La lotta contro il cancro rappresenta una delle sfide più complesse degli ultimi anni, ma una nuova strada potrebbe portare a una svolta significativa. I batteri probiotici, naturalmente presenti nel nostro organismo e che esercitano una funzione protettiva, possono essere modificati geneticamente per agire da vettori di immunomodulatori tumorali. Questo approccio innovativo permette di indurre un’attivazione specifica, efficace e duratura del sistema immunitario. Il risultato della ricerca, pubblicato sulla rivista Nature, rappresenta una nuova concreta possibilità terapeutica.
I batteri come terapia antitumorale
L’utilizzo di batteri nella cura del cancro non è una strategia nuova al mondo della ricerca medica. Risale al 1891 il primo caso di immunoterapia. William B. Coley, un chirurgo di New York, iniettò il batterio dello streptococco in pazienti con tumori considerati incurabili – in particolare, il sarcoma dei tessuti ossei e molli – osservandone, in alcuni casi, una regressione.
Questo metodo pioneristico si basava sull’attivazione del sistema immunitario naturale del corpo e ha aperto la strada a molte alternative terapeutiche. Ancora oggi i batteri vengono impiegati nella terapia oncologica – ad esempio per il trattamento del cancro vescicale allo stadio iniziale.
Una nuova generazione di vaccini batterici
Un ulteriore passo in avanti è stato compiuto dal gruppo di ricerca del microbiologo e immunologo Nicholas Arpaia e del bioingegnere Tal Danino della Columbia University. L’ingegnerizzazione del batterio probiotico Escherichia coli (EcN) con neoantigeni tumorali ha permesso di creare una piattaforma vaccinale in grado di promuovere l’attività del sistema immunitario di riconoscere e attaccare selettivamente le cellule tumorali. Per ottenere un ampio repertorio di antigeni con cui sintetizzare il vaccino, il gruppo di ricerca ha sequenziato l’esoma e il trascrittoma di cellule di carcinoma colorettale (cellule della linea CT26) di cavie murine.
I neoantigeni sono proteine specifiche, generate dalle mutazioni casuali del genoma tumorale e che non sono presenti in nessun altro tessuto sano. Il vantaggio dell’uso di neoantigeni in un vaccino è quello di sviluppare quindi una terapia personalizzata, senza rischi però di risposte autoimmuni.
Nature – Probiotic neoantigen delivery vectors for precision cancer immunotherapy, 2024
Le caratteristiche del vaccino batterico
Per potenziare la capacità del batterio EcN di veicolare i neoantigeni e stimolare la risposta immunitaria, i ricercatori hanno attuato delle modifiche genetiche specifiche (Figura 1).
Innanzitutto, i batteri sono stati ingegnerizzati al fine di rimuoverne i plasmidi criptici, ossia quelli che non contribuiscono alla definizione del fenotipo del batterio. In questo modo è stato osservato un incremento nella produzione dei plasmidi terapeutici rispetto ai batteri non sintetizzati.
Dopodiché, sono state eliminate due proteine specifiche:
- le proteasi Lon, una famiglia di enzimi che rompe i legami peptidici delle proteine intracellulari ed è correlata alla formazione del biofilm batterico;
- le proteasi OmpT, una specie proteica che degrada il materiale peptidico incontrato dal batterio.
L’eliminazione delle proteine
La loro eliminazione ha permesso di rendere i batteri sintetici più suscettibili alla fagocitosi dei macrofagi, di attenuare la tendenza alla formazione di biofilm e di facilitarne quindi la rimozione attraverso il flusso sanguigno. La combinazione di entrambe le modifiche ha permesso di arrivare ad un aumento della produzione di plasmidi terapeutici di quasi 80 volte rispetto alla situazione iniziale.
Infine, l’ultimo obiettivo è stato quello di favorire l’attivazione delle cellule APCs (antigen presenting cells) che, venendo riconosciute dalle cellule T grazie ai loro antigeni, inducono una risposta immunitaria adattativa.
L’attivazione delle cellule APCs
Per rispondere a questo requisito, è stata aggiunta la proteina LLO del batterio Listeria che gioca un ruolo chiave nel favorire la diffusione degli antigeni codificati dal batterio. Infatti, nel momento in cui il batterio viene catturato e confinato nel fagolisosoma all’interno delle cellule APCs, vi è il rischio che gli antigeni non riescano a fuoriuscirne e la terapia diventi inefficace. Tuttavia, la proteina LLO è in grado di permeabilizzare tale vescicola e consentire la liberazione dei neoantigeni nel citsol, dove verranno elaborati per poi essere presentati alle cellule T.
Il costrutto microbiale finale (EcN ΔLon/ompT LLO+), presentante tutte le modificazioni descritte, può essere quindi utilizzato per trattare diversi tipi tumorali a seconda dei neoantigeni associati, attivando efficacemente la risposta immunitaria naturale del corpo.

Risultati preclinici promettenti
Per verificare l’efficacia del vaccino, sono stati condotti test in vivo su topi con tumore colorettale sottocutaneo (TC26 s.c.). In particolare sono stati differenziati due gruppi di studio, corrispondenti al trattamento con 1) semplice batterio dell’Escherichia coli non trattato (EcN WT) e 2) batterio sinteticamente modificato EcN ΔLon/ompT, rispettivamente senza e con l’aggiunta della proteina LLO. Il vaccino sintetico a sua volta poteva non presentare alcun plasmide antigenico (EcN NC), avere un solo costrutto neoantigenico oppure una combinazione di tre differenti, per un totale di 19 antigeni tumorali unici (EcN nAg19).
Quello che è stato osservato è che in tutti i casi di somministrazione del batterio modificato, il trattamento è ben tollerato dalle cavie e senza cambiamenti significativi di peso, che invece vengono osservati nelle cure tradizionali (Figura S1 – ndr, vedi pannello “Grafico sulle variazioni di peso delle cavie“). Inoltre la terapia avviene con somministrazione intravenosa, come per gli attuali trattamenti disponibili.
Grafico sulle variazioni di peso delle cavie – Figura S1

A due settimane dall’iniezione, i batteri nAg19 arrivano a colonizzare i tumori con alta densità, dimostrando la capacità del vaccino di trattare solo e specificatamente i tessuti cancerosi, anche distanti dal punto di iniezione. Inoltre, è stato confermato che l’aggiunta della proteina LLO permette un miglior controllo del tumore e quindi un’estensione del tasso di sopravvivenza (Figura 2).
Risultati della terapia antitumorale – approfondimento di Figura 2
Le cavie murine con tumore C26 sono state trattate quando il tumore raggiungeva un volume di 150-200 mm3. I topi hanno ricevuto delle iniezioni intratumorali rispettivamente del batterio EcNcΔlon/ΔompT e del batterio EcNcΔlon/ΔompT/LLO+, senza antigeni espressi (NC) o con la combinazione dei 19 antigeni (nAg19). Le iniezioni sono state fatte al giorno 0 e al giorno 8. I risultati dimostrano che in entrambi i casi la crescita tumorale é significativamente ridotta nel caso del batterio nAg19, in particolare nel caso della proteina LLO.
Una singola inieizione intratumorale del batterio modificato EcNcΔlon/ΔompT/LLO+ con i 19 antigeni (nAg19) ha una risposta antitumorale estremamente efficace, portando a una completa regressione in due dei sei casi considerati (Figura 3). Al contrario, non si è osservata alcun beneficio nel caso del vaccino con un unico costrutto antigenico.

L’insieme di tutte le modifiche descritte ha permesso di ottenere un vaccino microbiale antitumorale efficace, con un notevole effetto terapeutico in vivo ma al tempo stesso ben tollerato.

I risultati sono stati confermati anche sui tumori metastatici
I test sono stati poi ripetuti anche su tumori metastatici, notoriamente più difficili da trattare. Anche in questo caso, il trattamento ha dimostrato che i batteri sono in grado di colonizzare selettivamente le metastasi, senza diffondersi in altre zone del corpo. Ancora una volta è stato osservato che le cavie ben tollerano la cura e che addirittura tutte quelle trattate con il vaccino completo di tutte le modifiche sono sopravvissute fino a 45 giorni. La validazione sperimentale in vivo ha quindi permesso di assicurare la sicurezza e l’efficacia del vaccino batterico.
Una seconda linea cellulare conferma il successo
Essendo i neoantigeni prettamente specifici a ogni tipo di tumore, la piattaforma tecnologica deve anche presentare una flessibilità tale da consentirne l’adattamento alle differenti necessità di cura. Per valutare questo aspetto, è stata sequenziata una seconda tipologia di tumore, più aggressiva rispetto alla precedente: si tratta del melanoma della linea cellulare B16F10. Un totale di 42 antigeni unici sono stati identificati e fatti esprimere nel batterio EcN. Ripetendo gli esperimenti in vivo precedentemente descritti, è stata confermata l’efficacia della piattaforma sintetica nell’arrestare la crescita tumorale. Il 72% delle cavie erano, infatti, ancora in vita dopo 50 giorni dal trattamento, al contrario di quelle del gruppo di controllo, decedute entro un mese.
Anche in questo caso il trattamento intravenoso non ha mostrato particolari effetti collaterali e i vettori microbiali rimanevano confinati alle regioni tumorali, senza intaccare altri organi.
Un passo avanti verso una cura antitumorale personalizzata
Il valore della ricerca di Nicholas Arpaia e di Tal Danino è innegabile: attraverso l’ingegneria microbiale sono riusciti a sfruttare la natura immunostimulatoria dei batteri per ottenere uno strumento di controllo e cura di tumori allo stadio avanzato. Sicuramente la sfida più grande che rimane oggi aperta è quella di riuscire a sequenziare neonatingeni che siano specifici dei tumori da trattare, ma al tempo stesso sufficientemente immunogenici da promuovere l’attivazione delle cellule T. L’integrazione tra il sequenziamento del DNA tumorale e l’ottimizzazione dei vettori batterici potrà favorire l’applicazione di questa tecnologica microbica.
Se questi iniziali ma promettenti risultati saranno ulteriormente confermati, questo approccio potrebbe rappresentare un nuovo inizio per la terapia oncologica personalizzata e di precisione.
Fonti e approfondimenti
- Nature – Probiotic neoantigen delivery vectors for precision cancer immunotherapy
- Columbia University – Hacking Bacteria to Attack Cancer
- Ansa – Batteri modificati diventano vaccini anticancro
- National Institutes of Health – The Toxins of William B. Coley and the Treatment of Bone and Soft-Tissue Sarcomas
- Cover Picture – Cancer Vaccines in Global Oncology Practice