Un gruppo di ricercatori del Massachussets Institute of Technology (MIT) ha sviluppato un nuovo sistema, rapido e soprattutto accurato, in grado di visualizzare, analizzare e contemporaneamente classificare le lesioni pigmentate sospette (Suspicious Pigmentes Lesions, SPL) presenti sulla cute dei pazienti che si sottopongono ad un’iniziale valutazione diagnostica dermatologica. Il tutto avviene tramite una comune fotografia scattata da uno smartphone.
Le attuali strategie diagnostiche
Parliamo principalmente di melanoma, una neoplasia cutanea maligna che origina dalle cellule melanocitarie localizzate a livello epidermico. Si tratta di un tumore che riconosce tra i fattori di rischio più importanti le esposizioni a sorgenti di raggi ultravioletti, soprattutto di tipo UVB. La sua incidenza è in continua crescita, con un aumento dei casi che procede ad un ritmo superiore rispetto a qualsiasi altro tumore (Figura 1).
Ispezione visiva e dermatoscopia
La diagnosi di melanoma è oggi basata sull’ispezione visiva di diversi parametri: tra i più classici, l’individuazione di specifiche caratteristiche cliniche delle lesioni pigmentate, quali asimmetria, irregolarità nei bordi e nel colore, incremento dimensionale ed evolutività delle lesioni – con la nota ”regola dell’ABCDE”. Tale sistema, se applicato singolarmente, è destinato alla perdita di spazio di applicazione, in quanto decisamente aspecifico nel classificare come “effettivamente neoplastiche” le lesioni ancora precoci (Figura 2).
E’ quindi indispensabile integrare questi dati clinici con l’ausilio della dermatoscopia, una metodica non invasiva in grado di visualizzare le caratteristiche morfologiche degli strati più superficiali della cute in maniera molto dettagliata. Nonostante il grande supporto offerto dalla dermatoscopia, la diagnosi di melanoma risente ancora, in molti casi, di tempistiche dilatate. L’esaminazione di ogni singola lesione pigmentata può richiedere diverso tempo, così come potrebbe risultare necessario un eccedente numero di biopsie effettuate in caso di sospetta diagnosi di melanoma e naturalmente del possibile errore di valutazione medico.
E’ questo il presupposto che ha portato un gruppo di ricercatori del MIT a sviluppare un modello automatico di rilevamento delle lesioni sospette basato sull’impiego di Reti Neuronali Convoluzionali Profonde (DCNN, Deep Convolutional Neural Networks).
Come funzionano le Reti Neurali Convoluzionali Profonde?
Le DCNN (deep convolutional neural network) sono algoritmi di apprendimento automatico che appartengono al sottoinsieme del deep learning. Esse consentono una ”visione computerizzata” di immagini reali, replicando il funzionamento della corteccia visiva encefalica attraverso sinapsi artificiali che apprendono in modo adattativo, cioè modificando la loro struttura in base all’apprendimento e alla comunicazione con altre sinapsi.
Si instaura, in pratica, una gerarchia di livelli (i cosiddetti layers) che avanza in relazione al riconoscimento automatico di specifiche caratteristiche, procedendo di volta in volta verso stadi successivi, via via più dettagliati rispetto ai precedenti.
Ad esempio, nel caso di una fotografia raffigurante un’ampia regione cutanea cosparsa di svariate lesioni pigmentate (input), un primo livello potrebbe suddividere l’intera immagine in più aree, ognuna raffigurante una singola lesione pigmentata. Successivamente, per ognuna di queste, potrebbe riconoscere e selezionare (output) le lesioni solo sulla base della loro forma (Figura 3).
Basta scattare una fotografia con uno smartphone
I ricercatori statunitensi hanno utilizzato oltre 20.000 fotografie scattate da comuni fotocamere per testare le potenzialità diagnostiche delle DCNN, proprio con lo scopo di garantirne l’applicabilità anche in situazioni comuni di vita reale.
I risultati forniti dal sistema sono stati successivamente sottoposti all’analisi visiva reale di dermatologi esperti, i quali nell’87% dei casi hanno confermato i risultati diagnostici forniti dal sistema di visione artificiale, dimostrando che quest’ultimo possiede una sensibilità che supera il 90% d una specificità dell’89%.
Implicazioni future
L’enorme precisione dimostrata dalle DCNN potrebbe, con grande probabilità, essere sfruttata in futuro nell’applicazione di screening dermatologici – anche di massa – da completare, in caso di esiti positivi, con una consueta visita medica. Ciò consentirebbe un enorme risparmio, non solo in termini di tempistiche cliniche, ma anche di costi dell’imaging di singole lesioni.
Fonti e approfondimenti
- Science – Using deep learning for dermatologist-level detection of suspicious pigmented skin lesions from wide-field images
- Edisciences – Caratteristiche cliniche e epidemiologiche del melanoma nell’anziano
- The Gruyter – Optimization of the Convolutional Neural Networks for Automatic Detection of Skin Cancer