Un recente studio pubblicato sulla rivista Developmental Cell, riporta alla luce la correlazione tra l’infezione virale e l’esposizione al fumo di sigaretta in pazienti che hanno contratto il virus SARS-CoV-2. Attraverso un’attenta analisi del genoma di campioni di tessuto umano, è emersa un’evidente predisposizione all’infezione nei pazienti fumatori, dovuta a una maggiore produzione di recettori dell’enzima 2 di conversione dell’angiotensina (ACE2) nelle cellule del tratto respiratorio. Questo enzima presente sulla superficie cellulare di alcune cellule del corpo umano,gioca un ruolo chiave nel processo infettivo, consentendo al virus della SARS, particolarmente affine a questo complesso molecolare, di legarsi in maniera specifica.
Perchè il fumo favorisce l’attivazione di questo meccanismo?
E’ ormai noto da decenni che il fumo aumenta il rischio di infezione e di conseguenza di ospedalizzazione, agendo come fattore determinante per una minore efficacia dei vaccini contro casi di influenza stagionale, HIV ed anche in casi di infezione durante la gravidanze. Considerando più genericamente l’infezione da patogeni, l’esposizione del tratto respiratorio al fumo di sigaretta, sia esso breve o cronica, comporta variazioni del microambiente di tipo meccanico, immunitario e funzionale. Tuttavia, i meccanismi alla base della predisposizione all’insorgenza di patologie legate ad infezioni sistemiche non sono del tutto ancora note.
Il fumo e il sistema immunitario
Partendo dalla configurazione del sistema immunitario, si distinguono:
- il sistema immunitario adattivo, che si sviluppa in risposta ad una patologia mirata;
- il sistema immunitario innato, costituito da una varietà di cellule come, ad esempio, i macrofagi, le cellule dendritiche e le cellule natural killer.
Un’esposizione, seppur rapida, al fumo può stimolare il sistema immunitario innato, attivando ed aumentando il numero di macrofagi e neutrofili con una maggiore quantità di mediatori infiammatori. Un’esposizione cronica, invece, può danneggiare le cellule immunitarie inibendo la produzione di anticorpi e altre molecole del sistema immunitario, favorendo così la diffusione e la colonizzazione dei patogeni su un ampio spettro. Segnali noti sono l’incapacità dei macrofagi di aggredire e digerire i patogeni, così come una scarsa espressione di fattori come l’interferone alfa nelle cellule dendritiche, la cui presenza invece è la chiave per l’attivazione della risposta infiammatoria, quindi per la guarigione.
Una reazione simile è stata riscontrata anche nel caso di fumatori abituali di sigarette elettroniche in cui l’inalazione del vapore può provocare una riduzione delle capacità attive dei macrofagi, come la fagocitosi e la motilità della matrice extracellulare. Tutti questi elementi, che dovrebbero proteggere contro l’aggressività dell’infezione, sono alterati e in parte compromessi dall’esposizione al fumo, che quindi può comportare una maggiore gravità e durata dell’infezione. Pertanto anche le cellule immunitarie adattive vengono danneggiate, con una conseguente riduzione del rilascio di molecole effettrici e quindi una minore barriera contro l’agente infettante.
Meccanismi di infezione di SARS-CoV-2
Nel caso di infezione da SARS-CoV-2, l’interazione si aziona a livello delle vie aeree superiori, provocando lo sviluppo di una polmonite – nei casi più acuti. La proliferazione del virus risulta più aggressiva nelle cellule dell’epitelio nasale rispetto a quelle dell’epitelio bronchiale. Come nelle sue forme precedenti, SARS-CoV-2 interagisce con le cellule umane legandosi al dominio extracellulare dell’enzima di conversione dell’angiotensina-2. Sono state inoltre identificate diverse caratteristiche cliniche che possono distinguere pazienti con infezioni da coronavirus gravi e non gravi.
E’ stato scoperto che una risposta immunitaria disregolata è un mediatore cruciale della mortalità da COVID-19. I pazienti che presentano livelli elevati di citochine infiammatorie – proteine naturalmente prodotte durante un’infiammazione locale e che in casi gravi possono essere prodotte massivamente in tutto l’organismo in modo sistemico – hanno maggiori probabilità di sviluppare malattie critiche. Queste cosiddette “tempeste di citochine“, sintomo di una sistema immunitario forte, possono però provocare danni se l’azione avviene a livello del tessuto polmonare, promuovendo un aumento della permeabilità vascolare. Essa facilita l’efflusso delle cellule immunitarie nei tessuti colpiti, ma con un conseguente peggioramento della polmonite.
I pazienti fumatori affetti da COVID-19 hanno una probabilità significativamente maggiore di sviluppare malattie critiche che richiedono un intervento medico aggressivo.
In diversi casi, l’esposizione cronica al fumo di sigaretta ha provocato l’espansione delle cellule secretorie caliciformi, che producono muco per proteggere il tratto respiratorio dagli irritanti inalati. Pertanto, l’iperplasia delle cellule secretorie indotta dal fumo, con la relativa perdita della capacità delle cellule ciliate dell’epitelio respiratorio di spostare i prodotti del fumo e gli agenti infettanti, favorendone un accumulo localizzato, potrebbe essere un sottoprodotto dell’aumento di espressione di ACE2.
Per indagare su questa ipotesi, nello studio di Developmental Cell, è stato quindi analizzato un set di dati di trascrittomi raccolti dalle cellule estratte da campioni di trachea di pazienti di fumatori e non fumatori.
Analisi del genoma
In questo studio è stato fondamentale l’utilizzo delle tecniche di analisi genetiche come il sequenziamento del DNA e lo studio dell’mRNA. Estraendo dai campioni biologici il materiale genetico necessario, ed elaborandolo attraverso l’utilizzo di specifici reagenti, è possibile ricavare numerose informazioni, interpretabili esclusivamente applicando specifici algoritmi.
Queste pratiche comportano numerosi studi di bioinformatica, che permettono di ricostruire la storia genetica e il comportamento delle varie popolazioni cellulari del campione attraverso algoritmi basati su percorsi probabilistici, come la principal component analysis. Tale tecnica (meglio nota come ontologia genica) ne facilita la classificazione secondo dei percorsi (pathway) che connettono tra loro le caratteristiche più evidenti.
Per condurre lo studio, i ricercatori hanno confrontato i dati delle analisi di pazienti affetti da sindrome respiratoria acuta da SARS-CoV-2 con i dati di espressione genica già esistenti, esclusivamente relativi a fumatori non affetti da COVID-19. Questo processo si è reso necessario per valutare il ruolo dell’esposizione al fumo di sigaretta nell’evoluzione dell’infezione. Considerando la quantità ingente di dati di ogni singolo campione (individuo), per l’analisi ci si è avvalsi dell’utilizzo di algoritmi specifici per “big data”.
Conclusioni
L’esposizione sporadica o continuata al fumo di sigaretta è risultata essere un fattore importante nell’infezione da SARS-CoV-2. L’alterazione strutturale e funzionale delle cellule del sistema respiratorio, incapaci di produrre muco e favorire l’intervento del sistema immunitario nativo, sono solo alcune delle più comuni cause dell’insorgenza di infezioni acute. Nel caso di SARS-CoV-2, il fumo di sigaretta provoca segnali infiammatori che attivano la produzione di un maggior numero di recettori per l’enzima 2 convertitore dell’angiotensina, favorendo così un’infezione molto più aggressiva che in pazienti non fumatori.
Fonti e approfondimenti
- Developmental Cell – Cigarette Smoke Exposure and Inflammatory Signaling Increase the Expression of the SARS-CoV-2 Receptor ACE2 in the Respiratory Tract
- AIRC – Fumare aumenta il rischio di complicanze da COVID-19
- Tobacco induced disease – Smoking increases the risk of infectious diseases: A narrative review
- Archives of Internal Medicine – Cigarette Smoking and Infection