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Tecnologie di supporto

Lesioni gastriche: un micro robot per ripararle dall’interno con il 3D-bioprinting

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Scritto da Alessia Paradiso

Un micro robot per riparare le ferite gastriche è stato progettato dal Biomanufacturing Center dell’Università di Tsinghua in Cina, utilizzando una nuova tecnologia denominata “in situ in vivo bioprinting” per trattare i tessuti interni danneggiati all’interno di organi come lo stomaco.

Si tratta di una possibile soluzione all’avanguardia per i casi di lesione della parete gastrica, che coinvolgono circa il 12% della popolazione mondiale secondo uno studio pubblicato sulla rivista Lancet.

È la prima volta che viene tentato un approccio del genere con successo. Studi recenti sul bioprinting in situ hanno sino ad oggi coinvolto tessuti “esterni” e superficiali (come la pelle). Mai ne era ancora stato investigato il potenziale per riparare tessuti interni come quelli appartenenti al tratto digestivo o a quello genitale. Inoltre i sistemi di stampa utilizzati sono piuttosto ingombranti, peculiarità che non può essere adottata per la riparazione di tessuti interni. Il micro robot sviluppato in Cina sarebbe in grado di entrare nel corpo umano in maniera precisa e minimamente invasiva, riparando il tessuto direttamente dall’interno.

Ad oggi, la cura della lesione della parete gastrica vede soluzione nel trattamento chirurgico o nella terapia medica contenitiva. La chirurgia mininvasiva continua ad avere alcune limitazioni, come la capacità di suturare ampie aree lese e la ricostruzione 3D del tessuto danneggiato a partire dalla ferita stessa. Proprio per superare questo problema, i ricercatori di Tsinghua hanno ideato un pioneristico micro robot flessibile, in grado di occupare il minor spazio possibile per entrare nel corpo di un paziente. Una volta entrato nell’orifizio, esso si ri-estende ed inizia l’operazione di 3D-bioprinting, consegnando cellule target direttamente nella zona di tessuto danneggiato (Figura 1).

Figura 1. Schema del processo di in situ in vivo bioprinting per il trattamento di lesioni della parete gastrica. Photo credits: Biofabrication – IOPscience

Come funziona il robot?

Una micro-piattaforma di stampa 3D è stata installata su un endoscopio. Un circuito stampato basato su sistema micro-elettro-meccanico (PC-MEMS), controllato accuratamente da un programma (sviluppato su MATLAB) e da un modello matematico basati su calcoli per il movimento degli assi robotici, supporta il Delta robot, composto da:

  • Base fissa;
  • Piattaforma di movimento;
  • 3 catene cinematiche.

Ogni catena cinematica, in lega di alluminio, è composta da un braccio guida e da un braccio passivo, collegati tra loro da una cerniera sferica (Figura 2).

Figura 2. Schema del Delta robot endoscopico e della piattaforma di stampa 3D. (A) Delta robot a riposo. (B) Delta robot in posizione piegata. (C), (D) Fabbricazione della base fissa appartenente alla piattaforma di stampa 3D. (E) Laminazione della catena cinematica tramite tecnica PC-MEMS. (G) Piattaforma mobile con catene cinematiche. Photo credits: Biofabrication – IOPscience

Il bioinchiostro che ripara la parete gastrica

Gelatina 10% e Alginato 4% (peso/volume) sono stati disciolti in una soluzione al 0.9% di cloruro di sodio (NaCl) per ottenere una formulazione di bioinchiostro a base idrogel, mentre una soluzione di calcio cloruro 3% (w/v) (CaCl2) è stata preparata per il processo di gelificazione del bioinchiostro stesso (il cosiddetto crosslinking).

Per imitare la struttura di un’ulcera gastrica, sono state utilizzate sia cellule gastriche epiteliali umane (GES-1-cells) che cellule gastriche muscolari lisce (HGSMCs). Entrambe le tipologie sono state successivamente caricate nel bioinchiostro con un rapporto volume 1:1 e a densità cellulare totale di 3 x 106 cellule/ml. Nello specifico, per ottenere la formulazione finale, sono stati separatamente preparati i seguenti “bioink”:

  • Bioink A: Gelatina 5% + Alginato 2% + 1.5 x 106 cellule epiteliali/ml
  • Bioink B: Gelatina 5% + Alginato 2% + 1.5 x 106 cellule muscolari/ml

Il setup dell’esperimento e il processo di stampa

Il modello dello stomaco utilizzato per gli esperimenti e per la simulazione di riparazione tissutale è stato ottenuto tramite stereolitografia di resina trasparente, ricostruendo i dati provenienti da una TAC umana, rielaborati mediante l’uso del software MIMICS. Anche il dotto ricurvo annesso, a imitazione dell’endoscopio, è stato prodotto con la stessa tecnica. La piattaforma di stampa 3D è stata quindi fissata sull’endoscopio (Figura 3).

Figura 3. Attrezzatura per esperimenti di bioprinting. (A) Piattaforma di stampa installata su un tubo ricurvo a imitazione di un endoscopio, al fine di replicare il processo di bioprinting all’interno di un modello di stomaco. (B) Processo di “in situ in vivo bioprinting”. (C) Scaffold 3D a 2 strati di cellule gastriche (epiteliali e muscolari) prima del crosslinking (Scale bar: 1 cm). (D), (E) Scaffold stampato a 8 strati con proprietà meccaniche migliori rispetto allo scaffold a 2 strati. Photo credits: Biofabrication – IOPscience

Un ago (23G, diametro interno: 340 μm) installato sulla piattaforma in movimento è stato connesso a una siringa caricata di bioinchiostro, tramite un tubicino in politetrafluoroetilene (PTFE). Infine l’endoscopio e la piattaforma di stampa 3D sono stati fatti entrare nello stomaco modellato per il processo finale di “bioprinting”. Calibrato il sistema, viene stampato lo scaffold tissutale, un’ “impalcatura” 3D realizzata con materiale sintetico o naturale allo scopo di ospitare la crescita e la maturazione delle cellule, in modo da facilitare la formazione di un nuovo tessuto integrabile nell’organismo. Per farlo, sono state ottimizzate diverse geometrie: quadrata e circolare, con lato di 14 mm e raggio di 10 mm rispettivamente.

Tale processo di stampa degli scaffold carichi di cellule consiste di due parti:

  • Formazione della struttura a 2 strati del reticolo 3D (costrutto cellulare);
  • Crosslinking tramite CaCl2 (gelificazione del bioink in un idrogel).

La siringa caricata col Bioink B (contenente cellule gastriche muscolari lisce) viene connessa alla piattaforma di stampa e dà quindi inizio al processo di estrusione ad una velocità costante di 0.05 ml/min tramite una bi-pompa. Concluso il primo strato, la siringa contenente il Bioink A (con cellule gastriche epiteliali) rimpiazza velocemente quella del Bioink B, stampando il secondo ed ultimo strato, ovvero quello superiore, ad imitare la struttura complessiva della mucosa gastrica. Infine una terza siringa carica di CaCl2 ripassa sulla geometria del costrutto, promuovendo la reticolazione dello scaffold cellulare (Figura 4).

Figura 4. (A) Ricostruzione 3D della struttura a 2 strati che mostra la distribuzione delle cellule stampate (le cellule endoteliali sono marcate in verde, quelle muscolari in rosso). (B) Vista dall’alto e laterale della struttura marcata, ad evidenziare l’interfaccia degli strati sovrapposti (Scale bar: 500 µm). Photo credits: Biofabrication – IOPscience

Dopo 3 minuti, il calcio cloruro viene rimosso e il costrutto è posto in incubatore (37 °C, 5% CO2), immerso e mantenuto nel mezzo di coltura per 10 giorni, imitando l’ambiente fisiologico a cui è sottoposto l’organismo umano.

La distribuzione e la vitalità cellulare nel costrutto 3D

Le immagini a 10 giorni dal processo di stampa evidenziano un’elevata vitalità cellulare media (94.3% ± 2.2%), a dimostrazione del fatto che le cellule distribuite sui due strati sopravvivono egregiamente al bioprinting e mantengono un’alta vitalità durante tutto il periodo di coltura (Figura 5). Al giorno 3 si inizia a notare diffusione cellulare. Al giorno 7 la vitalità è ancora infatti piuttosto alta, mentre decresce leggermente subito dopo, probabilmente a causa della proliferazione cellulare: le cellule, infatti, proliferano e cambiano morfologia fino ad occupare sempre più spazio nello scaffold, che non avrà più spazio sufficiente per supportare ulteriormente la loro crescita, causandone una diminuzione della vitalità.

Rispetto al giorno di stampa, i dati del giorno 10 mostrano una proliferazione cellulare raddoppiata, indicando un’ottima funzione proliferativa al giorno dell’esperimento.

Figura 5. Vitalità cellulare della struttura stampata in 3D durante 10 giorni di coltura. (A) Immagini LIVE/DEAD che mostrano l’elevata vitalità cellulare all’interno dello scaffold (in verde le cellule vive, in rosso le cellule morte), la proliferazione statica e le variazioni morfologiche ai giorni 0, 3, 7, 10. (B) Diagramma della vitalità cellulare a 10 giorni, a dimostrare un leggero calo del trend positivo dopo il giorno 7 (Scale bar: 500 µm). Photo credits: Biofabrication – IOPscience

Gli autori dello studio, pubblicato sulla rivista scientifica Biofabrication, segnalano tuttavia alcune limitazioni, come il diametro dell’endoscopio custom-made (che risulta essere di circa 30 mm), leggermente più grande di un vero endoscopio flessibile per applicazioni cliniche (da 16 mm a 20 mm). Ulteriori micro-miniaturizzazioni del micro robot PC-MEMS sono tuttavia possibili.

Inoltre gli idrogel a base di gelatina-alginato formano strutture stabili a temperatura ambiente, rendendo allo stato attuale impossibile un’investigazione tecnologica con test su animali (e quindi a temperatura corporea di circa 37 °C).

Sebbene sia solo un primo passo, lo studio ha verificato la fattibilità di questo concetto per il trattamento delle lesioni della parete gastrica. È necessario più lavoro per portarlo alla piena realizzazione, inclusa la riduzione delle dimensioni della piattaforma di bioprinting e lo sviluppo di bioink. I nostri studi futuri si concentreranno su queste aree

Professor Xu, leader investigativo dello studio

Fonti e approfondimenti:

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Informazioni autore

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Alessia Paradiso

Ricercatrice in fuga.
Conseguita la laurea magistrale in Ingegneria Biomedica al Politecnico di Torino, prosegue con un Dottorato in Biomateriali fuori patria. Appassionata di informazione, mantiene un sguardo completo sul mondo biomedico con tanta curiosità.

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