Quando si parla di salute dell’osso non si può non parlare di osteoporosi. Si calcola che, nel mondo, circa 200 milioni di persone siano attualmente affette da osteoporosi. La tendenza all’allungamento della vita media e all’invecchiamento delle popolazioni, in mancanza di seri interventi di prevenzione, determinerà nei prossimi decenni un significativo aumento dei casi.
Per capire le dimensioni del problema può essere utile riportare qualche dato
L’osteoporosi colpisce più di 75 milioni di persone in Europa, USA e Giappone.
Ogni anno si verificano più di 2.3 milioni di fratture da osteoporosi in Europa e USA.
Da 1,6 milioni a 6,3 milioni: l’aumento atteso del numero di fratture di femore in tutto il mondo dal 1990 al 2050.
Nell’Unione Europea, ogni 30 secondi qualcuno ha una frattura causata dall’osteoporosi.
Cos’è l’osteoporosi?
L’osteoporosi è un’alterazione dell’osso di tipo sia quantitativo sia qualitativo: viene infatti alterata sia la densità sia struttura minerale e l’architettura.
L’osso è costituito da una parte esterna, la corticale, e da una parte interna, la spugnosa. Quest’ultima è formata da tante piccole lacune intervallate da trabecole, le quali, in un soggetto con osteoporosi, aumentano di dimensioni causando l’assottigliamento progressivo delle trabecole, fino alla rottura.
L’osteoporosi può essere primaria o secondaria
L’osteoporosi primaria è a sua volta classificata in 2 tipi.
tipo 1 osteoporosi postmenopausale
- associata alla ridotta secrezione di estrogeni
- la perdita ossea, molto accelerata nel periodo perimenopausale, può raggiungere una perdita del 5% della massa ossea totale all’anno
- la perdita di massa ossea principalmente nella parte trabecolare
- le fratture vertebrali rappresentano la situazione clinica più comune in questi casi.
tipo 2 osteoporosi senile
- può colpire entrambi i sessi dopo i 70 anni di età
- la perdita di massa ossea interessa sia l’osso trabecolare che quello corticale
- le fratture possono interessare non solo la colonna vertebrale, ma anche le ossa lunghe, il bacino e altre sedi
L’osteoporosi secondaria rispecchia l’incidenza delle malattie e/o condizioni cliniche e/o uso cronico di farmaci a cui è associata.
Le conseguenze della fragilità ossea possono essere profondamente debilitanti, poiché causa di dolori cronici e riduzione della mobilità. Inoltre, approssimativamente l’80% di coloro che hanno subito frattura di ossa dovute ad osteoporosi, come riportato da un’analisi della IOF (International Osteoporosis Foundation), rimangono soggetti ad un alto rischio di ulteriori fratture.
Come viene diagnosticata ad oggi?
Ad oggi la diagnosi di osteoporosi viene fatta in seguito a sola densiometria ossea.
La densitometria ossea (MOC) utilizza una leggera dose di raggi X per stabilire quanti grammi di calcio e altri minerali sono presenti nel segmento osseo in esame, le più comuni analisi vengono fatte a livello femorale o lombare.
Fra i differenti tipi di strumentazione disponibili, attualmente la più utilizzata è la Densiometria DEXA, basata sulla tecnologia dell’ assorbimetria raggi x a doppia energia, che consiste nell’esporre una parte del corpo ad una ridottissima dose di radiazioni ionizzanti per produrre immagini dell’osso. Il tempo necessario per l’esame è di circa 10 minuti, non è doloroso, non ha effetti collaterali e non richiede particolari preparazioni dietetiche o farmacologiche.
Ma, come detto precedentemente, l’osteoporosi non è una malattia che va ad intaccare solamente la densità dell’osso, ma ne intacca, parallelamente, la struttura interna. Ciò ha comportato, e comporta, che più della metà delle fratture avvengono in soggetti non considerati ad alto rischio secondo la densitometria ossea: basarsi solo sulla densitometria porta quindi a sottostimare il fenomeno e porta spesso ad una diagnosi solamente a frattura avvenuta.
BESTEST: cos’è e come può essere d’aiuto
BESTEST è stato messo a punto dalla professoressa Francesca Cosmi dell’Università di Trieste (Dipartimento di Ingegneria e Architettura) dopo quasi 20 anni di ricerche. È attualmente disponibile in diverse città ed è al centro di uno studio in collaborazione con Silvana Saracchini della Struttura Operativa Complessa di Oncologia Medica e Prevenzione Oncologica del CRO di Aviano diretta dal professor Fabio Puglisi.
Il BESTEST è un sistema basato su una biopsia virtuale, radiografia tramite strumento a bassissime radiazioni, alle basi delle falangi della mano. Le immagini così ottenute vengono rielaborate in modo da poter eseguire prove di compressione in varie direzioni sull’osso virtuale. Il test permette di determinare la qualità della struttura trabecolare analizzando la distribuzione dei carichi per mezzo di una strumentazione radiologica portatile “palmare” dedicata, che acquisisce l’immagine radiografica (proiezione A-P) delle epifisi prossimali di indice, medio ed anulare della mano non dominante e di un avanzato modello ingegneristico che valuta il modulo elastico apparente E* nella regione di interesse, indicativo della resistenza ossea. In seguito a questo processo viene quindi ricavato un indice, che verrà poi confrontato con uno standard di riferimento.
I vantaggi che questa nuova tecnologia introduce sono numerosi, e l’entusiasmo attorno a questo progetto è palpabile.
Il BESTEST permette di valutare molto precocemente alterazioni della architettura ossea. Poiché noi medici possiamo, o meglio potevamo, rilevare fratture quando si è però ormai in uno stadio avanzato della malattia questo rappresenta davvero una fantastica novità – afferma la dottoressa Saracchini – Ho creduto immediatamente alla professoressa quando mi ha proposto questo nuovo strumento, e sono partita in quarta.
Un esame che, oltretutto, non è invasivo (una sorta di radiografia), ha un costo contenuto, è comodo da eseguire e dura solo un minuto. A decidere il prezzo è il medico, il cliente finale della startup; mediamente, senza visita, il test costa al paziente dai 25 ai 50 euro.
BESTEST come innovazione, perché?
Viene determinata la qualità della struttura ossea e della disposizione trabecolare (qualità dell’osso) permettendo di prevedere la risposta alle sollecitazioni.
La diagnosi è molto più accurata, poiché integrando MOC DEXA e BESTEST, si riesce ad avere un quadro più realistico delle condizioni del paziente.
La tecnica è in grado di migliorare l’identificazione del rischio effettivo di frattura osteoporotica in quanto, oltre ad essere in grado di discriminare i soggetti sani da quelli a rischio, identifica anche le persone osteopeniche con precedenti fratture osteoporotiche (questo rischio di frattura interessa il 50% della popolazione), che con l’esame di routine (MOC) non vengono diagnosticate.
Le analisi e quindi i cambiamenti dell’osso possono essere valutati anche dopo 4-6 mesi con il BESTEST e ciò permette al medico di valutare la risposta ad una qualsiasi strategia terapeutica e decidere, in corso d’opera ed in tempi brevi, quali aggiustamenti fare (personalizzazione trattamento).
La possibilità di ripetere l’esame in tempi brevi motiva fortemente il paziente a seguire fedelmente e non abbandonare la terapia (la densitometria non dovrebbe essere ripetuta prima dei 18-24 mesi).
Fonti ed approfondimenti:
-
bestest.it – Sito ufficiale
-
bioengineer.org – Report Reveals Why Millions Of People With Osteoporosis Remain Undiagnosed And Untreated
-
epicentro.iss.it – Il portale dell’epidemiologia per la sanità pubblica
-
Trieste Next: festival della ricerca scientifica, 28-30 settembre 2018
-
Lega Italiana Osteoporosi ONLUS
L’articolo “BESTEST: un approccio assolutamente innovativo ed unico al mondo per la salvaguardia della salute dell’osso” è molto interessante.
Perché siete appassionati di tecnologie biomediche, voglio segnalarvi un’altra tecnologia a basso costo sviluppata dal CNR e distribuita da una startup pugliese che fa lo stesso a costi bassissimi, con ampia possibilità di diffonderla ovunque. Nella speranza che sia di vostro interesse vi lascio il loro link: https://www.echolight.it/it/