Negli ultimi anni il tasso medio di mortalità per cancro ovarico sta crescendo a causa, tra le altre, di un’incidenza sempre maggiore di casi di obesità nella popolazione femminile, così come dell’utilizzo esteso di farmaci contraccettivi per via orale. L’individuazione di variabili chiave per la prevenzione del cancro ovarico può avere notevoli conseguenze cliniche e per la salute pubblica.
Un recente studio presenta l’utilizzo della “tecnologia a nanopori” per una diagnosi precoce di tale tumore tramite test delle urine. Questo sistema, non invasivo ed economico, è riuscito a rilevare e quindi analizzare tredici peptidi, tra cui quelli derivati da LRG-1 (Leucine-Rich Alpha-2-Glycoprotein), caratteristico delle pazienti con cancro ovarico.
Cancro ovarico: un po’ di numeri
Ogni anno oltre 300.000 donne sono colpite e circa 152.000 donne muoiono di tumore alle ovaie, con un’incidenza del 3.4% e una mortalità del 4.7%. L’attuale standard terapeutico per questa patologia prevede una combinazione di chirurgia cito-riduttiva e chemioterapia.
Il tasso di sopravvivenza è di appena il 30% nel caso in cui la malattia viene rilevata in stadio avanzato, mentre in stadio precoce il tasso sale a circa il 95% a 5 anni dalla diagnosi. Si tratta di un tumore aggressivo, che tende a superare lo stadio precoce in circa un anno e allo stesso tempo non presenta sintomi tipici nelle fasi iniziali. Per questo, in oltre il 70% delle pazienti viene diagnosticato in una fase avanzata. Questi dati evidenziano che tale malattia rappresenta una grave minaccia per la salute e la sopravvivenza delle donne e, dunque, una diagnosi precoce è fondamentale per migliorare il decorso patologico (Figura 1).
Biomarcatori molecolari per una diagnosi precoce
Un tumore ovarico viene spesso rilevato per la prima volta mediante ecografia transvaginale (TVS). Ci sono infatti numerose caratteristiche ecografiche per prevedere una neoplasia. Tuttavia non ci sono screening di routine per questo tumore come ci sono per altri (e.g., cancro al seno o colon). Il gold standard per la diagnosi di cancro ovarico è l’esame istopatologico, che richiede un’operazione chirurgica per rimuovere il tumore. Risulta quindi importante avere un’accurata previsione preoperatoria.
Ci sono attualmente due biomarcatori per la diagnosi precoce del cancro ovarico approvati dalla FDA (Food and Drug Administration), e altri sono in fase di identificazione ed analisi.
I migliori biomarcatori in campo
CA125 (Cancer Antigen 125), che è una glicoproteina codificata da MUC16 (mucina transmembrana), viene secreta nel flusso sanguigno dall’epitelio che riveste l’ovaio. CA125 è sovra-espressa in più dell’80% delle pazienti con cancro ovarico e può essere individuata in siero, dando l’opportunità di distinguere i tumori maligni. Essendo il biomarcatore sierico il più studiato e più comunemente utilizzato per una diagnosi di cancro ovarico, CA125 è attualmente considerato il migliore in campo. La misurazione continua dei livelli sierici di CA125 può essere vantaggiosa, in quanto ha una lunga emivita biologica, e ci sono test per calcolare il rischio di cancro basato su queste rilevazioni seriali.
Un altro biomarcatore potenziale per la diagnosi e il monitoraggio del cancro ovarico è l’HE4 (Human Epididymis Secretory Protein 4). Membro della famiglia proteica WFDC (Whey Acidic Four-Disulfide Core), HE4 non si trova nell’epitelio della superficie ovarica, ma è sovra-espresso nel tessuto del cancro stesso, dove viene secreto nell’ambiente extracellulare e può essere quindi rilevato nel flusso sanguigno.
Una scoperta promettente
Da una nuova ricerca di Joseph Reiner e colleghi alla Virginia Commonwealth University nasce la possibilità di un test delle urine per la rilevazione del cancro ovarico tramite una tecnologia a nanopori. Ci sono migliaia di peptidi (in questo, i biomarcatori) individuabili, ma le tecniche utilizzate attualmente non sono dirette nè economiche.
La tecnologia dei nanopori si basa sul fenomeno di cambiamento di potenziale di una membrana quando molecole biologiche cariche vi passano attraverso fori su scala nanometrica.
Il team ha usato le nanoparticelle di oro, che possono parzialmente bloccare il poro. I peptidi target andranno ad attaccarsi alla particella d’oro e questo modificherà l’andamento della corrente che, a sua volta, mostrerà un profilo singolare (Figura 2).
Il metodo è capace di identificare simultaneamente peptidi multipli, ovvero più peptidi in contemporanea. Nello studio corrente vengono identificati tredici peptidi, compresi quelli derivati da LRG-1, che è un biomarcatore trovato nell’urina dei pazienti del cancro ovarico. Ogni peptide darà un profilo di corrente unico e ora i ricercatori possono conoscerlo e farne una sorta di impronta digitale che appartiene al peptide.
Limiti dello studio e conclusioni
Come anche il team di ricercatore sottolinea, il lavoro fatto finora non è uno studio clinico. Infatti i prossimi step prevedono l’ottimizzazione dei metodi di preparazione dei campioni. Per far sì che questo metodo sia applicabile nel mondo reale, sarà necessario preparare e studiare sistemi dove i peptidi target sono fuori dell’ambiente del nanopore, al contrario di rilasciarvi i peptidi direttamente sopra – come è stato fatto in questo studio.
Fonti e approfondimenti
- NIH – Molecular Biomarkers for the Early Detection of Ovarian Cancer
- BioPhysical Society – New Method Could Detect Early Ovarian Cancer from Urine Samples
- Immagine di copertina – What Are The Stages Of Ovarian Cancer