A causa della sua natura principalmente meccanica, la respirazione è un processo fisiologico piuttosto semplice. Eppure, il fenomeno è compromesso da un ampio ventaglio di malattie che causano disfunzioni del sistema respiratorio. Le tecniche di ventilazione artificiale oggi in uso presentano non pochi limiti, ma restano le più utilizzate terapie life-support per la gestione dei pazienti incapaci di respirare. Un gruppo di ingegneri del MIT ha implementato un ventilatore artificiale di ultima generazione, completamente impiantabile e ispirato al principio della robotica soft.
I limiti delle tecnologie attuali
La respirazione fisiologica avviene grazie al gradiente pressorio che si crea a seguito dell’espansione toracica dovuta alla contrazione (abbassamento) del diaframma. Durante l’inspirazione, le pressioni pleuriche e alveolari sono sub-atmosferiche, permettendo ai polmoni di espandersi e far entrare l’aria. Per tal motivo, è chiamata “respirazione a pressione negativa“. Diverse condizioni compromettono l’efficienza respiratoria: insufficienza polmonare, traumi dei nervi frenici o altre forme di paralisi del diaframma. In questi casi si ha la necessità di ricorrere ad una ventilazione artificiale che sostituisca la funzionalità dell’apparato respiratorio.
Le tradizionali tecnologie respiratorie prevedono spesso l’intubazione endotracheale, quindi l’ospedalizzazione del soggetto sottoposto a ventilazione artificiale. Sono quindi terapie ad alto impatto sociale, con ripercussioni inevitabili sulla qualità di vita dei pazienti. Dal punto di vista terapeutico, queste inducono una “respirazione positiva” non fisiologica – insufflando aria nei polmoni. Questa può causare complicazioni cliniche, perché il soggetto non è in grado di controllarla.
Un ventilatore biomimetico, impiantabile e soft robotico
Nello studio pubblicato sulla rivista Nature Biomedical Engineering, i ricercatori del Massachusetts Institute of Technology presentano una tecnologia in grado di replicare la respirazione fisiologica, mediante attuatori soft robotici che supportano e incrementano la capacità contrattile del diaframma (Figura 1).
I soft robot – letteralmente robot morbidi, cioè costruiti con materiali più simili a quelli costituenti gli esseri viventi – sono sempre più presenti in vari campi applicativi della bioingegneria.
- Ve ne abbiamo parlato qui: Soft Robotics: la nuova frontiera della robotica
Materiali e metodi
Per sviluppare il sistema sopra descritto, gli ingegneri hanno usato dei PAM (artificial pneumatic muscles) di tipo McKibben – cioè attuatori costituiti da polimeri termoplastici, capaci di mimare e implementare i processi biomeccanici. Il loro meccanismo si basa su una maglia di tessuto che circonda una camera d’aria adiacente ad uno stantuffo (Figura 2a). Quando la camera d’aria è pressurizzata, la maglia si espande radialmente riproducendo la contrazione lineare (Figura 2b).
Gli attuatori utilizzati in questo studio sono stati caratterizzati sia in vitro che in vivo, su maiali. Nel prototipo, i ricercatori hanno impiantato i due attuatori al di sopra del muscolo diaframma, in modo tale che i PAM rilassati si adattassero alla sua curvatura fisiologica. Ciascuna estremità degli attuatori è stata connessa ad un canale che portava ad una pompa con sistema di controllo esterna. In questo modo, quando i PAM sono pressurizzati (contratti), abbassano naturalmente il diaframma, simulando il comportamento fisiologico dei muscoli (Figura 3).
La dinamica dei PAM, e quindi del diaframma, è regolata dal grado di pressurizzazione degli attuatori stessi. Il sistema di controllo, composto da regolatori e valvole elettromeccanici, permette di impostare diverse forme d’onda di pressione.
Misure in esame
Per valutare le performance del dispositivo, i ricercatori hanno osservato i seguenti parametri fisiologici, caratteristici delle funzioni respiratorie:
- Picco di flusso inspiratorio, misurato con spirometria – per mezzo dello spirometro, un sensore che rileva i volumi polmonari;
- Volume corrente, ovvero il volume ad ogni atto inspiratorio (tidal volume, VT);
- Frequenza respiratoria, f
- Da volume corrente e la frequenza respiratoria, si può ottenere il volume di ventilazione al minuto V’ = VT x f
- Pressioni addominale e intrapleurica – acquisite da sensori a livello dell’esofago e dello stomaco – che rivelano informazioni sulla biomeccanica respiratoria;
Primi risultati clinici
Nei test condotti in vivo su maiali con insufficienze respiratorie indotte, l’utilizzo del dispositivo in studio ha incrementato il valore del picco di flusso inspiratorio di circa 3 volte rispetto alla baseline, portandolo da 0,18 l/s fino a 0,59 l/s. Il volume corrente, normalizzato al peso corporeo, è aumentato da 55 a 161 ml/kg, con guadagno comunque mai inferiore ai 30 ml/kg per respiro.
Il sistema così progettato porta tale valore nel range fisiologico atteso per un soggetto sano, che nei maiali è compreso tra i 104 e i 262 ml/kg.
Una ventilazione artificiale rate-adaptive
Come accade per i ventilatori polmonari esterni, al fine di ottenere una buona dinamica respiratoria è fondamentale che la ventilazione artificiale sia sincrona, ovvero che segua la respirazione residua del soggetto. Infatti, una delle maggiori criticità della pratica consiste nel prevenire l’insorgenza di asincronia paziente-ventilatore, una condizione che si verifica quando i tempi del paziente e quelli del ventilatore non coincidono. Questa causa diverse problematiche, come il danno polmonare, la polmonite, l’atrofia del diaframma.
A tal fine, il team di ingegneri ha implementato un sistema di acquisizione che raccoglie i dati rilevati dallo spirometro. Questi vengono indagati da un tool di analisi dei dati: in corrispondenza dell’inizio del ciclo di respirazione fisiologica del paziente, un microcontrollore “triggera” un ciclo di respirazione indotta. A questo punto, un regolatore elettropneumatico dà origine a un evento di pressurizzazione e depressurizzazione dei PAM, riempiendoli e svuotandoli con aria compressa.
Contestualmente, è stato monitorato l’effetto della ventilazione artificiale ottenuta con gli attuatori PAM sugli scambi gassosi nel sangue e gli equilibri acido-base con delle analisi ABGs (Arterial Blood Gases). Queste permettono di valutare tali funzioni attraverso misure di pressione parziale di ossigeno, anidride carbonica, il pH e i carbonati HCO3− nel sangue arterioso. I risultati hanno mostrato che con questo tipo di ventilazione è possibile ottenere una buona funzione respiratoria:
- preservando il corretto scambio di gas corporei;
- ossigenando correttamente il sangue;
- mantenendo un corretto equilibrio acido-base.
Tecniche di ventilazione a confronto
Infine, grazie ai dati raccolti sulle pressioni, è stata studiata la biomeccanica respiratoria ottenuta con ventilazione meccanica tradizionale e ventilazione assistita da attuatori.
In particolare, sono state osservate le forme d’onda di pressione intrapleurica (Ppl) e pressione addominale (Pab). In accordo con i principi della respirazione fisiologica, queste diminuiscono quando l’aria entra nei polmoni. Dalle due misure precedenti si ottiene la pressione transdiaframmatica (Pdi = Pab − Ppl), indice dello stato di salute del diaframma e quindi della sua funzionalità.
I dati raccolti hanno permesso di dimostrare che la ventilazione artificiale ottenuta grazie ai PAM è più simile a quella spontanea rispetto alla ventilazione meccanica (Figura 4).
Quest’ultima, aumenta la pressione addominale e coinvolge muscoli respiratori secondari, che normalmente rivestono un ruolo meno centrale nel fenomeno respiratorio. A lungo andare, una respirazione di questo tipo può portare ad un rilassamento del diaframma, che tende ad atrofizzarsi.
Conclusioni
I ricercatori del MIT hanno sfruttato degli attuatori robotici soft per ingegnerizzare la ventilazione artificiale, costruendo un dispositivo che rispetta i principi della respirazione naturale. Infatti, oltre a godere di ottime potenzialità meccaniche, questo dispositivo non interferisce con il sistema respiratorio e non ne compromette le funzioni nel lungo tempo. Il sistema è dotato di generatore esterno, che potrebbe essere indossato dal paziente in un marsupio o miniaturizzato abbastanza da rendere il dispositivo completamente impiantabile. Potrebbe quindi trovare applicazione in diverse condizioni di insufficienza respiratoria, rappresentando una terapia alternativa o complementare alla ventilazione meccanica tradizionale, meno impattante sulla società e sulla qualità della vita del paziente.
Fonti ed approfondimenti:
- Nature Biomedical Engineering – An implantable soft robotic ventilator augments inspiration in a pig model of respiratory insufficiency
- MIT News – MIT engineers design a soft, implantable ventilator