La stimolazione cerebrale profonda è una pratica estremamente efficace nel trattamento di diverse condizioni neurodegenerative farmaco-resistenti. Negli ultimi anni è stato sviluppato Stentrode, un approccio basato sulla tecnologia “stent-elettrodo” endovascolare che potrebbe cambiare in modo sostanziale lo scenario della neurostimolazione, aprendo le porte ad impianti mini-invasivi.
Come funziona la stimolazione cerebrale profonda?
La stimolazione cerebrale profonda è una tecnica in uso da decenni per curare patologie neurodegenerative acute e invalidanti, soprattutto in pazienti giovani incapaci di rispondere a cure farmacologiche nel lungo tempo. Questo trattamento, seppur comporti un evidente miglioramento della qualità di vita dei pazienti, non è esente da problematiche relative alla sua invasività.
Gli interventi di craniotomia (i.e., apertura chirurgica del cranio) frequentemente effettuati per l’impianto degli elettrostimolatori encefalici tradizionali possono esporre a rischi che compromettono non solo le condizioni del paziente, ma anche la funzionalità e l’efficacia dell’impianto stesso. Infatti, l’infiammazione dei tessuti dovuta al posizionamento dell’elettrodo altera il valore della soglia di stimolazione, aumentando l’intensità dell’impulso per ristabilire una risposta tessutale fisiologica.
- Per approfondire, abbiamo parlato di stimolazione cerebrale profonda anche qui.
Lo Stentrode
Per contenere i rischi associati al tipo di intervento chirurgico d’impianto degli elettrodi, nello studio pubblicato sulla rivista Nature Biomedical Engineering, un gruppo di ricercatori dell’Università di Melbourne ha sviluppato un’interfaccia neurale endovascolare chiamata Stentrode (Stent-Mounted Electrode Array).
Stentrode sfrutta i vasi sanguigni cerebrali per convogliare lo stimolo attraverso una rete di elettrodi montati su uno stent.
La nostra tecnologia è potenzialmente una strada per raggiungere la stimolazione cerebrale profonda senza operare in craniotomia.
Thomas Oxley, CEO and founder di Synchron
Lo Stentrode viene impiantato nel vaso sanguigno conducendo un catetere nel cervello, creando quindi un accesso venoso all’altezza del collo – similmente alla pratica operatoria degli stimolatori cardiaci.
Dal punto di vista strutturale, lo Stentrode ha un diametro di 500 o 750 μm ed è composto da uno scaffold automodellante in nitinol, una lega estremamente elastica e a memoria di forma, e da una serie di elettrodi che va da un minimo di 6 a un massimo di 12 per localizzare lo stimolo elettrico (Figura 1).
Approccio endovascolare per la neurostimolazione
L’impianto avviene convenzionalmente a livello dei seni della dura madre, ovvero i canali venosi in prossimità della corteccia motoria che drenano il sangue refluo dall’encefalo e confluiscono nella vena giugulare interna (Figura 2).
Per garantire la sicurezza durante l’utilizzo del dispositivo, gli scienziati hanno dapprima condotto una serie di esperimenti atti ad escludere cause di infiammazione locale.
Il confronto con l’approccio tradizionale
In ultimo, il gruppo di ricerca ha effettuato un esperimento “proof of concept“, confrontando l’efficacia di stimolazione dello Stentrode con il trattamento di stimolazione cerebrale convenzionale.
Gli effetti della tecnologia endovascolare sono stati comparati con la stimolazione ottenuta per mezzo di molteplici elettrodi corticali superficiali impiantati sulla corteccia cerebrale e con il “gold standard” della neurostimolazione profonda (Figura 3).
Ciò che è emerso dall’esperimento è che non vi sono differenze sostanziali nell’attivazione delle regioni target: tutte le soluzioni di stimolazione hanno suscitato la risposta di viso, labbra, mascella, collo, spalle e arti. Tuttavia, i segnali presentano una distribuzione variabile nelle aree cerebrali della corteccia neuromotoria, dovuta al posizionamento dei sensori, e quindi all’effettiva localizzazione dello stimolo.
Durante l’analisi della stimolazione promossa da Stentrode sono state prese in considerazione anche posizione ed orientazione: in questo caso la risposta allo stimolo non dipende dalla posizione del dispositivo, mentre l’orientazione degli elettrodi influenza la quantità di energia necessaria per stimolare il cervello.
Conclusioni e sviluppi futuri
Nel panorama della neurostimolazione, l’utilizzo di un’interfaccia neurale endovascolare rappresenta un grosso passo avanti per limitare l’invasività degli approcci convenzionali ed i rischi a questi associati. Lo studio realizzato all’Università di Melbourne ha dimostrato l’efficacia della stimolazione endovascolare attraverso la tecnologia Stentrode, aprendo la strada ad un metodo innovativo e mini-invasivo per trattare patologie neurodegenerative e farmacoresistenti come il Morbo di Parkinson e gravi forme di epilessia.
Questa tecnologia presenta comunque dei limiti in quanto non può raggiungere siti cerebrali molto profondi e risulta quindi idonea per un numero limitato di casi. Tuttavia, la scoperta di uno stent-elettrodo che trasmette informazioni al cervello dall’interno di un vaso assume rilevanza nel panorama delle interfacce cervello-computer, laddove potrebbe permettere ai soggetti paralizzati di controllare mentalmente protesi, sedie a ruote o computer.
Fonti e approfondimenti
- Nature Biomedical Engineering – Focal stimulation of the sheep motor cortex with a chronically implanted minimally invasive electrode array mounted on an endovascular stent
- Spectrum IEEE – Implant stimulates brain from inside a blood vessel
- Wired – Darpa-funded implant travels to the brain via blood vessels
- Slashgear – DARPA: ‘Stentrode’ implant travels to brain via blood vessels
- Synchron – The endovascular brain computer interface
- Journal of Neurosurgery – An ovine model of cerebral catheter venography for implantation of an endovascular neural interface