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Il dispositivo bioconvertitore: quando sono le tue cellule a salvarti

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Scritto da Giustina Di Donato

I ricercatori dell’Università dell’Ohio hanno sviluppato un nuovo nanochip capace di riparare gli organi in una frazione di secondo. Stiamo facendo dei cambiamenti sostanziali in un periodo di tempo molto breve grazie ad una procedura davvero semplice con una riuscita del 98% – ha affermato il Dr Sen, medico ricercatore presso l’Università dell’Ohio.

Tranquilli, non state leggendo la trama di qualche nuovo film fantascientifico, è tutta realtà! Da poco, una delle nuove frontiere della bioingegneria sfrutta dispositivi elettronici dalle dimensioni ridotte per approdare nelle regioni più piccole del nostro corpo umano. Dall’ ultimo decennio del secolo scorso ad oggi, vari team di scienziati collaborano per rendere migliore la vita umana utilizzando nanochip, microchip e molti altri dispositivi elettronici piccoli, minuscoli  quasi quanto una mollica di pane.

Cos’è un nanochip?

E’ un circuito piccolo che può essere misurato solo con il nanometro. La nascita dei nanochip rappresenta l’inizio di una nuova era, di un nuovo modo di vedere e concepire l’informatica. Infatti, in meno di un centimetro, vi permette conservare tutti i vostri dati personali (un pò come avere un milione di micro SD compattate).

La nanotransfection

L’obiettivo del dispositivo microscopico progettato dai ricercatori dell’Università americana è quello di riparare gli organi danneggiati.

Usando questo nanochip, gli organi danneggiati posso essere riparati. Dimostriamo come la pelle sia una terra fertile sulla quale possono crescere gli elementi di qualsiasi organo.

 

L’aspetto innovativo di questa tecnologia risiede proprio nel fatto che i tessuti, inclusi gli organi, vengono curati e sanati senza provare alcun dolore fisico.

La “nanotransfection” ha avuto molte prove sperimentali a suo vantaggio. I ricercatori hanno mostrato come una gamba di un topo con problemi vascolari si sia rigenerata in meno di due settimane.

Quest’ innovazione si basa su un dispositivo elettrico contente DNA sintetico collocato sulla pelle del paziente che, attraverso l’utilizzo di una piccola scossa elettrica, lascia libero il materiale genetico (contenuto nel DNA) che si diffonde al di sotto delle cellule, riparandole.

Applicazioni future

Il lato interessante della terapia è la possibilità di rendere il tessuto stesso del paziente un  “bioconvertitore” capace di creare cellule che riparano quelle vicine.

Con questa tecnologia possiamo convertire le cellule dei tessuti in elementi di qualsiasi organo con un solo tocco.

 

Molti ricercatori che hanno preso parte al progetto sembrano essere entusiasti e fiduciosi sui risultati ottenuti. Tuttavia, prima che il “bioconvertitore “ sia disponibile anche per gli uomini ci vorrà ancora del tempo. Le prove sperimentali ci dimostrano che ci stiamo avviando verso una nuova frontiera dove ingegneri, medici e molti altri scienziati professionisti lavorano sodo per riuscire a capire come la tecnologia, parte integrante della nostra vita, possa aiutare a migliorare la vita dell’uomo e la sua salute.


Fonte:
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Informazioni autore

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Giustina Di Donato

Studentessa al primo anno di Ingegneria Biomedica.
Da sempre, affascinata dall'idea di come la tecnologia, applicata alla vita reale, possa migliorarla sotto tutti i punti di vista.

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