La capacità di arricchire la memoria in maniera attiva, integrandola con esperienze nuove, resta un quesito cruciale delle neuroscienze. Il lavoro condotto dai ricercatori del Mount Sinai Hospital mira a studiare sia la plasticità del processo di memorizzazione, sia la sua dinamicità, presentando significative implicazioni per il funzionamento della memoria adattativa nello stato tanto fisiologico quanto patologico.
Co-attivazione delle reti nervose nel periodo post-apprendimento
Finora gli studi dimostrano che le esperienze individuali si codificano sottoforma di reti nervose (neural ensembles) costituite da un gruppo di neuroni ad alta eccitabilità intrinseca. Difatti, l’eccitabilità di queste cellule nervose non solo permette l’acquisizione di un ricordo durante il processo di apprendimento, ma anche una consolidazione a lungo termine tramite il processo di riattivazione post-apprendimento.
Se codificati vicino nel tempo, i ricordi vengono archiviati e anche correlati. Ad esempio, il richiamo alla memoria di un ricordo potrebbe innescare inevitabilmente il ricordo dell’altro perché entrambi hanno condiviso la medesima popolazione di cellule nervose, ad alta eccitabilità, durante il processo di apprendimento.
Tuttavia, il processo di memorizzazione non è affatto statico, ma caratterizzato da una dinamicità plastica: la memoria subisce una integrazione dinamica persino dopo essere consolidata. Tale meccanismo assume maggiore vigore in presenza di un’esperienza di forte intensità emotiva (e.g. shock) e in uno stato di veglia. Questo è ciò che il team di ricercatori del Mount Sinai Hospital ha dimostrato descrivendo il processo di “co-attivazione delle reti nervose nel periodo post-apprendimento” (offline ensemble co-reactivation).
L’esperienza avversa lega la memoria in maniera retrospettiva
I ricercatori hanno testato due campioni murini per poter capire se la memoria avversativa (i.e. correlata all’ambiente avverso, o allo shock ricevuto) si integrasse in maniera retrospettiva o prospettica alla memoria neutra (i.e. associata a un ambiente precedente l’esperienza negativa). Per poter misurare tale integrazione, è stata valutata la risposta di freezing (i.e. immobilizzazione per paura) come indice della paura diffusa.
I campioni murini sono stati divisi in due gruppi (Figura 1):
- il gruppo retrospettivo (n = 16): i topi sperimentano prima un contesto neutro e successivamente lo shock del piede dopo 2 giorni;
- il gruppo prospettico (n = 20): i topi sperimentano da subito l’evento avverso e, dopo 2 giorni, il contesto neutrale.

Dopodiché, entrambi i gruppi hanno testato l’ambiente avversativo, privo di shock, per verificare il richiamo alla memoria avversiva e, successivamente, il contesto neutro e poi uno nuovo. I ricercatori hanno osservato una percentuale affine di freezing in entrambi i campioni (Figura 2a), simbolo del fatto che la memoria richiama il ricordo traumatizzante senza differenza. Tuttavia, solo il gruppo retrospettivo ha dimostrato nel contesto neutro, una percentuale statisticamente significativa di freezing (P < 0.023, indicato con asterisco in figura) rispetto sia al contesto nuovo che alla risposta del gruppo prospettico (Figura 2b). Ciò indica che la memoria avversativa si integra in maniera retrospettiva alla memoria neutra: infatti, la paura si diffonde nel contesto neutro, solo se sperimentato prima dello shock subito.

In aggiunta, è stato dimostrato che l’intensità emotiva dello shock subito influenza anche tale linking retrospettivo.
L’integrazione tra la memoria avversativa e quella neutra è tanto più forte quanto maggiore è l’intensità del trauma ricevuto.
Applicando due shock, a bassa (0.25 mA) e alta (1.5 mA) intensità, si osserva una risposta di freezing più significativa a partire dal contesto avversivo nei topi ad alto shock rispetto a quelli a basso shock (Figura 3a). Risultati affini a quelli precedenti si osservano confrontando il contesto neutro col contesto nuovo, per cui si verifica sempre il linking retrospettivo della memoria avversativa con quella neutrale. Tuttavia, ciò accade in modo significativo solo nella popolazione ad alto shock in (Figura 3b).

Come avviene l’integrazione dei ricordi: i periodi di offline
Una struttura fondamentale per il consolidamento della memoria è localizzata nel lobo temporale ed è chiamata ippocampo. L’ippocampo gioca un ruolo cruciale nell’immagazzinamento dei ricordi, perché converte la memoria a breve termine in memoria a lungo termine.
Il gruppo di ricercatori ha indagato l’attivazione di due principali insiemi nervosi dell’ippocampo:
- l’insieme delle cellule attive durante la codifica dell’evento di shock;
- l’insieme delle cellule attive nel contesto neutrale antecedente 2 giorni l’esperienza avversa.

Per fare ciò, si registra il rilascio di calcio della regione CA1 (una delle quattro principali suddivisioni dell’ippocampo) tramite il Miniscopio UCLA open source (Figura 4). Il rilascio di calcio, infatti, è indice di un’attività neuronale e permette di capire quali reti di cellule nervose sono attive in uno specifico contesto.
Ciò ha permesso la catalogazione di quattro insiemi nervosi:
- Insieme neutro: cellule nervose attive solo durante l’esperienza neutra precedente l’evento di shock;
- Insieme avversivo: neuroni attivi solo durante l’esperienza avversiva;
- Insieme sovrapposto: neuroni attivi in entrambi i contesti, neutrale e aversivo.
- Insieme rimanente: cellule nervose non coinvolte nel contesto neutrale.
I campioni sono stati sottoposti a shock ad alta e bassa intensità. Inoltre, come nel precedente esperimento, sono state confrontate le risposte nel contesto avversativo, neutrale e nuovo. Infine, è stato aggiunto anche il controllo nel periodo offline (i.e. momento di riposo, privo di stimoli esterni) per verificare il giusto consolidamento della memoria avversiva e l’integrazione tra questa e la memoria neutra.
Le misurazioni ottenute presentano coerenza con i risultati precedenti: l’insieme delle cellule attive durante l’evento avverso si riattiva durante il periodo offline – dopo un’ora (offline 2, Figura 5). Difatti, questo è simbolo di un corretto consolidamento della memoria avversativa.

Il campione sottoposto ad alto shock ha presentato una risposta più interessante del campione a basso shock: l’insieme neutrale ha un andamento analogo all’insieme avversativo e sovrapposto, indice del fatto che vi è una integrazione della memoria avversativa con la memoria neutrale. Questo si ha, soprattutto, in presenza di un forte stato di shock (Figura 6). Si forma, dunque, una possibile rete di cellule nervose che ha alta probabilità di attivarsi insieme in futuro, in presenza di stimoli precedenti e concomitanti l’evento traumatico.

L’ippocampo, come inizialmente accennato, ha un ruolo cruciale tanto nel consolidamento quanto nell’integrazione della memoria avversiva con la memoria neutrale. Per comprovare ciò, i ricercatori hanno disattivato temporaneamente, con un trattamento farmacologico, l’ippocampo durante il periodo di offline. Successivamente, il campione non ha risposto con il freezing nel contesto neutro, osservato invece nel primo esperimento: tale risultato è plausibile considerando che la memoria neutra e la memoria avversiva non sono state integrate a causa della inibizione dell’attività encefalica.
Anche i periodi di veglia assicurano l’integrazione dei ricordi
Il gruppo di ricercatori ha poi investigato se l’insieme delle cellule nervose si riattivasse in uno specifico stato di veglia o di sonno (NREM – Non-Rapid-Eye-Movement – o REM). Per fare ciò, si misura 1) l’attività neuronale tramite il Miniscopio UCLA open source, 2) l’attività elettrica tramite elettroencefalogramma (EEG) per monitorare gli stati di veglia e di sonno, e 3) l’attività muscolare tramite elettromiogramma (EMG) per misurare lo stato di freezing.
Durante il periodo offline e nello stato di veglia, nel campione ad alto shock, si rileva una co-attivazione dell’insieme neutrale e dell’insieme sovrapposto che è coinciso anche con una breve immobilizzazione fisica. Non c’è stata un’analoga risposta nel campione a basso shock e tantomeno nei due stati di sonno (NREM e REM). Questo risultato dimostra ulteriormente che l’integrazione tra memoria neutrale e memoria avversiva si ha maggiormente con un forte shock emotivo, e che la co-riattivazione si verifica durante brevi periodi di veglia tranquilla (Figura 7).

Discussioni e Conclusioni
I ricordi, codificati come reti di cellule nervose, si collegano in maniera temporale, per cui è molto probabile che due esperienze avvenute in un arco temporale molto vicino possano essere richiamati insieme. In circostanze normali, infatti, ricordi associati a eventi molto distanti nel tempo vengono codificati come ricordi discreti.
La ricerca condotta dal team del Mount Sinai Hospital ha dimostrato che, tuttavia, può avvenire una vera e propria integrazione tra i ricordi a causa di un forte shock emotivo. Tale integrazione è tanto più forte quanto maggiore è l’intensità emotiva associata ad un particolare contesto, come quello di un trauma subito. In questo modo, la paura provata durante l’evento avverso si diffonde anche ai ricordi precedenti, ed è quanto si evince da questa ricerca: davanti ad un segnale neutro precedente lo stato di shock, la paura si diffonde e sfocia in uno stato di immobilizzazione (freezing).
Tale lavoro presenta un’importante implicazione soprattutto per terapie di carattere clinico, come quelle adottate nel disturbo da stress post-traumatico (PTSD). Il PTSD deriva da un intenso shock emotivo subìto e sfocia in una paura incontrollata anche in contesti indipendenti da quello avversivo. Una delle terapie messe in atto è la terapia dell’esposizione, per cui il paziente sperimenta stimoli associati al contesto del trauma. In questo modo, il paziente può lavorare sulla reazione ad essi e ridurre la paura.
I risultati ottenuti da questa ricerca acquistano un alto potenziale: in caso di forti shock è possibile che gli stimoli precedenti l’evento traumatico, apparentemente scollegati, influenzino intrinsecamente la risposta, provocando ugualmente la diffusione della paura.
Lavorando anche sui ricordi precedenti l’evento traumatizzante, si potrebbe ottenere una terapia sinergica a quella già in atto, laddove la paura non solo venga decostruita, ma scollegata dai ricordi indipendenti dallo shock subito.
Fonti e approfondimenti
- Nature – Offline ensemble co-reactivation links memories across days
- NeuroscienceNews – How the Brain Links Old and New Memories for Adaptive Learning
- School of Medicine at Mount Sinai – Offline ensemble co-reactivation links memories across days – Overview
- Immagine di copertina – immagine creata con intelligenza artificiale