Il progetto “SIDE INAIL – BRIC ID 37” prevede lo sviluppo di un esoscheletro per dinamica simulata e interfaccia aptica. Finanziato da INAIL in collaborazione con alcune università italiane, quali Università La Sapienza, Università degli studi della Tuscia, Università Niccolò Cusano e Università Federico II, SIDE può essere collegato a sistemi di realtà virtuale o aumentata, simulando le sensazioni di forza e contatto dell’arto superiore durante l’interazione in un ambiente virtuale controllato.
IngegneriaBiomedica.org ha incontrato uno dei responsabili scientifici del progetto, il Professor Eduardo Palermo, docente di “Biomeccanica e Misure Meccaniche” presso il Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale (DIMA) di Sapienza Università di Roma. Dopo aver conseguito il titolo di Dottore di Ricerca (Ph.D.) nel Febbraio 2014, ha lavorato come Post-Doc presso la New York University fino al 2015. Il suo ambito di ricerca è lo sviluppo di tecnologie innovative nella Biomeccanica sperimentale, la Robotica riabilitativa e la sensoristica legata ai processi industriali.
Il progetto nasce dalla necessità da parte di INAIL di individuare modalità innovative per la formazione dei lavoratori e per aumentare il livello di sicurezza, diminuendo gli infortuni. SIDE ha come obiettivo lo sviluppo di un esoscheletro per dinamica simulata e interfaccia aptica con la realtà virtuale (virtual reality – VR). In pratica, si tratta di un robot indossabile in grado di fornire al soggetto la sensazione di sforzo muscolare generato dagli oggetti che manipola nell’ambiente virtuale.
Simula le interazioni tra uomo e ambiente tipiche di spazi ristretti o potenzialmente contaminati, aprendo possibilità di applicazione in molti settori diversi (Figura 1). Nello specifico, lo scenario riprodotto è un ambiente ostile – ad esempio, un ambiente confinato e/o sospetto di inquinamento – in cui il lavoratore può trovarsi a svolgere un compito (task) con a disposizione un tempo – o una quantità di ossigeno – molto limitati. Grazie all’abilità pre-acquisita nel task motorio svolto in VR, si riesce ad ottenere una differenza fondamentale in termini di sicurezza.
Il progetto è finanziato nell’ambito del programma “BRIC 2019” dell’INAIL. Proprio un gruppo di ricerca del Dipartimento Innovazioni Tecnologiche e Sicurezza degli Impianti, Prodotti e Insediamenti Antropici (DIT) di INAIL, guidato dall’Ing. Luciano Di Donato, ha preso parte al suo sviluppo. La parte accademica del partenariato si compone di quattro gruppi universitari:
- Un gruppo del DIMA di Roma Sapienza, che ho coordinato e che ha svolto il ruolo di capofila del progetto. Ci siamo occupati – oltre che di coordinare tutto il progetto – di sviluppare il modello meccanico dell’esoscheletro (Figura 2), partendo dalla definizione e dallo studio del modello biomeccanico dell’arto superiore umano.
- Un gruppo del DEIM dell’Università della Tuscia, guidato dal Prof. Stefano Rossi che ha avuto la responsabilità di realizzare le parti meccaniche e del design;
- Un team della Unicusano, guidato dal Prof. Fabrizio Patanè, che si è occupato del software di controllo del robot;
- Un team del Dipartimento di Ingegneria Industriale (DII) della Federico II di Napoli, coordinato dal Prof. Antonio Lanzotti, ha realizzato lo scenario di VR “aumentato” dalla presenza di forze di interazione dei vari oggetti.
La suddivisione dei compiti è stata la chiave per la buona riuscita del progetto in un tempo – due anni – relativamente breve. Naturalmente tutti i principali aspetti del progetto sono frutto di discussione e condivisione delle scelte tra tutti gli attori.
Essendo un robot indossabile, deve essere molto leggero. Per questo abbiamo per prima cosa scelto i motori. Per l’esattezza, si tratta di motoriduttori brushless – privi di contatti striscianti – con due caratteristiche fondamentali: alta densità di potenza – ovvero la potenza divisa per il volume di ingombro – e retroguidabilità (Figura 3).
Le altre parti sono state realizzate principalmente mediante prototipazione 3D in polimeri come il PLA, o con filamenti “caricati” al nylon o al carbonio – per le parti più critiche. Per le parti ancora più sollecitate abbiamo utilizzato leghe di alluminio, il metallo più leggero. Il cervello del robot risiede nello zaino dietro le spalle del soggetto, ed è costituito da un single board PC, che riceve input da una serie di sensori e comanda i motori. Il tutto è alimentato da batterie LiPo (Figura 4).
La realtà virtuale ha un ruolo fondamentale dal momento che fornisce gli stimoli aptici (o tattili) che l’esoscheletro deve replicare. Tuttavia il focus del progetto è stato la creazione del robot indossabile e un ambiente di VR è stato sviluppato per dimostrare le potenzialità dell’invenzione. In VR si può replicare uno scenario altamente pericoloso, combinando vari elementi critici, in modo da addestrare un operatore senza però esporlo realmente ai fattori di rischio (Figura 5).
Oggi le sensazioni che la VR riproduce non hanno tutte lo stesso livello di maturità, e questo influisce sull’efficacia del training. Per poter imparare, bisogna memorizzare stimoli e sensazioni provate durante un’esperienza. Queste saranno i mattoni con cui costruire una strategia per risolvere un problema simile a quello già vissuto.
Le tecnologie di VR attuali riproducono benissimo stimoli visivi o uditivi, ma sugli altri sensi siamo ancora un po’ indietro. In particolare, gli stimoli propriocettivi sono quelli che costituiscono la cosiddetta “memoria motoria”, che è fondamentale per eseguire al meglio un task fisico. Questi stimoli sono generati da sensori – i propriocettori – di allungamento e sforzo presenti in muscoli, tendini e articolazioni. Riuscire a sollecitare anche quelli può cambiare completamente l’efficacia di una esperienza di VR.
L’esoscheletro è al momento un prototipo testato in un ambiente di formazione – che è quello per cui è stato progettato – ed è protetto da una domanda di brevetto nazionale condivisa tra gli Istituti che lo hanno sviluppato. Intravediamo già diverse opzioni per il suo miglioramento: dall’aggiunta di un secondo braccio – per renderlo bimanuale – all’ottimizzazione di materiali e design al fine di ridurre ulteriormente il peso e migliorare la vestibilità. Nel frattempo dobbiamo dimostrare scientificamente che sia efficace in termini di addestramento in VR e, dimostrato ciò, che dia realmente un vantaggio per l’addestramento in VR.
Noi ci crediamo ed è per questo che, insieme ad un team del Dipartimento di Ingegneria Informatica, Automatica e Gestionale (DIAG) di Sapienza guidato dal Prof. Pietro Aricò e allo stesso tempo della Federico II, stiamo già lavorando ad un nuovo progetto BRIC INAIL che ha proprio questo obiettivo.
Professor Eduardo Palermo, coordinatore del gruppo Università Sapienza di Roma
L’ingegneria biomedica raccoglie tutta la conoscenza ingegneristica legata all’essere umano e alla tecnologia con cui interagisce. Un esoscheletro non può essere progettato e realizzato senza una conoscenza dei modelli biomeccanici del corpo umano. È necessario saper gestire i dati ottenuti dagli strumenti di misura e interpretarne gli output. A questo bisogna aggiungere un po’ di conoscenza di quella che si definisce meccatronica, cioè una branca sempre più presente nei percorsi di studio di Ingegneria Biomedica. Questo progetto è stato realizzato grazie anche al coinvolgimento di studenti, sia di dottorato che di tesi magistrale. A fianco delle realtà di ricerca universitaria, che ha come sbocco principale la carriera accademica, esistono anche altri importanti istituti che concentrano molte risorse sull’ ingegneria biomedica.
Lavorare nella ricerca di ingegneria biomedica è possibile e può dare grandi soddisfazioni, anche in un paese come l’Italia, dove la ricerca scientifica non è forse finanziata quanto altrove ma è comunque di altissimo livello. Quella delle scienze legate alla vita è una delle discipline che più necessita di sviluppo tecnologico.
Professore, la ringraziamo per la sua disponibilità e per averci raccontato del progetto SIDE. Ci auguriamo di risentirla per i futuri aggiornamenti dello stesso.