La medicina cerca di minimizzare l’invasività degli interventi in ogni suo campo, semplificandoli e riducendo i rischi per il paziente. In campo ortopedico il trattamento dei difetti ossei è ancora legato a procedure chirurgiche invasive: sostituirne alcune con tecniche più semplici è l’obiettivo di un gruppo di ricerca dell’Università di Aveiro in Portogallo, che lavora con materiali biomimetici per la ricostruzione del tessuto osseo tramite gel iniettabili a basse temperature.
I limiti nella ricostruzione del tessuto osseo
A differenza della maggior parte dei tessuti, quello osseo è in grado di rigenerarsi e rimodellarsi. La sua capacità rigenerante dipende da molti fattori legati alla storia clinica del paziente, come ad esempio: le malattie tipo il diabete, lo stile di vita, l’utilizzo di farmaci anticoagulanti, e anche in base al tipo di frattura o difetto. In particolare, in una frattura o danneggiamento osseo, quando la distanza tra due estremità di tessuto sano raggiunge una certa dimensione (detta critica), l’osso non è in grado di rigenerarsi in autonomia, ma sono necessari interventi esterni. La procedura standard per la ricostruzione dei difetti ossei critici è considerato il trapianto autologo, ovvero il donatore è lo stesso ricevente, così da limitare il rischio di una risposta immunitaria e favorendo la ricrescita del tessuto. Questa soluzione, comporta un iniziale prelievo, generalmente dalla cresta iliaca, e un successivo impianto. Il paziente deve, quindi, essere sottoposto ad un doppio intervento aumentando il rischio di infezioni; inoltre il tessuto può essere asportato solo in quantità limitate. Per ovviare al problema sono state sviluppate delle alternative che vanno dall’allotrapianto (prelevando il tessuto da un donatore e sottoponendolo a un processo di decellularizzazione), all’utilizzo di protesi in materiali biodegradabili o in lega di titanio. Queste procedure richiedono, a loro volta, interventi chirurgici e comportano ulteriori problematiche che rischiano di compromettere la riuscita dell’operazione. Tra queste, vi è il rischio di una risposta immunitaria, una scarsa migrazione cellulare, la difficoltà nel riempire completamente il difetto osseo e, infine, l’incapacità di promuovere la ricrescita del tessuto.
Gli idrogeli rappresentano una soluzione mininvasiva
Una possibile alternativa alle tecniche convenzionali è data dall’utilizzo di idrogeli che possono essere iniettati all’interno del difetto osseo, occupandone l’intero volume, per poi subire un processo di reticolazione che conferisce stabilità strutturale al gel. Gli idrogeli sono comunemente utilizzati per il rilascio di farmaci e, nel caso di applicazioni ortopediche, possono essere caricati con sostanze osteoinduttive.
Per approfondire: vantaggi e svantaggi degli idrogeli
Questi materiali risolvono alcuni dei problemi delle procedure standard, ma sono ancora lontani dall’essere una soluzione definitiva. La loro struttura porosa è insufficiente a favorire la migrazione cellulare ed è limitata dalla instabilità della composizione (la concentrazione del precursore non è di facile dosaggio). Ciò influenza le proprietà meccaniche finali e la capacità di rilascio di eventuali farmaci. Inoltre, dato che la reticolazione avviene nel sito di impianto, si corre il rischio che il precursore, non ancora reticolato, possa migrare nei tessuti circostanti o assorbire acqua da questi alterando la struttura finale del gel. Pertanto, risulta necessario identificare una tecnica in grado di sfruttare le potenzialità degli idrogeli riducendone gli svantaggi.
Facendo reticolare i gel a basse temperature, si ottengono delle strutture porose che possono essere poi iniettate mantenendo inalterata la loro forma. I gel ottenuti con questa tecnica prendono il nome di criogeli.
Criogel: caratteristiche e applicazioni ortopediche
La struttura dei criogeli dipende dalla differente temperatura di reticolazione del solvente e del gel. Scendendo a basse temperature (-20/-40 °C), il solvente (acqua) cristallizza, mentre il gel viene fatto reticolare mantenendo lo “stampo” dei cristalli di ghiaccio. La struttura porosa che si ottiene può assorbire e rilasciare velocemente una grande quantità di acqua, e, soprattutto, di recuperare la propria forma in seguito alle deformazioni. Queste caratteristiche si adattano perfettamente all’ortopedia: la porosità, infatti, facilita la migrazione cellulare mentre l’elevata deformabilità facilita l’inserimento di costrutti preformati nel sito di impianto. Per ottenere queste strutture si ricorre a varie tecniche come la formatura con stampi in PDMS che permette di ottenere forme semplici e impiantabili (Figura 1).

Risultati dello studio preliminare
In un studio preliminare sono stati valutati in vivo sia l’effetto dell’impianto di criogeli nella lacuna che il tasso di sopravvivenza delle cellule staminali con cui era stato precedentemente seminato. La particolarità di questo lavoro risiede nella modalità di somministrazione dello scaffold, ovvero, tramite iniezione. Tuttavia, i pori dei criogeli hanno un orientamento casuale, inadatto a replicare la struttura naturale dell’osso, ma, soprattutto, le tecniche proposte non sono adatte alla produzione di strutture paziente-specifiche.
Un nuovo approccio: stampa 3D e congelamento direzionato
La ricerca di una strada alternativa che permetta di ottenere un materiale più prestante non è semplice. Infatti, questa riguarda sia la scelta della giusta composizione del gel e delle sostanze al suo interno sia della tecnica di produzione.
Nei laboratori del dipartimento di Chimica dell’università di Aveiro si è deciso di testare le potenzialità di un gel in laminarina metacrilata caricato con nanoparticelle porose di silice e con l’aggiunta di un agente fotopolimerizzante (Figura 2). Per rispettare il requisito di personalizzazione dell’impianto si è scelto di utilizzare la stampa 3D in forma libera, che permette di ricreare le forme ottenute dalla μ-Tomografia Computerizzata, e il congelamento direzionale per orientare la porosità del gel.

Composizione del gel
Il gel si compone di una miscela studiata di laminarina, cioè un polisaccaride ramificato prodotto dalle alghe brune che è stato sottoposto a un trattamento specifico per inserire nella sua struttura dei gruppi metacriloilici, necessari a indurre la fotopolimerizzazione. Per favorire lo sviluppo e la migrazione delle cellule ossee, sono state inserite al suo interno delle particelle mesoporose di silice drogate con ioni calcio e fosfato. Le particelle sono facili da funzionalizzare e hanno già mostrato in lavori precedenti delle buone proprietà in termini di osteoinduzione e conduzione.
All’interno della miscela è stato introdotto anche l’alginato, utilizzato per migliorare le proprietà reologiche senza interagire con le sue componenti. La funzione principale dell’alginato è quella di aumentare la viscosità del gel. In questo modo l’alginato può fuoriuscire dalla stampante come filamento, anziché come gocce di materiale. Inoltre, serve da struttura sacrificale di supporto ed è facilmente removibile dopo la polimerizzazione del gel.
Tecnica di produzione
Il materiale viene depositato con una tecnica di stampa 3D in forma libera all’interno di una matrice viscosa (gomma xanthana) che permette di mantenere la forma della struttura finale prima della procedura di congelamento e cross-link. Successivamente, il complesso gel più gomma viene congelato su uno scambiatore di calore a -20°C se posizionato lungo una direzione preferenziale, ottenendo una forma lamellare, e cross-linkato con luce UV. Solo a questo punto si procede allo scongelamento e alla rimozione di alginato e gomma (Figura 3).

- Abbiamo parlato di stampa 3D anche nei seguenti articoli:
La chirurgia ortopedica si fa su misura con la stampa 3D
Il futuro dell’ortopedia è nella stampa 3D
Il criogel: prestazioni e proprietà
Le proprietà meccaniche del gel sono state verificate mediante test di compressione statica e ciclica e comparate con un gel ottenuto partendo dallo stesso materiale – realizzato però con tecniche differenti come semplice idrogelo o idrogelo liofilizzato. Le prove hanno dimostrato come il criogel non presentasse delle deformazioni permanenti fino ad una compressione del 95%, mentre i rispettivi campioni di controllo le subivano già con una deformazione dell’80% nel caso del materiale liofilizzato e del 40% nel caso dell’idrogelo. Questa differenza è dovuta all’assenza di una struttura macroporosa nell’idrogelo che permetta di rilasciare facilmente l’acqua al suo interno. La struttura porosa del criogel, oltre a garantire un’elevata deformabilità (che lo rende adatto ad una possibile iniezione) favorisce anche il passaggio di liquidi e l’insediamento di cellule. Dato che l’obiettivo principale era quello di ottenere una struttura iniettabile con la strumentazione standard di laboratorio, questa proprietà è stata verificata facendo passare il gel attraverso una siringa da 16 gauge valutando la deformazione permanente ottenuta (Figura 4).

Infine, per verificare la vitalità cellulare all’interno della struttura in criogel sono state seminate cellule staminali adipose umane al suo interno, evidenziando non solo come queste siano rimaste vitali, ma come abbiano anche cominciato a depositare matrice extracellulare dopo sette giorni di coltura.
Risultati
Le proprietà più importanti da verificare per questo tipo di struttura sono le sue caratteristiche meccaniche e la porosità. Per questo è stata verificata la resistenza dei gel alla compressione statica e ciclica ed è stata poi verificata la porosità valutando l’assorbimento di liquidi. Le strutture di criogel sono state testate a due diverse composizioni (10/15% del peso totale) per identificare la percentuale di laminarina con le prestazioni ottimali. Come ulteriore confronto, le prove di compressione sono state condotte su scaffold identici, ma ottenuti mediante liofilizzazione, in un caso, per avere il confronto con un’altra tecnica usata per ottenere strutture porose, e su scaffold in semplice idrogelo di Laminarina, nell’altro.
Dalla prova in compressione statica è stato ricavato il modulo di Young (e. g. rigidità della struttura) e, come viene mostrato nel grafico in Figura 5b, il valore ottenuto dagli idrogeli, è di molto superiore rispetto agli altri due trattamenti. Questa differenza risiede nella capacità dell’idrogelo di trattenere l’acqua al suo interno: in presenza di una rete di pori altamente interconnessi e lasciando fuoriuscire l’acqua trattenuta, il valore del modulo di Young diminuisce. La caratterizzazione dinamica, invece, è stata condotta solo sugli scaffold liofilizzati e sui criogeli applicando in maniera ciclica delle deformazioni crescenti. Queste prove hanno ribadito la capacità dei criogeli di assorbire energia elastica senza subire deformazioni permanenti. Ad esclusione del primo ciclo di carico, infatti, non vi è una dispersione di energia rilevante, poiché, si osserva una certa discrepanza tra lo sforzo registrato in fase di carico e quello in fase di rilascio (Figura 5e). La prova condotta conferma il comportamento elastico del materiale e quindi la sua capacità di recuperare la forma originale in maniera efficiente.

Per quanto riguarda invece la porosità della struttura, questa è stata osservata in maniera indiretta verificando l’assorbimento d’acqua e confrontandolo con i diversi scaffold. Da questa analisi è emerso come i criogeli avessero un contenuto d’acqua superiore rispetto allo scaffold liofilizzato (probabilmente determinando un maggiore modulo di Young). La capacità di assorbire e trattenere acqua può essere la soluzione per ottenere delle strutture al contempo solide che non ostacolino la migrazione cellulare.
Conclusioni e sviluppi futuri
Nonostante le prestazioni promettenti del nuovo materiale, sarà ancora necessario lavorare alla sua ottimizzazione. Infatti, le strutture iniettate che subivano deformazioni superiori al 50% presentavano una diminuzione notevole dell’area totale. Tuttavia, modificando i parametri di stampa e cambiando la struttura interna del dispositivo sarebbe possibile risolvere questo problema. Inoltre la capacità del gel di ospitare le cellule e di proteggerle durante un’eventuale procedura di iniezione, apre la strada a nuovi studi per l’inserimento di sostanze bioattive che facilitino la proliferazione cellulare. In conclusione, grazie alla capacità di creare strutture paziente-specifiche, alla facilità di realizzazione e alla capacità di rilasciare farmaci e ospitare cellule, questa nuova tecnica per l’uso degli idrogeli ha il potenziale per avere un impatto significativo in ambito ortopedico.
Fonti e approfondimenti
- ACS Applied Materials & Interfaces – In-Bath 3D Printing of Anisotropic Shape-Memory Cryogels Functionalized with Bone-Bioactive Nanoparticles
- PNAS – Injectable preformed scaffolds with shape-memory properties
- Materials Today Bio – Effect of lyophilized gelatin-norbornene cryogel size on calvarial bone regeneration
- Carbohydrate Polymers – Biomedical applications of laminarin
- European Journal of Orthopaedic Surgery & Traumatology – Treatment of critical-sized bone defects: clinical and tissue engineering perspectives
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