimentazione di ambienti nuovi. La mia formazione accademica attiene al management e alla gestione di progetti, ma le esperienze lavorative mi hanno portato spesso a contatto con il mondo ingegneristico e della ricerca.
Matteo: Siamo amici dai tempi del liceo. Da sempre ci unisce la passione per l’innovazione e la voglia di costruire qualcosa di valore per la società. A differenza di Davide, io ho un know how tecnico – ho studiato ingegneria dell’automazione a Brescia – e approfondito tematiche come la robotica e l’intelligenza artificiale.
Durante una nostra consueta chiacchierata, ci siamo siamo resi conto di quanto i giovani nell’area STEM (dall’inglese Science, Technology, Engineering and Mathematics) abbiano difficoltà a trovare un lavoro che rispecchi aspirazioni e che appassioni, pur considerando la grande offerta e varietà di lavori che tale mercato offre oggi.
Da qui è nato il nostro progetto STEMA.
Davide: Si rivolge a tutti i giovani talenti del mondo STEM, dai più accaniti amanti degli integrali complessi ai visionari e futuri progettisti di apparecchiature mediche. A tutti coloro che vogliono contribuire alle sfide ingegneristiche e tecniche del nostro tempo per far avanzare la società di cui facciamo parte.
Matteo: Il contatto tra giovani e mondo del lavoro non è scontato. Bisogna che ci sia consapevolezza perché i talenti, dopo anni passati sui libri, possano orientarsi ed esprimere il loro potenziale attraverso un percorso lavorativo che ritengono soddisfacente. Per creare consapevolezza c’è bisogno che le aziende si raccontino e che esistano dei percorsi rodati che permettano l’espressione del talento.
Matteo: Le candidature sono un tema complesso, c’è sempre da tenere in conto un trade-off tra tempo, impegno, opportunità e rischio. Il miglior modo per approcciarle è con organizzazione e strategia. Occorre prendersi del tempo, individuare un nocciolo duro di candidature a cui teniamo davvero e altre che rappresentano il piano B. Con le prime bisogna muoversi su diversi fronti, cercare punti di contatto con le organizzazioni e curare, per ogni singola candidatura, le interazioni (e.g., eventi, colloqui, CV). Per le seconde dobbiamo essere consapevoli che potrebbero diventare le nostre prime scelte, e che con il tempo l’attenzione da dedicarci aumenterà.
Stema sta cercando di organizzare punti di incontro e percorsi di assunzione non convenzionali, che premino passione e interesse. Sono proprio questi attributi quelli su cui puntare. Sono ciò che rende i giovani portatori di valore nelle sfide che si affronteranno.
Matteo: Le difficoltà? Per i laureati, capire se un percorso sia quello giusto, e fino a che punto si possa ritornare sui propri passi per approdare su altri progetti. Sono tutte questioni lecite. E’ per questo che la consapevolezza è la chiave per un avvio di carriera sereno. Fino a quando ci si mette passione, impegno e perseveranza si possono esplorare nuove opportunità. Per i laureandi, invece, le difficoltà stanno nel comprendere una realtà esterna come il mondo del lavoro, senza averlo vissuto: tempi, dinamiche e approcci alle sconfitte. Ed è proprio su questi 3 punti che ci arrivano le domande più frequenti. Il miglior approccio è chiedere, e questo caso non è da meno. Noi di Stema, come tanti altri, siamo qui per rispondere: occorre solo lo sforzo di cercare aiuto.
Matteo: E’ un settore molto competitivo. Di natura attira persone che sono stimolate dai valori del contesto medico. Per farsi spazio tra i candidati serve mostrare passione, capacità ed esperienza. “Esperienza” significa anche mettere le mani in pasta durante lo studio. Bastano attività secondarie, ma che esprimono capacità che tornino utili per il lavoro. Dipende dal proprio interesse, ma aver progettato qualcosa con Arduino o programmato un piccolo bot che si integra con API piuttosto che aver messo mano su qualche progetto di robotica fa davvero la differenza. Alternativamente si può cercare di entrare in contatto con gruppi clinici o approfondire tematiche particolari attraverso tesi e tirocini.
Davide: Sì, ci può essere questa ambiguità, tuttavia le posizioni lavorative ci sono e rappresentano ancora lo sbocco fisiologico per il percorso di studi. Sebbene sia effettivamente facile trovare questo fenomeno di concentrazione di altre specialistiche nel campo biomedico, il trend ci suggerisce che le cose potrebbero cambiare. Se si guarda alle startup, queste includono spesso ingegneri biomedici e il comparto clinico guarda con crescente interesse la capacità di gestire la complessità tecnologica delle strutture.
Inoltre, eventi e momenti di incontro con le aziende sono le situazioni in cui si instaura la cultura di un settore. Chi è più attivo, chi propone più soluzioni, chi si fa sentire di più guadagna terreno. Voi con IngegneriaBiomedica.org ne siete già un grande esempio.
Davide: Ci sono differenze strutturali considerevoli, dal sistema sanitario alle strutture organizzative delle aziende che popolano il settore. A livello macroscopico bisogna dire che all’estero, almeno per le nostre esperienze, c’è una fortissima commistione tra università e imprese. Formule come working student contracts e internship in azienda sono la norma. In Italia spesso queste opportunità sono appannaggio dei più spericolati, che decidono di uscire dai percorsi classici e di buttarsi su percorsi non convenzionali. Dovremmo includere nel nostro sistema queste formule nuove e incentivare percorsi originali. Anche qui il punto è agire, buttarsi in iniziative nuove e convincere le aziende locali a partecipare.
Matteo: Vediamo tanto potenziale inespresso. Sia nelle aziende che nella ricerca, così come nei giovani talenti. Il futuro che stiamo cercando di rendere realtà vede questo potenziale espresso per trainare innovazione e tecnica nelle realtà industriali di questo paese.
Davide: Siamo all’opera per apportare il nostro contributo a questo futuro e oggi ci atteniamo a due direttrici. La prima: creare modalità di scoperta del talento secondo metodi meno convenzionali che premino dedizione, passione e impegno. La seconda: rendere consapevoli i giovani talenti, svelando le sfide che vanno risolte nelle organizzazioni di oggi per costruire il futuro che auspichiamo.
Il futuro dei talenti STEM passa dalle innovazioni di domani.
Grazie ragazzi, a presto!