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Diagnostica

Diagnosi precoce: un chip identifica il tumore prima che si manifesti

cancro, diagnosi, divisione cellulare
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Scritto da Federica Ioli

Una biopsia liquida basata sulla tecnologia lab-on-chip consente di diagnosticare il cancro prima che la malattia manifesti i primi sintomi, grazie alla presenza di specifici marcatori tumorali nel corpo. Lo studio è stato condotto su cellule di tumore al seno, ma i ricercatori prevedono l’espansione del test anche ad altre forme tumorali. Esso contribuisce all’evoluzione delle tecniche di diagnosi precoce, considerata oggi la chiave di successo nei trattamenti oncologici.

Cos’è la diagnosi precoce

É ormai chiaro come il tempo giochi un ruolo fondamentale nel diagnosticare e curare la maggior parte delle malattie. La letteratura scientifica degli ultimi decenni ha dimostrato il ruolo determinante della diagnosi precoce in medicina e in particolare nella lotta ai tumori.

Il termine indica l’identificazione di un tumore nelle prime fasi del suo sviluppo, per consentire ai pazienti di ottenere maggiori possibilità di cura, interventi meno aggressivi e una migliora qualità di vita. 

Lo sforzo della comunità scientifica si è concretizzato in un’espansione considerevole dei programmi di screening, che hanno aumentato le possibilità per i pazienti di essere curati più efficacemente, con un notevole impatto sulla sopravvivenza.

Diagnosticare il cancro nei suoi stadi iniziali è diventata una corsa contro il tempo e una strategia che si è rivelata assolutamente efficace.

Molti metodi si basano sull’identificazione di marcatori tumorali (biomarker), ovvero segnali molecolari che le cellule malate rilasciano nel corpo in grandi quantità se presenti neoplasie. Questi segnali sono associati ad alterazioni o mutazioni che caratterizzano la cellula tumorale e hanno il vantaggio di essere rilevati anche a distanza, cioè tramite un campione di sangue o urine (Figura 1).

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Figura 1. Marcatori circolanti: cellule tumorali e immunitarie, proteine, acidi nucleici e vescicole extracellulari (inclusi gli esosomi) possono essere rilevati nella circolazione e servire come potenziali marcatori tumorali. Credits: Molecular Cancer.

La diagnosi tramite la presenza di specifici marcatori è ormai uno standard in oncologia, ma richiede ancora tempi piuttosto lunghi e l’impiego di personale specializzato. La ricerca biomedica è volta a sviluppare nuovi approcci sempre più precisi e meno invasivi che consentano una diagnosi rapida e tempestiva. 

Un gruppo di ricercatori della Concordia University ha sviluppato un nuovo metodo che sfrutta le nanotecnologie, per identificare il cancro a uno stadio iniziale: un chip microfluidico, costituito da nanoparticelle capaci di catturare i marcatori tumorali da una semplice biopsia liquida (Figura 2). 

Lo studio è stato recentemente pubblicato sulla rivista Biosensors and Bioelectronics.

Le Vescicole Extracellulari alla base della strategia

Il metodo innovativo della Concordia University per identificare il cancro prevede l’utilizzo di nanoparticelle magnetiche rivestite di un componente appositamente progettato per legare e catturare le particelle contenenti i marcatori tumorali.

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Figura 2. Il chip microfluidico fabbricato per la biopsia liquida. Credits: Biosensors and Bioelectronics.

Le particelle catturate dal chip sono chiamate Vescicole Extracellulari (EVs, Extracellular Vescicles). Si tratta di un tipo di particelle molto piccole, solitamente tra i 40 e i 200 nm, prodotte da molti tipi di cellule e che hanno lo scopo di veicolare il loro contenuto verso specifici bersagli presenti nel corpo.

Le EVs, e in particolare gli esosomi, trasportano RNA, DNA, proteine e lipidi da una cellula di origine verso un’altra cellula bersaglio e svolgono un ruolo essenziale nella comunicazione cellulare. Esse, vengono rilasciate sia da cellule sane che da cellule malate e possono quindi trasportare anche carichi pericolosi, quali i marcatori tumorali.

Diffondendo il loro carico ad altre cellule, possono contribuire in maniera determinante al progredire della patologia. Pertanto, l’isolamento e l’analisi delle EVs hanno un enorme potenziale nella diagnosi e nella prognosi del cancro. 

Il chip sviluppato è in grado di catturare esclusivamente le EVs, grazie al materiale di rivestimento delle nanoparticelle: un piccolo polipeptide sintetico chiamato Vn96, progettato per agire da agente di legame per specifiche proteine (Heat Shock Proteins) presenti sulla superficie delle EVs. 

Come funziona il chip microfluidico?

Quando un campione di liquido organico, come sangue, saliva o urine entra a contatto con il chip, le EVs contenute nel campione si legano alle nanoparticelle rivestite.

In seguito, le EVs vengono divise dalle nanoparticelle, grazie ad un processo chiamato sedimentazione per gravità (Figura 3). Successivamente sono sottoposte ad analisi genomica e proteomica. Le analisi permetteranno di identificare il tipo di cancro che le vescicole trasportano. 

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Figura 3. Schema che mostra a sinistra 1) l’infusione nel dispositivo del mezzo di coltura con le cellule tumorali MCF7 e 2) quella delle nanoparticelle magnetiche rivestite e a destra 3) l’isolamento delle EVs nella camera di sedimentazione Credits: Biosensors and Bioelectronics.

Questa tecnica consente di ottenere una diagnosi molto precoce del tumore. che potrebbe aiutare nello sviluppo di soluzioni terapeutiche e migliorare così la vita dei pazienti.

Muthukumaran Packirisamy, Professore al Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale, Concordia University.

Un’alternativa alla diagnosi convenzionale: la biopsia liquida

Quando a una persona viene diagnosticato un tipo di cancro, il gold standard dei test diagnostici è la biopsia tissutale, che consiste nella rimozione di una parte di tessuto tumorale tramite aghi, endoscopia o tecnica chirurgica.

Tuttavia, la procedura è molto invasiva e non sempre possibile laddove il tumore si trovi in una zona difficilmente raggiungibile.

L’avanzare delle tecnologie ha consentito di sviluppare dispositivi e sistemi per ottenere informazioni molecolari sui tumori, analizzando le cellule tumorali direttamente da campioni di sangue, urina o saliva. Questo approccio non invasivo prende il nome di biopsia liquida (Figura 4). 

Le biopsie liquide evitano di dover subire il trauma delle biopsie invasive che prevedono interventi chirurgici. Ora potrebbe essere possibile avere informazioni sui marcatori tumorali e sulle prognosi dei tumori semplicemente esaminando qualsiasi tipo di fluido biologico

Muthukumaran Packirisamy, Professore al Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale, Concordia University.
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Figura 4. Procedura di analisi della biopsia liquida. Credits: Marcella Nunziato (Ceinge – Biotecnologie Avanzate, Napoli).

Dalle analisi è possibile ottenere informazioni sulle caratteristiche genetiche e molecolari del tumore. Una conoscenza approfondita del corredo genetico di una forma tumorale significa una maggiore conoscenza dei suoi punti deboli, fondamentale per personalizzare il trattamento e indirizzarlo verso una strada più efficace. 

La chemioterapia convenzionale agisce su tutte le cellule del nostro corpo indistintamente provocando effetti collaterali significativi e spiacevoli; con la diagnostica di precisione come quella offerta nello studio, possiamo proporre un trattamento che sia rivolto alle sole cellule tumorali.

Dr. Anirban Ghosh, co-autore dello studio.

Conclusioni e prospettive future

Le EVs, grazie alla loro capacità di essere trasportate dai fluidi biologici, rappresentano delle opzioni alternative promettenti per la diagnosi e la prognosi del cancro.

Il dispositivo sviluppato dai ricercatori della Concordia University ha fatto riemergere l’interesse nei confronti dei dispositivi lab-on-chip e il potenziale dietro alla diagnostica rapida. Quello che si augurano gli autori dello studio è che essa possa diventare presto una procedura clinica di routine nella vita ospedaliera di tutti i giorni. 

Forse un giorno questo prodotto potrà essere prontamente disponibile come dispositivo point-of-care, al pari di un test di gravidanza.

Srinivas Bathini, PhD, principale autore dello studio. 
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Figura 5: Srinivas Bathini, PhD. Credits: concordia.ca.

Fonti e approfondimenti:

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Informazioni autore

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Federica Ioli

Laureata in Ingegneria Biomedica al Politecnico di Milano,
appassionata di scienza ed innamorata delle parole;
credo nell’importanza sociale di una divulgazione scientifica corretta ed efficace.

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