Un nuovo dispositivo indossabile messo a punto da un gruppo di ricerca coordinato dall’Università del Michigan, testato su animali, può catturare e rimuovere le cellule tumorali che circolano nel sangue. Esso sarebbe in grado di fornire informazioni sull’evoluzione della malattia e rappresentare un’alternativa alla biopsia liquida.
Con un ulteriore sviluppo, il dispositivo di filtraggio del sangue potrebbe essere usato per diagnosticare e forse trattare il cancro metastatico negli esseri umani.
Evoluzione del tumore
Una cellula normale prima di diventare una cellula tumorale subisce varie trasformazioni e ad ogni passaggio avvengono una o più mutazioni del DNA: queste modificano i meccanismi di riproduzione cellulare e causano la proliferazione incontrollata delle cellule.
Ogni cellula si moltiplica mediante la divisione cellulare e questo processo continua finché la cellula non muore. Le cellule cancerose possono attivare un enzima che ripara i danni e ne evita la morte, aumentandone il potenziale maligno. Una volta che la cellula ha sviluppato la capacità di moltiplicarsi in maniera incontrollata può formare una colonia tumorale, ovvero si formano più cellule di quante ne muoiano.
Angiogenesi tumorale
Le cellule tumorali, come tutte le altre cellule, per sopravvivere hanno bisogno di una buona riserva di sangue: man mano che il tumore cresce, ci sono delle cellule troppo lontane dai vasi sanguigni per ricevere l’ossigeno e i nutrienti necessari.
In questo casi si possono verificare due situazioni:
- Le dimensioni del tumore rimangono costanti e il numero di nuove cellule tumorali corrisponde al numero di cellule che muoiono. Il tumore smette di crescere e non si diffonde. In questo caso si parla di tumore in situ.
- Il tumore può produrre fattori angiogenici tumorali (detti TAF), che stimolano la formazione di nuovi vasi sanguigni in direzione del tumore. Questo processo è definito angiogenesi.
Un tumore in situ è in genere circondato da una membrana di tessuto connettivo, ma se il tumore continua a crescere, ad un certo punto penetra attraverso la membrana e invade i tessuti circostanti, diffondendosi nell’organismo.
Distacco dal tessuto d’origine
Le cellule sane che si staccano dal loro tessuto non possono più riprodursi e muoiono. Sono per questo definite ancoraggio-dipendenti. Le cellule tumorali, invece, sono ancoraggio-indipendenti, ovvero una volta staccate dal loro tessuto di origine possono continuare a proliferare.
Formazione di metastasi
Quando le cellule tumorali si distaccano dal tumore originale (tumore primario) si spostano verso altre parti del corpo, formando metastasi.
Questo processo può avvenire attraverso il flusso sanguigno, il sistema linfatico e la cavità corporea. La formazione di metastasi e la presenza di cellule malate circolanti nel sangue rappresentano un vero ostacolo alla guarigione del paziente.
Scopo della ricerca: catturare le cellule tumorali circolanti (CTC) nel sangue
La biopsia tradizionale è una procedura che consente di prelevare un campione del tessuto del tumore primario e studiarne le caratteristiche, nella sede in cui si è sviluppato.
Quando le cellule maligne, cominciano a circolare nel sangue, possono arrivare ad altri tessuti. Rilevarle significherebbe ottenere informazioni che permetterebbero di studiare dei trattamenti sempre più specifici.
La biopsia liquida, permette di controllare il tumore proprio attraverso un prelievo di sangue. Purtroppo i risultati sono poco accurati, anche nei casi in cui la patologia è avanzata: poiché il sangue prelevato è poco, non si riesce a rilevare un’elevata quantità di cellule malate.
Per questo lo scopo della ricerca è stato quello di sviluppare un nuovo dispositivo, che riuscisse ad esaminare in modo continuo un volume molto maggiore di sangue e quindi captare una quantità più elevata di cellule tumorali.
Queste cellule tumorali circolanti sono i semi delle metastasi
afferma Sunitha Nagrath, professore associato di ingegneria chimica presso l’Università del Michigan, co-autrice del documento.
I potenziali ambiti applicativi del dispositivo sono due: il trattamento del cancro, filtrando le cellule tumorali presenti a livello circolatorio, e la sua diagnosi. Esso infatti, oltre a permettere di stimare il numero di cellule tumorali circolanti nel sangue, potrebbe aiutare a caratterizzare il tumore.
Caratteristiche e funzionamento del dispositivo
Nagrath e il suo team hanno costruito una macchina microfluidica indossabile in grado di identificare le cellule cancerose e di tamponarle.
In figura: Dispositivo per la cattura delle cellule tumorali circolanti (CTC)
Il device, dalle dimensioni relativamente piccole, poco più grande di un orologio da polso, si collega al braccio attraverso un catetere e analizza il sangue direttamente dalla vena, grazie al chip di cattura delle cellule cancerose situato sulla parte superiore.
All’interno del dispositivo vi è un chip microfluidico che si presenta come una griglia costituita da un nanomateriale, l’ossido di grafene, spesso impiegato in nanomedicina. Il materiale ha permesso di assemblare catene di anticorpi che si legano alla superficie delle cellule tumorali e permettono di “imprigionarle”: esse infatti restano incastrate alla griglia, mentre il sangue fluisce attraverso il dispositivo.
Il chip consentirebbe anche di far crescere le cellule tumorali catturate, per studiare un campione di tumore di dimensioni più estese. Il sistema, inoltre, inietta continuamente un farmaco chiamato Eparina che previene la coagulazione del sangue: infatti la formazione di grumi potrebbe impedire il rilievo del tumore.
Il sistema è controllato via wireless mediante un’applicazione mobile, appositamente sviluppata. Il sistema si compone di quattro parti principali: un microcontrollore, una pompa peristaltica, un iniettore di eparina ed il chip per la cattura delle CTC.
Primi risultati sperimentali
Nei test eseguiti su cani affetti da cancro, il dispositivo ha filtrato circa l’1-2% del volume di sangue intero in circa due ore. In questo modo è stato possibile catturare un numero di cellule tumorali 3,5 volte maggiore rispetto al numero di cellule individuabili con una serie di prelievi di sangue.
Nagrath e i suoi colleghi sono consapevoli che il volume di sangue che è passato attraverso il prototipo in due ore è ancora troppo piccolo, ma lo scopo principale dei prossimi studi è quello di aumentare il rendimento del dispositivo in modo che tutto il sangue nel corpo umano possa attraversarlo in due o tre ore.
La professoressa Sunitha Nagrath sostiene che ci sono già delle idee per il miglioramento del sistema, ma che saranno necessari ulteriori studi sugli animali prima che il dispositivo possa essere testato sugli esseri umani.
Lei e la sua squadra mirano a raggiungere la fase di sperimentazione umana entro i prossimi tre anni e noi non possiamo fare altro che augurarci che ciò avvenga quanto prima.