Non più solo in industrie automobilistiche o aerospaziali, la stampa 3D sta spopolando nelle sale operatorie per le sue potenzialità. Da una migliore comunicazione medico-paziente, alla riduzione dei tempi chirurgici, questa tecnologia sta entrando a far parte della routine di diagnosi e trattamento. In questo modo, grazie alla collaborazione tra chirurghi e ingegneri, soluzioni ottimali e personalizzate possono essere realizzate per soddisfare le necessità degli assistiti.
La rivoluzione dell’additive manufacturing
La stampa 3D, o additive manufacturing, ha come principio di funzionamento la fusione di un determinato materiale di interesse che, depositato strato su strato sulla base di un disegno progettuale, determina la costruzione di un oggetto finale nelle tre dimensioni.
Negli ultimi anni questa tecnologia ha avuto un impatto di rilievo in numerosi campi. Nella fattispecie, le maggiori applicazioni sono evidenti in campo ortopedico, sia dal punto di vista della cura dei pazienti che dell’educazione dei futuri medici. Questo successo è da attribuire principalmente alla possibilità di creare prodotti dalle geometrie complesse, dettagliate, personalizzate – che non sarebbero ottenibili con le procedure tradizionali – così come strumentazioni specifiche per il paziente.
Esempi di applicazioni ortopediche
Modelli anatomici realizzati con la tecnologia 3D sono ormai comunemente utilizzati durante la pianificazione pre-operatoria ed a scopo di insegnamento (Figura 1). In questo modo, infatti, un chirurgo può familiarizzare con ciò che incontrerà in sala operatoria e allo stesso tempo ricreare una copia molto accurata del comparto anatomico di interesse e le eventuali procedure di intervento necessarie da mostrare al paziente o agli studenti.
Le ortesi sono presenti in commercio solo con un numero limitato di taglie e progettate per adattarsi a una grande frazione della popolazione. Di conseguenza spesso si verificano problemi di poco comfort e instabilità nei pazienti che possono comportare dolore e rottura del dispositivo. In questo caso la stampa 3D permette di semplificare il processo di produzione e contemporaneamente migliorare e facilitare la progettazione dell’ortesi tenendo in considerazione le caratteristiche biomeccaniche di ogni individuo (Figura 2).
Per strumentazione paziente-specifica si intendono maschere di guida e taglio utilizzate in sala operatoria quando si eseguono interventi di artroplastica. In questi casi, dalle immagini di risonanza magnetica o TAC si ricostruisce un modello tridimensionale dell’arto interessato, che funge da base per la progettazione delle guide. Tali immagini combaceranno perfettamente con l’anatomia dell’area da operare in modo da garantire un’elevata precisione (Figura 3). Considerando le peculiarità anatomiche di ogni individuo, anche in questa circostanza, l’additive manufacturing risulta di grande aiuto nel realizzare prodotti dettagliati e accurati.
Gli impianti personalizzati, così come accennato per le ortesi, nascono primariamente con lo scopo di garantire una migliore adattabilità alle necessità del paziente che non possono essere soddisfatte dalle soluzioni standard (Figura 4). Si tratta di casi di alterazioni dell’anatomia dovute ad esempio a malformazioni, grandi perdite ossee legate a traumi, tumori o infezioni. Un impianto personalizzato richiede una progettazione attenta e coinvolge chirurghi, ingegneri e aziende esterne al fine di realizzare un prodotto adatto e sicuro.
Il caso Meyer
L’aspetto più pioneristico e all’avanguardia della stampa 3D in chirurgia ortopedica è la personalizzazione degli impianti. E’ molto recente infatti la notizia della prima protesi 3D riassorbibile progettata e sviluppata in Europa. Quattro adolescenti affetti da una patologia della gabbia toracica, i.e., il petto escavato, sono stati operati all’Ospedale Meyer di Firenze. Nello specifico, un’impalcatura in policaprolattone (PCL) è stata impiantata e quindi incorporata dall’organismo grazie a un rivestimento di cellule adipose prelevate direttamente dalla coscia dei pazienti. Il PCL è un materiale che ha ricevuto una notevole attenzione per la realizzazione di dispositivi biomedicali in quanto, oltre a un elevato livello di biocompatibilità, si degrada per idrolisi, che è lo stesso meccanismo che avviene anche nel corpo umano in condizioni fisiologiche. Il PCL viene attualmente utilizzato per scopi medici e approvato dalla Food and Drug Administration – ad esempio come elemento di rilascio di sostanze, come sutura o, come in questo caso, come elemento di adesione.
Anche in questo caso, la fase pre-operatoria è risultata di primaria importanza, vedendo chirurghi e ingegneri lavorare fianco a fianco al fine di elaborare un design ottimizzato che si adattasse alla conformazione specifica dei pazienti (Figura 5).
- Se ti interessa approfondire l’argomento della stampa 3D, ne abbiamo parlato anche nei seguenti articoli:
Il futuro dell’ortopedia è nella stampa 3D
Energy Family Project ed e-NABLE Italia creano protesi per bambini con la stampa 3D
La stampa 3D corre in aiuto alle procedure chirurgiche
Conclusioni
I vantaggi principali che derivano dall’impiego della stampa 3D in ambito ortopedico sono legati al grado di complessità e personalizzazione dei prodotti che si possono realizzare. I costi e i tempi aggiuntivi necessari per questa produzione, invece, rappresentano il limite maggiore ad una diffusione massiccia della tecnologia additiva all’interno degli ospedali. In ogni caso, le prospettive offerte nel trattare efficacemente una così grande varietà di patologie nel campo dell’ortopedia chirurgica, fanno prevedere come la stampa 3D continuerà ad avanzare e migliorare la cura e la soddisfazione dei pazienti.
Fonti e approfondimenti
- Ansa – Prima protesi 3D riassorbibile in Europa impiantata al Meyer
- PubMed Central – Three-dimensional Printing in Orthopaedic Surgery: Current Applications and Future Developments
- formlabs / immagine di copertina – 5 casi di utilizzo innovativi della stampa 3D nel settore medico