In un recente studio condotto da un cluster internazionale di ricercatori, un uomo paralizzato da diversi anni riprende a camminare grazie ad un sistema che fa da ponte tra cervello e midollo, ripristinando la trasmissione che era stata interrotta per via di un incidente.
Per camminare, il cervello comunica per via elettrica con dei neuroni a livello lombare attraverso una cascata di fibre nervose che viaggiano lungo il midollo spinale. La dinamicità elettrica è ciò che rende questa regione particolarmente delicata: il trauma spinale, anche quando non intacca direttamente i neuroni che producono il movimento, danneggia i circuiti che vi trasportano le informazioni provenienti dall’encefalo, interrompendo la comunicazione. Ciò che ne deriva è la paralisi irreversibile. Il tema è stato oggetto di numerose ricerche, tra le quali la recente brain-spine interface.
Brain-spine interface: un ponte tra cervello e midollo
L’idea alla base della tecnologia è quella di prelevare e decodificare i potenziali della corteccia cerebrale – incapace di raggiungere la periferia per via della lesione – e produrre un segnale analogo in grado di stimolare i neuroni target. Per arrivare a questo risultato, la ricerca ha dapprima individuato quali sono i neuroni maggiormente coinvolti nella produzione del movimento, e in particolare nella neurorigenerazione midollare.
- Per approfondire l’argomento, ne abbiamo parlato in questo articolo: Lesione spinale: individuati i circuiti neurali che ripristinano la deambulazione
A questo punto, i ricercatori erano riusciti a ottenere la stimolazione dei neuroni target e la conseguente attivazione fisiologica dei muscoli. Tuttavia, il movimento rimaneva involontario e scarsamente percepito dal soggetto.
In questo studio si è voluta ricercare invece una comunicazione totale tra cervello e midollo, ricostruendo un ponte digitale in grado di risalire la cascata nervosa e decodificare le istruzioni del sistema nervoso centrale: la tecnologia prende il nome di brain spine interface (BSI).
BSI: un flusso di tecnologie d’avanguardia
La tecnologia nel suo insieme integra due sistemi già validati, completamente impiantabili:
- WIMAGINE, un registratore di potenziali encefalocorticografici (ECoG)
- ACTIVA RC, un neurostimolatore comunemente usato per la stimolazione encefalica profonda (BSI) nei pazienti con morbo di Parkinson
- Per approfondire, abbiamo parlato di deep brain stimulation in questo articolo: I progressi della neurostimolazione profonda
Il registratore WIMAGINE è di fatto una schiera di 64 elettrodi dello spessore del cranio, costruito in modo da stabilire un contatto stabile tra gli elettrodi e la dura madre. I ricercatori ne hanno impiantati due – uno per emisfero cerebrale.
Il sistema è comprensivo di due antenne in radiofrequenza. La prima (13,65 MHz) alimenta l’elettronica del dispositivo per accoppiamento induttivo, mentre la seconda (402-405 MHz) trasferisce il segnale in tempo reale ad un’unità di elaborazione dei segnali indossabile.
Il segnale, una volta decodificato e riprodotto in via digitale, viene poi convertito in segnale elettrico e inviato ad ACTIVA RC, implementato con comunicazione wireless, che eroga gli impulsi di stimolazione alla regione target mediante un paddle a 16 elettrodi impiantato a livello lombare.
Tutto il sistema è rappresentato in Figura 1 e nel video al fondo dell’articolo.

L’utilizzo del sistema ha permesso a Gert-Jan Oskam, un uomo di 38 anni con lesione cervicale C5/C6, di camminare naturalmente anche su suolo complesso. L’uomo aveva già preso parte al progetto STIMO, uno studio che gli aveva precedentemente permesso una notevole neuroriabilitazione. Le difficoltà residue di una stimolazione di questo tipo – come muoversi attraverso rampe, scale e altre superfici complesse – lo hanno spinto a testare la nuova tecnologia, STIMO-BSI, nonostante lo esponesse a un doppio intervento chirurgico.
Link cervello – midollo: alla base c’è l’AI
Direttrice della tecnologia sviluppata è la parte di elaborazione e ricostruzione del segnale: è proprio qui che si ottiene il link totale tra cervello e midollo spinale, permettendo al soggetto non solo di muoversi, come già ottenuto precedentemente con la stimolazione midollare, ma di farlo secondo la sua volontà, leggendo e interpretando il segnale che origina dalla corteccia cerebrale. Per fare ciò, la tecnologia BSI sfrutta due procedure indipendenti.
La prima ha lo scopo di discriminare, tra i segnali ECoG, quelli che rappresentano l’intenzione di muovere le articolazioni degli arti inferiori. Per isolare questi segnali, al soggetto viene chiesto di muovere bacino, ginocchia e caviglie in varie direzioni, mentre l’attività corticale viene registrata. Individuati i segnali target, se ne estraggono le caratteristiche spaziali, temporali e spettrali (nel dominio nella frequenza).
La seconda procedura è legata alla configurazione della sequenza di stimolazione e si basa sulla possibilità che si ha, tramite stimolazione epidurale, di stimolare in modo molto specifico. Infatti, stimolando delle zone all’ingresso delle radici sacrali – che si diramano verso pool di neuroni specifici – è possibile stimolare insieme questi pool. Grazie a questo principio fisiologico, si può ottenere in modo molto preciso la flessione e l’estensione di ognuna delle articolazioni coinvolte (i.e., anca, ginocchio, caviglia).
Progettazione di un passo naturale a prova di ostacoli
La tecnologia è calibrata sfruttando un algoritmo markoviano, un processo stocastico progettato per generare due diverse predizioni: il primo modello calcola la probabilità dell’intenzione di muovere una specifica articolazione, il secondo la direzione e l’ampiezza del movimento. Per ogni articolazione, un controllore adegua l’ampiezza dell’impulso di stimolazione in termini di voltaggio. In questo modo è stato possibile stilare delle librerie specifiche per ogni articolazione.
Dopo la configurazione, il soggetto ha riportato di avere un controllo naturale del movimento. Per esprimere questo mediante dei risultati quantificabili, il team di ricerca ha eseguito dei test confrontando gli outcomes relativi alla BSI con quelli relativi a una stimolazione in closed-loop con sensori di movimento localizzati a livello del piede. Nel primo caso, le caratteristiche della deambulazione risultano molto più vicine a quelle di un soggetto sano.
L’uomo è riuscito a muoversi senza difficoltà attraverso rampe, ostacoli e scale, ovvero ostacoli comuni della vita quotidiana (Figura 2).

Inoltre, il programma di riabilitazione ha generato un importante miglioramento nel controllo dei muscoli flessori dell’anca e nei movimenti associati di flessione dell’anca – lo schema motorio che principalmente rappresenta la camminata (Figura 3).

Conclusioni e sviluppi futuri
In questo studio il team di ricerca ha sviluppato una tecnologia completamente impiantabile in grado di ripristinare la comunicazione tra cervello e midollo spinale, integrando insieme diverse tecnologie e algoritmi. Il sistema prende il nome di brain spine interface perchè, oltre a prelevare il biopotenziale a livello corticale e stimolare i tessuti a livello lombare, simula la trasmissione di informazioni dal cervello alla periferia lungo il midollo spinale, compito fisiologicamente eseguito dalle fibre nervose efferenti.
Bisogna precisare che questo risultato è stato ottenuto su un soggetto che presentava una lesione parziale del midollo spinale, seppur molto severa. Obiettivo dei futuri studi sarà quello di generalizzare questo risultato a diversi pazienti con diverse condizioni.
Fonti e approfondimenti
- Nature – Walking naturally after spinal cord injury using a brain-spine interface
- Innovando News (Video): Le parole di Gert Jan Oskam, cui la tecnologia ha ridonato l’uso delle gambe dopo la paralisi