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Neuroscienze

Nel 2017 arriverà il primo trapianto di testa al mondo: fantascienza o rivoluzione?

Scritto da Gaetano Moceri
Negli ultimi mesi giornali, notiziari, forum scientifici, social networks, blog e chi più ne ha più ne metta, sono stati bombardati e assaliti da migliaia di discussioni riguardo una notizia che rischia di sconvolgere l’intera umanità: il trapianto di testa sarebbe adesso possibile e riuscirebbe a vanificare le terribili conseguenze di lesioni e malattie che colpiscono il midollo spinale! No, non si tratta del solito colossal holliwoodiano che sbanca i botteghini di tutto il mondo, ma di una notizia vera, che giunge da un neurochirurgo italiano, torinese nella fattispecie: Sergio Canavero.

Un po’ di storia

Contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, gli addetti ai lavori non sono nuovi a questa “folle” idea.

Nel 1908 Charles Claude Guthrie, famoso studioso americano di psicologia e anatomia umana, trapiantò la testa di un cane sul collo di un altro, operazione che, tra l’altro, gli valse la nomination al Premio Nobel per la medicina nello stesso anno.
Il tutto fu riportato nel suo libro intitolato “Blood vessel surgery and its application“.
L’intervento fu possibile in virtù della sua ampia esperienza nell’ambito della chirurgia dei vasi sanguigni.
La testa impiantata era posta alla base inferiore del collo del cane “ospitante”: in sostanza il suo circuito circolatorio si apriva in corrispondenza della testa ospite per farvi scorrere il sangue e si richiudeva sulle arterie che proseguivano nel resto del suo corpo. L’operazione non riportò un clamoroso successo perché passò troppo tempo (circa 20 minuti) tra la decapitazione e l’impianto della testa; nonostante l’intervento non prevedesse connessioni neuronali col cane ospitante, per cui il cane decapitato morì cerebralmente dopo la decapitazione, si registrarono alcuni segni vitali nella testa trapiantata come il movimento della lingua, delle pupille e delle narici che lasciarono ben sperare per il futuro.

Un secondo tentativo si verificò nel 1950, 42 anni dopo, questa volta nell’ex Unione Sovietica, dove Vladimir Demikhov, scienziato e pioniere nel campo del trapianto di organi, migliorò l’esperimento di Guthrie. L’intento dei sovietici era quello di trovare un modo per rianimare organi o interi organismi.

Demikhov trapiantò la testa di un cucciolo di cane, insieme a polmoni, esofago e zampe anteriori, sul collo di un pastore tedesco adulto, minimizzando l’intervallo di tempo tra l’asportazione della testa e l’impianto nel corpo ospitante con l’utilizzo di speciali macchine in grado di cucire i vasi sanguigni e di velocizzare, quindi, tutto il processo.

Questo fu solo il primo di una lunga serie di esperimenti: le due creature rimanevano entrambe in vita per un periodo di tempo relativamente breve che andava da 6 a 29 giorni, a causa del rigetto dei tessuti di entrambi gli animali.

Riportiamo due video che documentano questo esperimento. Attenzione: le immagini potrebbero risultare abbastanza forti, pertanto scegliamo di non includerne direttamente il contenuto ma riportiamo comunque i riferimenti di seguito:

Trapianto effettuato dal dr. Vladimir Demikhov nel 1959 (Wikipedia)

Il grandissimo lavoro svolto dal dottore sovietico fu di ispirazione per generazioni di medici in tutto il mondo.
Nel 1970, Robert J. White, neurochirurgo americano, effettuò per la prima volta, insieme al suo team nella School of Medicine di Cleveland (Ohio) il trapianto della testa di una scimmia sul corpo di un altro primate e il risultato fu straordinario: l’animale (la sua testa, per la precisione) era in pieno possesso di tutti i sensi mentre, come ampiamente previsto dal medico, il corpo risultava completamente paralizzato dal collo in giù a causa della recisione dei nervi spinali.
Seguirono numerosi trapianti, quasi tutti con esito positivo: il successo di White risiedeva nell’invenzione di un macchinario, che, utilizzando il processo di cauterizzazione e le operazioni a bassissime temperature, consentiva di tenere in vita per oltre un’ora la testa dell’organismo ospite. Tuttavia queste operazioni, sebbene avessero la potenzialità di salvare delle vite da malattie terribili, avrebbero anche prodotto degli individui tetraplegici.

Ai giorni nostri

Il progresso della medicina e della tecnica consente oggi di poter applicare concretamente tutto ciò sull’uomo e di evitare, inoltre, le disastrose conseguenze della tetraplegia.

Nel 2014, uno studio tedesco sulla paraplegia, ha dimostrato che usando particolari sostanze sintetiche (come il Glicole polietilenico) e organiche (come i fattori di crescita) è possibile ricostruire i nervi spinali, o quanto meno promuoverne la ricrescita.

Ancor più futuristica sembra l’idea del nostro Canavero, che afferma di poter riuscire a ricostruire completamente i nervi recisi e il midollo spinale attraverso un intervento che durerà 36 ore e che sarà portato a termine da una equipe di circa 150 specialisti.

In collaborazione con alcuni ricercatori cinesi dell’Università di Harbin (Cina), Canavero ha sviluppato una tecnica chirurgica, già usata dai cinesi sui ratti, con la quale, portando la temperatura della testa del paziente ad alcuni grandi sopra lo zero, si riesce a preservare l’integrità dei tessuti dopo la recisione dei vasi sanguigni di collegamento con il resto del corpo.
Durante il raffreddamento si inizieranno a recidere muscoli, legamenti e vasi sanguigni del paziente, lasciando per ultimi l’arteria carotide e il midollo spinale. La stessa operazione verrà effettuata sul corpo ospitante. Una volta decapitata, la testa del paziente si troverà per circa un minuto in una condizione in cui tutti i processi vitali saranno bloccati – afferma Canavero – in attesa di essere impiantata nel corpo ospitante. Da qui partirà una complessa operazione di ricucitura di tutti i tessuti ed organi. Il paziente si troverà, dunque, a vivere un’esperienza di “pre-morte”.

Il post-operatorio costituirà una fase estremamente delicata: il paziente si troverà in uno stato comatoso per circa un mese al termine del quale inizierà un lunghissimo periodo di riabilitazione. Canavero sostiene che non ci siano problematiche dal punto di vista del rigetto immunologico, essendo oggi la medicina in grado di controllare il sistema immunitario, mentre la problematica più grave sarebbe, invece, quella del rigetto psicologico, per cui sostiene la necessità di preparare il paziente con delle apposite sedute di realtà virtuale, in modo da abituarlo alla nuova condizione psico-fisica.

Contrariamente a quanto si possa pensare, si è già trovato un paziente disposto a sottoporsi a tutto ciò: è un giovane ragazzo russo di nome Valery Spiridonov, un tecnico informatico affetto da Malattia di Werdnig-Hoffmann, una terribile malattia neurodegenerativa (sotto, nel video di un servizio del noto programma televisivo “Le Iene”). L’intervento avrà inizio nel dicembre 2017 in una sede, ancora non definita, negli Stati Uniti o in Cina.
Il costo dell’intervento si aggira intorno alla cifra più che astronomica di 15 milioni di euro.
Pare che Canavero abbia già numerose richieste da parte di pazienti milionari desiderosi di allungare la propria vita.

Accanto alle domande (del tutto legittime) di natura etica che ognuno di noi potrebbe porsi, bisogna anche guardare all’eventuale riuscita dell’intervento, considerando che nella storia dell’uomo, forse, non è mai accaduto nulla di paragonabile, e soprattutto alle conseguenze per il futuro dell’umanità. Qualunque tipo di malattia diverrebbe potenzialmente curabile.

Dicembre 2017: sarà una svolta epocale o un clamoroso fallimento?

Approfondimenti:

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Informazioni autore

Gaetano Moceri

Studente iscritto al corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Biomedica presso il Politecnico di Torino. Appassionato di elettronica, intraprende l’indirizzo “strumentazione biomedica” che lo avvicina al mondo degli strumenti elettromedicali e dei dispositivi impiantabili attivi.

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