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Tecnologie di supporto

Nuovo idrogel induce la rigenerazione di vasi sanguigni nei tessuti danneggiati

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Scritto da Francesca Zangaro

Arriva dal Giappone l’idrogel iniettabile che promuove la formazione dei vasi sanguigni nei tessuti danneggiati. Frutto di intensi studi portati avanti da un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale per la Scienza dei Materiali (NIMS) e messi a punto lo scorso luglio, il biomateriale potrebbe essere utilizzato a scopi di medicina rigenerativa e come alternativa ai fattori di crescita adoperati nel trapianto di tessuti e cellule, ritenuti costosi e inclini alla degradazione.

La funzione di tale idrogel è quella di ricreare il substrato organico necessario alla rigenerazione naturale dei vasi sanguigni nelle cellule e nei tessuti danneggiati, facilitando così il veloce e l’efficace recupero delle funzioni biologiche.

La fase di sperimentazione

La spinta alla ricerca parte dalla considerazione che la formazione di nuovi vasi sanguigni da altri già preesistenti – processo noto con il nome di angiogenesi – è necessaria per fornire ossigeno e sostanze nutritive alle cellule o ai tessuti impiantati, che risultano così avere una migliore sopravvivenza. Ad oggi la rigenerazione dei tessuti prevede il trapianto di cellule o tessuti ingegnerizzati nei tessuti biologici danneggiati, a fronte di una coltivazione in provetta. Tuttavia questo metodo non risulta ancora essere ottimale, in quanto i tessuti danneggiati non riescono a formare vasi sanguigni capaci di fornire ossigeno e nutrimento a sufficienza alle cellule e a tutti i tessuti circostanti.

Da qui l’idea di sperimentare una nuova tecnica basata sull’utilizzo di materiali angiogenici, dotati di fattori di crescita come il VEGF (fattore di crescita endoteliale vascolare). In una prima applicazione si era indotta l’angiogenesi in condizioni fisiologiche, ma i materiali biocompatibili selezionati avevano una emivita che non andava oltre i 50 minuti: da questo l’intuizione che forse sarebbe stato più efficace spostare l’attenzione sull’utilizzo di fattori di crescita endogeni che, al contrario di quelli esogeni, hanno origine all’interno della cellula stessa. Condizione che quindi può favorire e innescare meglio i meccanismi di rigenerazione biologica.

La sintesi e la caratterizzazione del C12-ApGItn

I numerosi studi condotti per determinare un biomateriale idoneo allo scopo hanno portato i ricercatori ad individuare una tipologia di gelatina porosa, idrofobicamente modificata e capace di indurre angiogenesi in vivo senza incorporare fattori di crescita. Tali caratteristiche sono state individuate nella gelatina derivata dal merluzzo d’Alaska (il cosidetto pollock) e modificata con l’aggiunta di un gruppo dodecile mediante amminazione riduttiva, affinché potesse imitare in parte la struttura dei lipopolisaccaridi. Questi ultimi sono infatti capaci di indurre una lieve infiammazione nel corpo umano, innescando i macrofagi a produrre fattori di crescita, tra cui proprio il VEGF.
Dopodichè, pollock dell’Alaska e gruppo dodecile sono stati fatti reagire con il 2-picolina borano, ottenendo come prodotto della reazione il cosiddetto
C12-ApGItn (Figura 1).

Figura 1. Sintesi dell’idrogel C12-ApGItn.

La preparazione di micro-particelle di ApGItn

Il primo risultato ha portato alla formazione di un gel dalle basse capacità rigenerative, per effetto di una reticolazione idrofobica che determinava la sua dispersione in acqua. Si è quindi puntato a rafforzare la struttura molecolare del C12-ApGItn, introducendo un processo di coacervazione seguito da reticolazione termica. Tutto ciò al fine di migliorare la resistenza all’acqua, grazie anche alla reazione di condensazione tra il gruppo carbossilico e il gruppo amminico in ApGItn, che ne preveniva appunto la decomposizione in acqua. Più nel dettaglio:

  • Il C12-ApGItn viene sciolto in una soluzione di etanolo/acqua (EtOH/H20);
  • l’EtOH contribuisce a far precipitare le micro-particelle;
  • la soluzione con micro-particelle viene raffreddata a -20 °C per 18 h;
  • infine la soluzione è sottoposta a polverizzazione e a setacciatura della malta.

Da tale processo ne è risultata la formazione di un idrogel a base di particelle auto-assemblate, enzimaticamente stabile a contatto con l’acqua.

Le C12-MicroParticles (C12-MPs), ossia micro-particelle di ApGItn modificate con l’aggiunta del gruppo dodecile tramite reazione con il 2-picolina borano, e le Org-MPs, ovvero le micro-particelle di ApGItn non modificate, sono state posizionate su un supporto con nastro in carbonio e analizzate con il microscopio elettronico a scansione (SEM). La dimensione delle particelle è stata quindi quantificata (Figura 2), mostrando che le particelle dell’Org più omogeneamente distribuite sono quelle che hanno un diametro che va da 1 nm a 2 nm; mentre le particelle del C12 più distribuite hanno un diametro che va dai 3 nm ai 4 nm.

Figura 2. Particelle di APGltn non modificate (Org) e con gruppo dodecile (C12). Immagini a microscopio elettronico a scansione. Scala grafica = 10 μm.

Un idrogel dalle proprietà viscoelastiche

Prima di esaminare la risposta cellulare dell’idrogel, i ricercatori ne hanno valutato le sue proprietà viscoelastiche e di degradazione. Per prima cosa è stato osservato che gli Org-MP idratati tendevano ad interagire con altre MPs e l’idrogel nel suo insieme si comportava come un materiale chimicamente reticolato. Tuttavia il C12-MP aveva una minore tendenza all’idratazione, causata dalla sua maggiore idrofobicità, e formava una “struttura di impacchettamento” più densa rispetto agli Org-MP, con conseguente dissipazione della forza caricata, deformando la sua stessa struttura di impacchettamento.

Inoltre le proprietà di assottigliamento al taglio degli idrogel Org e C12-MP sono state valutate utilizzando un reometro rotazionale, un apparecchio che misura la viscosità di taglio e altre proprietà reologiche dei materiali fluidi. I risultati hanno mostrato che la viscosità degli idrogel Org e C12-MP diminuisce con l’aumentare della velocità di taglio, indicando che questi idrogel possono essere iniettati tramite siringa (Figura 3).

Si era ipotizzato, inoltre, che gli idrogel Org e C12-MP formassero aggregati in sospensioni di particelle mediante interazioni idrofobiche tra le particelle. Quando però lo sforzo di taglio è stato applicato agli idrogel, tali interazioni idrofobiche non sono riuscite a tollerare lo stress di taglio, e l’aggregazione delle particelle alla fine si è deformata. Si è giunti quindi anche qui a conclusione che gli idrogel Org e C12-MP possiedono entrambi un comportamento di assottigliamento al taglio e sono quindi iniettabili attraverso un ago.

Figura 3. Proprietà di assottigliamento al taglio degli idrogel MP. Gli Org sono indicati con i triangoli, i C12 con i cerchi. Le MPs indicate in blu, arancione e verde sono state reticolate termicamente a 150 °C, rispettivamente per 3 h, 6 h e 9 h, per essere indotte con resistenza alla degradazione.

Il profilo di degradazione dell’idrogel

E’ stato poi effettuato il test di degradazione immergendo l’idrogel in una soluzione di collagenasi (enzimi che tagliano i legami peptidici presenti nel collagene, proteina principale del tessuto connettivo), per un massimo di 48 h. La velocità di degradazione degli idrogel C12-MPs è risultata più lenta di quella degli Org-MP. Questo risultato era verosimilmente dovuto alle maggiori interazioni interparticellari degli idrogel C12-MPs rispetto a quelle degli idrogel Org-MP, causate dalla reticolazione fisica aggiuntiva dovuta al gruppo dodecile in C12-ApGItn, che sopprimeva la penetrazione della soluzione di collagenasi.

Inoltre un tempo di reticolazione più lungo tendeva a migliorarne la resistenza alla degradazione, a causa della maggiore densità di reticolazione covalente. La velocità di degradazione degli idrogel C12-MP è stata, tuttavia, influenzata dalla modifica idrofobica e dal tempo di reticolazione. E’ stata anche calcolata l’emivita degli idrogel Org e C12-MP, mettendo in luce che gli ultimi avevano un’emivita più lunga dei primi, risultando quindi più stabili in ambiente fisiologico.

La risposta in vitro delle cellule

Per valutarne gli effetti sulla vitalità cellulare e sulle proprietà angiogeniche, le MPs non aggregate sono state coltivate con cellule di linea RAW264 a basse concentrazioni.
Le cellule RAW264, simili a macrofagi di topo, sono state coltivate con le MPs in un gruppo protettivo integrato, con sostanze tra cui amminoacidi non essenziali. Le cellule sono state poi seminate in una piastra e incubate per 18 h a 37 °C; mentre gli Org-MP e C12-MP sono stati sterilizzati mediante irradiazione ultravioletta. Dopo ulteriori ore di incubazione e di integrazione con 10 ng/ml di lipopolisaccaridi, si è osservato che le RAW264 con MPs secernevano significativamente più VEGF rispetto agli originali ApGItn.

La risposta in vivo delle cellule

Per valutare le proprietà angiogeniche in vivo delle microparticelle dell’idrogel, il gruppo di ricerca ha impiegato cavie da laboratorio (topi senza pelo), osservandone le risposte istologiche e il flusso sanguigno.
Dai risultati del monitoraggio della perfusione con laser Doppler (LDPM), l’idrogel ha indotto un aumento della perfusione sanguigna sottocutanea rispetto sia alla microparticella ApGltn originale che ai controlli salini tamponati con fosfato.

In particolar modo, i gruppi di idrogel C12-MP reticolati a 150 °C sia a 6 ore che 9 ore hanno mantenuto il livello di flusso sanguigno più elevato per un massimo di 22 giorni, grazie alla bassa velocità di degradazione del gel, sostenendo un’alta concentrazione della molecola C12-ApGItn nel sito di iniezione.

Con l’intento di valutare le risposte tissutali sull’idrogel e di quantificare il grado di infiammazione e angiogenesi, si è osservato un notevole aumento di VEGF e di CD31, un marcatore delle cellule endoteliali che indica una crescita nel numero di vasi sanguigni intorno al sito di iniezione dell’idrogel. Pertanto il meccanismo di angiogenesi regolato dall’idrogel prevede, nella sua fase finale, la proliferazione di cellule endoteliali mediata dalla secrezione di VEGF, seguita a sua volta da perfusione sanguigna (Figura 4).

Figura 4. Meccanismo di angiogenesi dell’idrogel C12-MP.

Scenari futuri

L’angiogenesi potenziata a lungo termine potrebbe essere utile per il trapianto di cellule. Tuttavia, l’angiogenesi proposta dall’idrogel C12-MP è accompagnata da una debole risposta infiammatoria.
La chiave per riuscire a traslare tale studio in una concreta applicazione medica si trova nell’individuazione di un punto ottimale per procedere con il trapianto cellulare, osservando il decorso temporale sia delle risposte angiogeniche che di quelle infiammatorie stimolate dall’idrogel C12-MP. Inoltre gli studi del team di ricerca proseguono per cercare di combinare il C12-MP con materiali anti-infiammatori, al fine di stabilizzare i vasi sanguigni di nuova formazione e portare quindi ad un’angiogenesi stabilizzata a lungo termine.
Tutto ciò potrebbe rappresentare un grande passo in avanti nel campo della medicina rigenerativa e nell’utilizzo di apparecchiature mediche più innovative ed evolute.


Fonti e approfondimenti:
  • NIMS – National Institute for Materials Science: Development of a Self-Assembled Particle Gel for Promoting Blood Vessel Formation
  • NPG Asia Materials via Nature.com – Self-assembled dodecyl group-modified gelatin microparticle-based hydrogels with angiogenic properties
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Informazioni autore

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Francesca Zangaro

Dottoressa in Ingegneria Biomedica, Università di Pisa.
Appassionata di innovazione e tecnologia con l’obiettivo di studiare e contribuire alla divulgazione di nuovi orizzonti scientifici nel campo dell’ingegneria biomedica.

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