Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità circa 253 milioni di persone nel mondo sono affette da deficit visivi. Un’innovazione nel campo dell’oculistica potrebbe rappresentare la svolta per molte di queste persone. Si tratta della prima retina artificiale liquida, nata dalla collaborazione tra l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Milano e l’IIT di Genova. La terapia, sebbene si trovi ancora in fase sperimentale, promette di diventare presto una soluzione sicura ed efficace per il trattamento delle malattie degenerative della vista.
Il ruolo della retina
La percezione visiva è un processo attivo che parte dalla scomposizione dell’immagine a livello della retina.
La retina è un tessuto nervoso che riveste la maggior parte della superficie interna dell’occhio ed è costituita da fotorecettori neuronali, ovvero neuroni specializzati suscettibili ai segnali luminosi e distinti in coni e i bastoncelli (Figura 1). Dal punto di vista funzionale, la retina è assimilabile ad un fototrasduttore, poichè percepisce le onde luminose e le trasforma in segnali bioelettrici che viaggiano attraverso il nervo ottico per arrivare al cervello.
Le patologie che possono colpire l’occhio sono molteplici, ma quelle che possono portare progressivamente alla cecità sono due: la retinite pigmentosa e la degenerazione maculare.
Retinite pigmentosa
La retinite pigmentosa è una malattia con uno sviluppo progressivo e invalidante che, con l’avanzare dell’età, può portare ad una perdita della visione centrale, fino alla completa cecità. Colpisce principalmente soggetti di età superiore ai 60 anni e comprende una categoria di malattie genetiche caratterizzate da un graduale deterioramento bilaterale della retina, che porta ad una progressiva perdita di fotorecettori e ad un mal funzionamento dell’epitelio pigmentato (Figura 2).
Con l’avanzare della malattia, i vasi sanguigni che irrorano la retina si assottigliano sempre di più, fino ad atrofizzarsi; in questo modo, la retina perde la capacità di trasmettere gli stimoli visivi al cervello attraverso il nervo ottico.
Degenerazione maculare
La patologia consiste nella graduale perdita della vista causata dal danneggiamento irreversibile delle cellule fotorecettrici presenti nella macula, quella parte di retina responsabile della visione centrale.
Essa può essere caratterizzata dalla presenza di depositi glicemici e proteici di colore giallo al di sotto della retina (degenerazione maculare secca), che causano l’assottigliamento della mucosa, oppure dalla crescita di vasi sanguigni anomali al di sotto della macula (degenerazione maculare umida) (Figura 3).
La prima protesi fotovoltaica
La retina artificiale liquida è l’evoluzione di un precedente modello di retina artificiale planare, sviluppato nel 2017 dallo stesso team di ricerca. Il modello consisteva in un foglio molto sottile e flessibile che, una volta impiantato nell’occhio, avrebbe sostituito le funzioni della retina deteriorata a causa della degenerazione maculare (Figura 4).
L’efficacia della protesi era dovuta al polimero organico che la ricopriva (rr-P3HT) e che le conferiva le stesse caratteristiche di un semiconduttore fotovoltaico. La struttura del polimero, infatti, risultava molto simile a quella della proteina presente nella retina e sensibile alla luce.
Essendo costituita da un materiale altamente biocompatibile, l’unico limite rappresentato da questo tipo di protesi era la sua incapacità di funzionare in determinate condizioni di luce.
- Per approfondire, abbiamo parlato del primo modello di retina artificiale sviluppato qui
Una nuova proposta di retina artificiale
Il nuovo modello di retina artificiale, a differenza del suo predecessore, si trova allo stato liquido (Figura 5). La protesi infatti, è stata realizzata a partire da una componente acquosa in cui si trovano sospese delle nanoparticelle fotoattive. Quest’ultime sono costituite da politiofene, un polimero a base di carbonio e idrogeno in grado di assorbire la luce e trasformarla in carica elettriche.
Quando le onde luminose penetrano nell’occhio, vengono convertite in un segnale bioelettrico che stimola le cellule a trasportare l’impulso fino al cervello, in un modo molto simile a quello messo in atto dai fotorecettori naturali.
La protesi consiste di un doppio strato di polimeri organici posti in successione: si tratta di un semiconduttore e un conduttore sovrapposti su un base di fibroina, una proteina che in natura costituisce la seta.
Le nanoparticelle, delle dimensioni di 1/100 del diametro di un capello, una volta inserite nell’occhio, prendono il posto dei fotorecettori danneggiati.
La scelta di racchiudere i polimeri fotoattivi in particelle di dimensioni inferiori ai fotorecettori, ha portato ad un aumento dell’area attiva di interazione con i neuroni retinici, permettendo di coprire l’intera superficie della retina e di ridurre la fotoattivazione a livello di un singolo neurone.
- Per approfondire, abbiamo parlato dell’ultima generazione delle protesi visive qui
Un intervento meno invasivo
La soluzione viene iniettata nell’occhio grazie ad una siringa e a un intervento chirurgico poco invasivo, che ne assicura la penetrazione. La protesi viene somministrata localmente mediante un’iniezione e non necessita dell’utilizzo di occhiali, telecamere o fonti esterne di energia per essere attivata. Proprio per questo motivo l’intervento risulta poco traumatico.
Inoltre, tutti i vantaggi della protesi polimerica vengono mantenuti, sopra tutti quello di essere naturalmente sensibile alla luce che penetra nell’occhio (Figura 6).
Conclusioni e prospettive future
La retina artificiale liquida si trova ancora in fase sperimentale e i primi test sono stati condotti su modelli murini portatori di una mutazione spontanea in uno dei geni implicati nella retinite pigmentosa.
La protesi è capace di attivare i neuroni retinici non ancora danneggiati, provocando risposte visive subcorticali, corticali e comportamentali. Nello specifico, vi è stata una riattivazione del riflesso pupillare, delle risposte corticali elettriche e metaboliche ai segnali luminosi, dell’acuità visiva e dell’orientamento nell’ambiente. Il miglioramento è rimasto inalterato per più di 10 mesi dopo l’impianto, senza causare infiammazione dei tessuti retinici o degradazione dei materiali costituenti.
La start-up Novavido srl, nata grazie alle attività di ricerca di IIT, IRCSS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona) e alle facoltà tecnologiche di Alfasigma, si occuperà di procedere nella fase sperimentale con studi clinici sull’uomo.
La nascita di Novavido è un caso emblematico di come la ricerca persegua il fine di migliorare la qualità della vita delle persone, avvicinandosi agli obiettivi di sostenibilità sociale alla quale una società sempre più inclusiva deve puntare.
Giorgio Metta, direttore scientifico IIT
Fonti e approfondimenti
- OpenTalk IIT – Development of the first liquid retina prothesis
- Nature Nanotechnology – Subretinally injected semiconducting polymer nanoparticles rescue vision in a rat model of retinal dystrophy
- iapb.it – Parti dell’occhio
- Agenda Digitale – Come le nanotecnologie possono ridarci la vista
- knowable magazine – Polymers promise a more flexible artificial retina