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Tessuti e Organi Artificiali

Reni ingegnerizzati: l’elettrofilatura punta a essere la strategia del futuro

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Scritto da Claudia Capellini

Le malattie croniche renali sono considerate tra le più pericolose e mortali a livello globale, interessando quasi un soggetto su dieci. Una nuova sfida è quindi all’orizzonte per la medicina rigenerativa: può l’ingegneria tissutale fornire un nuovo strumento per ripristinare le funzionalità di un rene malato?

Una soluzione arriva dall’electrospinning, un processo produttivo elettrodinamico largamente impiegato nell’ingegneria tissutale. Questa tecnica permette di sfruttare un’ampia varietà di materiali, ottenendo strutture con proprietà meccaniche desiderate per rilasciare componenti di interesse. L’obiettivo è quello di comprendere a fondo lo sviluppo di tessuto renale maturo, per tentare di ripristinare o potenziare le funzioni biologiche degli organi malati attraverso l’ingegneria e la biologia.

Anatomia e fisiologia del rene

I reni sono organi pari e simmetrici posti nella cavità addominale ai lati della colonna vertebrale, in corrispondenza delle ultime due vertebre toraciche (T-11 e T-12) e delle prime due lombari (L-1 e L-2) (Figura 1).

Le funzioni principali del rene sono la regolazione della composizione dei liquidi corporei, l’eliminazione dei prodotti catabolici che derivano dal metabolismo di tutto l’organismo e la filtrazione del sangue, garantendo il mantenimento dell’omeostasi.

rene fisiologia uomo omeostasi
Figura 1. Disposizione anatomica umana dei due reni. Credits: lecturio

Un’alterazione nel funzionamento di questo apparato quindi, può determinare lo sviluppo di malattie renali croniche, ad oggi considerate come una delle principali cause di morte e sofferenza del 21esimo secolo, con un’insorgenza > 10% in tutto il mondo. Ad oggi le cure per le malattie croniche renali si basano quasi esclusivamente su dialisi e trapianti: la prima agisce ampiamente sulla qualità della vita del paziente, mentre la seconda è fortemente limitata dalla disponibilità di donatori.

Opportunità di frontiera e soluzioni promettenti arrivano però dalla ricerca nel campo dell’ingegneria tissutale.

Un’opportunità è fornita dagli organoidi

Un organoide è un cluster cellulare 3D in vitro derivante da cellule staminali o da organi progenitori che spontaneamente si auto-organizzano spazialmente in modo simile alla controparte in vivo.

La realizzazione di organoidi renali permetterebbe non solo di comprendere il processo di formazione, crescita e sviluppo del tessuto, ma anche come questo si ammala, come interagiscono tra loro diverse tipologie di cellule e identificare l’efficacia di percorsi terapeutici innovativi.

La sfida principale di questo approccio è rappresentata dalla capacità di realizzare organoidi maturi e vascolarizzati in un microambiente cellulare che emuli i segnali fisiologici. L’electrospinning – o elettrofilatura – si prospetta in tal caso come una tecnica molto promettente.

Un po’ di storia: la biostampa

A partire dal 1993, anno in cui è stata proposta per la prima volta, l’ingegneria tissutale è stata considerata una possibile soluzione pratica per la sostituzione di tessuti danneggiati applicando principi ingegneristici e biologici. In questo ambito trovano posto gli scaffolds, cioè delle strutture tridimensionali che fungono da supporto per la proliferazione cellulare, incorporando e rilasciando fattori di crescita essenziali per lo sviluppo tissutale.

Il bioprinting è una tecnica di biostampa 3D basata sulla deposizione di biomateriali “strato su strato” e pertanto molto utilizzato nella produzione di scaffolds anche in ambito industriale. In questo modo, infatti, si riescono ad ottenere strutture con geometrie complesse, canali interni e pori, il tutto con materiali bio-compatibili. Le tecniche ad estrusione garantiscono risultati generalmente affidabili e riproducibili, sfruttando principi meccanici e pneumatici per il rilascio di materiale.

Quando si generano degli organoidi, però, è necessario tenere in considerazione tutti quei fattori che garantiscono la differenziazione, l’organizzazione ma soprattutto la sopravvivenza cellulare nel substrato realizzato. Tra essi, troviamo materiale di composizione, forma, orientazione, fattori di crescita, porosità e stimoli meccanici, così come la durata e l’intensità di questi segnali.

A tal proposito, l’electrospinning si presenta come tecnica affidabile per riprodurre un “ambiente” renale fisiologico.

L’elettrofilatura

L’elettrofilatura è una tecnica di filatura che impiega forze elettrostatiche per produrre fibre di dimensioni sub-millimetriche (dai 2 nm a qualche micrometro) per lo stretching uniassiale di una soluzione viscoelastica. Il suo largo utilizzo nell’ingegneria per la medicina rigenerativa è dettato dalla possibilità di funzionalizzare, modellare e caratterizzare il substrato così prodotto a seconda delle necessità, senza agire meccanicamente sul materiale da estrudere (Figura 2).

In una prima fase, un materiale fuso o in soluzione è caricato in un estrusore immerso in un campo elettrico, per aumentarne il potenziale elettrostatico e la carica. Il volume di fluido contenuto nella punta dell’ago estrusore, grazie alla carica superficiale acquisita, riesce a vincere la tensione superficiale che ne influenza la forma per assumere la conformazione nota come “cono di Taylor”. Lo stress elettrico fa sì che il fluido tenda ad essere eiettato per l’attrazione esercitata dal campo esterno, che risulta maggiore sulla punta rispetto al bulk. In una seconda fase, il getto creato è portatore di
carica e quindi indirizzato nel senso del campo elettrico esterno.

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Figura 2. Rappresentazione schematica del setup per electrospinning e descrizione di alcune delle sue caratteristica con riferimento all’utilizzo per l’ingegneria tissutale dei reni. Credits: MDPI
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Figura 3. Rappresentazione schematica del funzionamento ad estrusione dell’electrospinning. Credits: researchgate.net

A questo punto, durante il percorso che collega l’ago al collettore, il getto sarà vulnerabile a fattori di instabilità, in particolare a quella cosiddetta per “bending”. Le cariche presenti nel materiale estruso, infatti determinano repulsione e di conseguenza delle perturbazione lungo l’asse della fibra. Queste si manifestano nel momento in cui viene persa la perfetta simmetria della struttura, ovvero quando la fibra si allunga e quindi assottiglia prima di essere raccolta sul collettore (Figura 3).

La traiettoria alterata e contemporaneamente l’ampia area superficiale permettono una veloce evaporazione del solvente e quindi la solidificazione della fibra nonostante il breve tempo di volo.

Un potenziale tutto da realizzare

Nel campo dell’ingegneria tissutale, uno dei vantaggi dell’elettrofilatura è rappresentato dalla facilità di controllo nella disposizione e nell’orientazione delle fibre di biomateriale elettrofilato. Questo risulta di particolare utilità per la proliferazione delle cellule che maturano sullo scaffold, poichè in molti casi ciò avviene lungo una direzione preferenziale (Figura 4).

Tendenzialmente, le cellule sono seminate manualmente sui substrati elettrofilati, quindi la concentrazione potrebbe non essere uniforme e l’infiltrazione limitata agli strati superiori dello scaffold. Ma le matrici prodotte tramite l’electrospinning sono sottili e geometricamente controllobaili tali da presentarsi come potenziali scaffolds renali. Considerato infatti il funzionamento a differenza di potenziale e senza applicazione di pressioni esterne, il biomateriale estruso non è sottoposto ad elevati shear stress. Nonostante queste ambizioni nella realizzazione di tessuto renale ingegnerizzato risalgano al 2006, solo recentemente sono stati osservati i primi progressi nel campo dell’elettrofilatura.

scaffold cellule rene
Figura 4. Impatto dell’architettura dello scaffold sul comportamento cellulare. Credits: researchgate.net

Recentemente, è stata sviluppata infatti una matrice elettrofilata a base di acido polilattico (PCL) per l’ingegneria tissutale del rene. Tali scaffolds sono risultati in grado di sostenere multi-popolazioni di cellule renali primarie isolate da ratto, seminate sulle matrici precedentemente prodotte. Marcatori specifici di interesse sono stati evidenziati e visualizzati sui costrutti ripopolati e mantenuti in coltura fino a sette giorni dalla semina cellulare.

Uno sguardo allo stato dell’arte

scaffold ibrido electrospinning polimeri
Figura 5. Ingrandimento che mostra l’integrazione e la sopravvivenza cellulare nel substrato dopo 14 (in alto) e 24 (in basso) giorni. Credits: Elsevier

Uno degli ambiti di maggiore studio e sviluppo di scaffolds per la rigenerazione tissutale è quello delle ossa e della cartilagine. In questo caso la sfida principale risiede nel realizzare strutture altamente porose e canalizzate, per permettere e mantenere sia la vitalità cellulare che la vascolarizzazione, ma al tempo stesso molto resistenti. All’Università Sungkyunkwan in Corea del Sud è stato realizzato un substrato ibrido combinando strati di fibre elettrofilate cariche di cellule e microstrutture polimeriche. Quando analizzato meccanicamente attraverso prove a trazione/compressione, il substrato ibrido è risultato decisamente più resistente rispetto a quello contente solamente le cellule, in quanto tutto lo sforzo veniva trasferito sulla componente polimerica; con il vantaggio aggiuntivo di evitare la una sollecitazione cellulare eccessiva.

La sfida ingegneristica per il tessuto renale

Il rene è un organo complesso, costituito tra gli altri da circa un milione di unità funzionali dette nefroni. Ogni nefrone consiste in più di 20 diverse tipologie di cellule. Utilizzare le cellule primarie per realizzare modelli e organoidi significherebbe avvicinarsi quanto più possibile alla realtà, ma allo stesso tempo avere un limitato raggio di azione. Le colture primarie infatti sono costituite da cellule già differenziate ad uno stato terminale, in grado di duplicarsi un numero limitato di volte prima di andare incontro a senescenza e che possono essere isolate solamente da tessuti espiantati oppure organi. Di conseguenza, ciò determinerebbe l’esclusione diretta di quelli rigettati o ad un avanzato stato di malattia. Le cellule staminali pluripotenti hanno il potenziale per essere utilizzate nella realizzazione di organoidi da trapiantare ma, oltre alle questioni etiche, sono limitate dagli stadi di maturazione che riescono a raggiungere.

Conclusioni e sviluppi futuri

Negli ultimi anni, varie tecniche di 3D bioprinting sono state utilizzate efficacemente per realizzare modelli in vitro di tessuto renale al fine di testare la nefro-tossicità di alcuni medicinali o studiare malattie acute. Ma sviluppare organoidi totalmente funzionali e pronti per i trapianti, richiede ulteriore ricerca soprattutto per quanto riguarda la vascolarizzazione, le tipologie di cellule da seminare sugli scaffold e il materiale più adatto per la loro realizzazione.

Grande attenzione è da porre nei confronti di quelle tecniche che consentono di ottenere ambienti più fisiologici possibile; soprattutto dal punto di vista delle dimensioni, della porosità e della disposizione spaziale. Spesso infatti, l’additive manufacturing sfocia nella produzione di substrati geometricamente irrealistici. Al momento, bioinchiostri innovativi e modalità di perfusione attiva per garantire il corretto apporto di nutrienti nel substrato stanno ricevendo interesse esponenziale da parte dei ricercatori. Quello che è certo è che l’elettrofilatura ha conquistato il ruolo di tecnologia con capacità rivoluzionarie senza precedenti, anche grazie alla garanzia di una maggiore sopravvivenza cellulare.


Fonti e approfondimenti
  • MDPI – A Concise Review on Electrospun Scaffold for Kidney Tissue Engineering
  • PubMed.gov – Bioprinting of kidney in vitro models: cells, biomaterials, and manufacturing techniques
  • Centro di Ricerca Enrico Piaggio – Electrospinning
  • Ncbi – Epidemiology of chronic kidney disease: an update 2022
  • ELSEVIER – Fabrication of cell-laden electrospun hybrid scaffolds of alginate-based bioink and PCL microstructures for tissue regeneration
  • SpringerLink – A Non-woven Path: Electrospun Poly(lactic acid) Scaffolds for Kidney Tissue Engineering
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Informazioni autore

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Claudia Capellini

Sono Laureata Magistrale in Ingegneria Biomedica a La Sapienza di Roma, curiosa e appassionata di biomeccanica e neuroscienze, in particolar modo della loro azione sinergica in campo neuroriabilitativo.

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