MDPHARMA_banner
Sistemi Protesici

Un’innovativa protesi d’anca minimizza il rischio di dislocazione e usura

monsterid
Scritto da Lorenzo De Sanctis

Ogni anno, più di 1 milione di interventi di artroplastica d’anca vengono eseguiti in tutto il mondo. Nella maggioranza dei casi, l’impianto segue un modello che, sin dagli anni 2000, è rimasto invariato. Probabilmente gli ingegneri dell’Università di Malta hanno trovato una soluzione che potrebbe rinnovare la geometria di questi dispositivi medici.

Che cos’è e quando è necessaria una protesi d’anca

Un’artroplastica d’anca è una procedura chirurgica eseguita con lo scopo di:

  1. alleviare il dolore causato da una riduzione del tessuto cartilagineo (in termini di qualità e spessore);
  2. ripristinare la funzionalità dell’articolazione.

A seguito di un’attenta valutazione da parte del clinico e dopo aver esaminato le indagini radiografiche, l’intervento di protesi totale può essere una strada risolutiva. Durante l’intervento chirurgico, l’ortopedico asporta delle parti di ossa (osteotomie) e ricava lo spazio all’interno del quale viene poi alloggiato l’impianto (Figura 1). Diversi materiali compongono l’impianto; ad esempio le leghe di titanio (6Al-4V-ELI, 6Al-7Nb) o di cobalto e cromo costituiscono la coppa acetabolare e lo stelo femorale, mentre la testa è spesso realizzata in un materiale ceramico e l’inserto (anche chiamato liner, Figura 2) è in polietilene.

Sistema ANTHOLOGY protesi anca
Figura 1. Stelo femorale del sistema protesico ANTHOLOGY (2006). Credits: Science Museum Group Collection.

I problemi degli attuali impianti

La protesi, che nella maggioranza dei casi è costituita da quattro componenti, imita il giunto sferico dell’anatomia, cruciale per una corretta mobilità dell’articolazione (Figura 2). Negli anni, per ovviare all’usura delle superfici a contatto, sono state introdotte combinazioni di materiali eterogenei fra loro, tra cui metallo-polimero (in particolare, Cobalto-Cromo e Polietilene) e ceramica-polimero (Allumina e Polietilene). Ovviamente queste soluzioni hanno sì ridotto il rischio di revisione da usura, ma non al punto da rendere superflue queste operazioni chirurgiche. Conservando la tipologia di giunto, la protesi ripristina il Range of Motion (abbreviato, RoM) iniziale dell’articolazione.

protesi anca elementi materiali
Figura 2. Elementi costitutivi di una protesi d’anca. Credits: Wikimedia Commons

Il problema sorge dal momento che non vi è alcun elemento, oltre alla forza peso, che tiene assieme i componenti: prima dell’intervento, legamenti extracapsulari e muscoli contribuiscono alla stabilità dell’articolazione. A seguito di un intervento di artroplastica sorge dunque il rischio di lussazione dell’impianto che, in alcuni casi, potrebbe avvenire anche solo incrociando le gambe. Anche la dislocazione della protesi può richiedere un intervento chirurgico per riportare nella sede prestabilita tutte le parti.

La nuova protesi

Recentemente, un gruppo di ricercatori presso l’Università di Malta ha ingegnerizzato un modello di protesi che scompone il giunto sferico in 3 giunti cilindrici ortogonali. In Figura 3 è possibile osservare i tre gradi di libertà (DoF) dell’impianto. Parlando di materiali, le parti realizzate in metallo (il flessore e l’adduttore) sono in un acciaio inossidabile austenitico secondo lo standard ASTM F1586-21. Per quanto riguarda le componenti in materiale plastico, lo studio ha valutato sia il semplice polietilene ad altissimo peso molecolare (UHMWPE, cross-linked) sia la sua variante chiamata VEHXPE (con vitamina E), nota per avere una migliore resistenza a fatica.

Come riportano gli ingegneri, le articolazioni cilindriche offrono una maggiore superficie di contatto rispetto ad una classica articolazione sferica, riducendo le sollecitazioni per fatica da contatto e allungando di conseguenza la durata dell’impianto.

È rilevante evidenziare che il ROM dell’impianto soddisfa i requisiti indicati nello standard ISO 21535:2007.

Illustrazione dell'impianto
Figura 3. Graphical abstract (articolo principale). Credits: Elsevier.

La simulazione

L’analisi ad elementi finiti (abbreviata FEA) è una tecnica di elaborazione che consente di ottenere predizioni approssimate riguardo il comportamento di corpi sottoposti a carichi. Tramite un programma dedicato, i ricercatori sono riusciti a verificare l’efficacia dell’impianto. Il perfezionamento dell’algoritmo per l’analisi è una parte essenziale del lavoro di simulazione quando si studiano corpi con proprietà non lineari (quali l’UHMWPE dell’impianto), quindi sono state provate diverse soluzioni matematiche al fine di ottenere un risultato con tasso di errore accettabile (Figura 4). Anche la temperatura ha rappresentato un fattore da tenere in considerazione: lo studio è stato condotto a 37 °C (i.e., temperatura corporea media) con un’oscillazione massima di ±2 °C. Senza scendere nei particolari, è stato definito un modello elastico-lineare per studiare le parti in acciaio.

Risultati dell'analisi ad elementi finiti.
Figura 4. Risultati dello studio ad elementi finiti della coppa (a) e del rotatore (b). Credits: Elsevier.

Il prototipo

Al fine di ridurre la rugosità e migliorare la qualità delle superfici, la tornitura è stata l’operazione favorita, in quanto la geometria delle parti ha permesso questo tipo di lavorazione. Ovviamente, la semplificazione del processo produttivo consente una riduzione della spesa necessaria per la fabbricazione del dispositivo.

Lo studio non si è limitato a sottoporre gli otto prototipi a test meccanici specifici. Sono stati infatti validati anche i risultati previsti dalla simulazione ad elementi finiti. A tale scopo, sono stati svolti ulteriori indagini con l’utilizzo del microscopio ottico per osservare gli effetti dell’usura dopo cinque milioni di cicli di lavoro (Figura 5), così come con il microscopio elettronico (FE-SEM) per individuare anche le scaglie più minute presenti sulla superficie delle componenti in polietilene.

Microscopia ottica delle componenti in polimero.
Figura 5. Microscopia ottica dell’UHMWPE, da (a) a (d) e del VEHXPE, da (d) a (f). Credits: Elsevier.

La sperimentazione

È stata svolta una prova su cadavere umano imbalsamato con il metodo di Thiel per cui gli ortopedici hanno effettivamente impiantato un prototipo della protesi studiata. L’operazione ha richiesto un solo strumento in più (chiamato pusher) rispetto ad un normale set da protesi. Il risultato dell’intervento è stato ottimo: non solo l’impianto è apparso stabile, ma è stata constatata la validità del dispositivo anche quando l’arto si trova in posizioni limite (grande angolo di flessione o adduzione, per esempio).

Conclusioni

L’evoluzione di un modello che è rimasto quasi inalterato negli anni dimostra un impegno costante da parte degli ingegneri nella ricerca applicata all’ortopedia. Purtroppo il problema dell’innovazione è strettamente connesso con la certificazione dell’impianto secondo le normative europee ed americane: possono essere necessari infatti diversi anni per mettere in commercio un nuovo dispositivo medico. Inoltre, un ente universitario generalmente non dispone di macchine e risorse sufficienti per realizzare in serie il prodotto ideato. Al momento, gli autori hanno depositato un brevetto per tutelare il progetto. Ovviamente si auspica un’entrata nel mercato del dispositivo trattato in questo articolo nel più breve tempo possibile, considerata l’innovatività e la cura del particolare documentata nell’articolo di ricerca originale da parte degli studiosi.


Fonti e Approfondimenti:
  • Elsevier – A novel hip joint prosthesis with uni-directional articulations for reduced wear;
  • The Lancet – Hip Arthroplasty;
  • The Journal of Bone and Joint Surgery – Is the human acetabulofemoral joint spherical?;
  • Elsevier – Titanium alloys for biomedical applications;
  • Deutsches Ärzteblatt – Dislocation following total hip replacement;
  • IOP Science – Implant materials for knee and hip joint replacement: A review from the tribological perspective;
  • The Journal Of Arthroplasty – Wear Resistance and Mechanical Properties of Highly Cross-linked, Ultrahigh–Molecular Weight Polyethylene Doped With Vitamin E;
  • Informa – On the new regulation of medical devices in Europe.

Immagine di copertina: Dislocazione di una protesi d’anca (immagine radiografica). Bill Rhodes from Asheville, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons

MDPHARMA_banner

Informazioni autore

monsterid

Lorenzo De Sanctis

Studente al primo anno del CdL in Ingegneria Industriale presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma, mi appassionano tutti i dispositivi medici, in particolare se realizzati mediante processi di lavorazione additiva.

Registrati alla nostra newsletter

Commenta l'argomento nel forum