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Robotica e IA Tessuti e Organi Artificiali

Un nuovo millirobot tuttofare rivoluziona la medicina rigenerativa in vivo

Scritto da Aurora Maglione

I ricercatori della University of New South Wales di Sydney hanno progettato e sviluppato un robot flessibile, di dimensioni millimetriche, capace di diventare un promettente potenziale nel campo della medicina rigenerativa e nel bioprinting 3D. Nell’ottica dello sviluppo tecnologico dei dispositivi medici e dei robot chirurgici, lo strumento all-in-one F3DB garantisce una guarigione efficace dei tessuti e degli organi danneggiati grazie alla stampa di biomateriale e di cellule viventi direttamente in situ.

Il contributo della stampa 3D nel campo medico

La stampa 3D (o 3D-printing) o additive manifacturing (AM) è una tecnica di stampa tramite cui è possibile realizzare oggetti tridimensionali mediante sovrapposizione di strati di materiali di natura diversa tra cui polimeri sintetici, ceramici e metalli. Alla base vi è un modello digitale che viene realizzato tramite un software CAD, per poi essere sezionato grazie ad un altro software di slicing (detto slicer). Attraverso lo slicer, la stampante 3D ottiene un formato leggibile e riesce a processare le superfici bidimensionali.

Molteplici sono i campi di applicazione del 3D-printing: a partire dall’alimentazione sino al campo artistico, per passare al settore aerospaziale, quello automobilistico e quello edilizio, la AM riveste molteplici funzionalità. Ultime, ma di cui è “protagonista” il robot F3DB, sono le applicazioni in campo medico dove il 3D-printing viene denominato bioprinting (i.e., biostampa).

Il bioprinting 3D prevede la realizzazione di strutture biologiche tridimensionali (quali tessuti o organi) ottenute tramite sovrapposizione di biomateriale contenente cellule viventi o biomolecole (i.e. bioink). Un’applicazione immediata a cui si può pensare è quella della medicina rigenerativa, per l’ottenimento di tessuti e organi compatibili per il trapianto, oltre che per la loro guarigione. Ma non solo: questa tecnica vede infatti applicazioni – tra le altre – anche nell’ambito della medicina personalizzata, per la realizzazione di organi ad hoc su cui si fa diagnosi preventiva di malattie, nel campo farmacologico, per la creazione di scaffold usati nella somministrazione di farmaci e nell’analisi di agenti chimici e tossicologici (Figura 1).

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Figura 1. Immagine rappresentativa di strutture biostampate a grandezza umana: un innesto vascolare, una valvola aortica e una stecca bioriassorbibile. Credits: 3D bioprinting of tissues and organs

Diverse tuttavia sono le sfide e i limiti associati ancora al bioprinting: una inadeguata compatibilità tra la struttura tridimensionale e la superficie del tessuto target, alti rischi di contaminazione con l’ambiente esterno durante il processo di stampa (cui naturalmente si cerca di sopperire rendendo l’ambiente di lavoro quanto più sterile possibile), probabilità di danni al costrutto tridimensionale durante la fase di movimento e trapianto. Oltretutto, bisogna tenere conto dei costi medici alquanto elevati e dei tempi di recupero e dei rischi di infezione altrettanto rilevanti per le strutture biologiche più interne, tra cui cuore, colon, intestino e reni.

La guarigione dei tessuti danneggiati viene supportata grazie a dei trattamenti farmacologici e chirurgici, mediante punti di sutura. Eppure, anche per questi, si riconoscono degli svantaggi: ai primi la lentezza dell’efficacia, mentre ai secondi la possibilità di riapertura della ferita suturata con conseguenti infezioni.

F3DB: il robot che sfida i limiti del bioprinting 3D

I ricercatori della University of New South Wales di Sydney hanno progettato e sviluppato un robot di dimensioni millimetriche, multifunzionale e flessibile (Flexible in situ 3D Bioprinter, F3DB), in grado di stampare direttamente in situ il bioink, ovvero le biomolecole per la rigenerazione del tessuto e organo target.

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Figura 2. Immagine rappresentativa del prototipo del robot con il suo corpo flessibile, braccio robotico e testa di stampa 3D. Credits: Advanced Science

I principali componenti che costituiscono l’architettura del robot sono (Figura 2):

  • Un catetere lungo e flessibile (flexible body) grazie a cui il piccolo robot riesce a raggiungere il distretto fisiologico di interesse inserendosi negli orifizi naturali (in modo non invasivo), come ad esempio bocca o ano – oppure attraverso delle piccole incisioni cutanee (in modo invasivo);
  • Un manipolatore slave che comprende un braccio robotico morbido (soft robotic arm) e una testina di stampa 3D (3D printing head).

L’intero sistema è regolato da muscoli artificiali idraulici a microtubuli molli e attuatori a soffietto in tessuto morbido.

La connessione del piccolo robot con il mondo esterno avviene tramite il collegamento del corpo flessibile all’alloggiamento del motore (motor housing) che interagisce a sua volta con una master console. Mediante un’interfaccia tattile, l’utente (personale medico) riesce ad inviare l’informazione della movimentazione della propria mano sottoforma di segnale elettronico all’alloggiamento del motore. Infine, il biomateriale viene consegnato alla testina di stampa grazie ad un dispensatore a siringa (Figura 3).

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Figura 3. Schema del sistema di funzionamento del robot F3DB. Credits: Advanced Science

Un punto a favore di F3DB è la scalabilità nella sua realizzazione: in base alle specifiche necessità di stampa, è possibile ridimensionare il dispositivo permettendo di ottenere uno strumento dalle dimensioni dei commerciali endoscopi terapeutici (di diametro esterno nell’intervallo 11,3-13,2 mm) in grado di mantenere comunque la propria efficienza di stampa su superfici ampie.

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Figura 4. Immagine rappresentativa dei moti di rotazione e di estensione del braccio robotico. Credits: Advanced Science

Il funzionamento del sistema F3DB si basa su un’architettura di tipo master-slave: come detto sopra, il manipolatore slave viene guidato a distanza dall’utente tramite console e, una volta raggiunto il sito di destinazione, il suo movimento viene pilotato da un algoritmo di controllo automatico. Tocca poi all’alloggiamento del motore inviare dei segnali di attivazione alle unità deputate alla trasmissione del fluido. Tali unità trasferiscono il fluido alla testina di stampa, sfruttando meccanismi basati sulla pressione idraulica.

È importante, inoltre, sottolineare che il robot F3DB può garantire una stampa multisito tale da coprire intere superfici di organi e tessuti (come cuore, stomaco, colon e vescica) grazie alla combinazione della movimentazione omnidirezionale del braccio robotico e di quella dell’ugello della testina di stampa, che invece offre 3 gradi di libertà (Figura 4).

La funzionalità ex-vivo del F3DB

L’attenzione degli studiosi è stata incentrata, inizialmente, sulla facilità di stampa del materiale e sull’attività del dispositivo. La capacità del robot miniaturizzato è stata misurata tramite diverse applicazioni e con materiali di natura variabile: dal cioccolato liquido alimentare a compositi elastomerici siliconici liquidi, passando per compositi di gel costituiti da polimeri, alcool, siliconi e olio d’oliva (Figura 5).

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Figura 5. Immagine rappresentativa di una stampa 3D del gel composito, secondo forme differenti e su più strati. Credits: Advanced Science

La risoluzione del filamento in uscita, la lunghezza e lo spessore del prodotto estruso vengono di gran lunga migliorate impostando in modo mirato i fattori rilevanti di stampaggio, quali:

  • la velocità di spostamento e il diametro di apertura dell’ugello;
  • la velocità di alimentazione del materiale, in base alla sua viscosità;
  • la distanza che intercorre tra la testina di stampa e la superficie target.

Un primo approccio interessante e riguardante attivamente la stampa su organi e tessuti, è stata la stampa 3D di cioccolato su un segmento trasverso di colon artificiale. Tramite l’inserimento nel canale anale e retto, F3DB ha realizzato una forma rettangolare a due strati in maniera puntuale.

Un ulteriore focus dei ricercatori è stato quello di esaminare anche la vitalità cellulare di un biomateriale vivente stampato proprio dal F3DB. Le tecniche utilizzate per tale analisi sono state la microscopia a contrasto di fase e una colorazione fluorescente in grado di identificare le cellule vive e morte. È stato osservato che non solo le cellule non avevano risentito del processo di stampa, ma si era anche avuta una proliferazione cellulare a partire dal settimo giorno (Figura 6).

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Figura 6. Immagine rappresentativa della colorazione fosforescente: in verde si osservano le cellule vive mentre in rosso quelle morte. Credits: Advanced Science

Oltre la stampa 3D: applicazioni nell’endoscopia

In realtà, oltre alla sua principale funzione di biostampante 3D, il robot è stato pensato come un possibile strumento all-in-one per cui la testina di stampa, supportata da una corretta movimentazione, potrebbe essere usata anche come bisturi elettrico e non solo. In vista di un intervento chirurgico, infatti, essa potrebbe rilasciare getti d’acqua per la pulizia del sito (ad esempio ripulendo da sangue e da feci, nel caso di interventi del tratto gastrointestinale) e garantire una riparazione tempestiva, grazie alla stampa diretta del bioink. Si può ben comprendere come F3DB potrebbe assicurare sia una diminuzione dei rischi di contaminazione e di infezione, sia tempi di recupero decisamente più brevi. Ciò comporterebbe un grande passo in avanti, soprattutto su superfici come il tratto gastrointestinale, i vasi sanguigni, il tessuto miocardico, i cui interventi trarrebbero così un rilevante beneficio dalla sua applicazione mininvasiva.

A tal proposito, i ricercatori hanno eseguito dei test su un intestino di suino fresco, sperimentando la procedura di dissezione sottomucosa endoscopica eseguita per la rimozione precoce della neoplasia del colon retto (terza causa più comune di morte per cancro).

Il braccio robotico e la testina di stampa sono inseriti tramite orifizi naturali e guidati sino alla superficie target, tramite controllo da console esterno. Successivamente, il perimetro della lesione viene marcato dall’ugello, collegato in questa fase ad una unità di elettrochirurgia. Viene dunque iniettata una soluzione salina attorno al perimetro, che viene poi accuratamente dissezionato dalla punta dell’ugello. Infine, si procede con il ripristino della ferita grazie proprio al 3D-printing. (Figura 7).

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Figura 7. Rappresentazione schematica del processo della dissezione sottomucosa endoscopica. Credits: Advanced Science

Discussioni e conclusioni

Nelle dimensioni millimetriche, nella flessibilità propria del robot F3DB e nelle sue funzioni da “bioprinter” puntuale è racchiuso un importante sviluppo per la medicina rigenerativa in vivo. Lo strumento all-in-one pone rimedio agli alti rischi di infezione provocati dagli interventi chirurgici a cielo aperto, principalmente invasivi, e alle probabili incompatibilità tra il costrutto vivo stampato in 3D e la superficie target. Inoltre, supera di gran lunga gli attuali strumenti di stampa manuale (limitati alle superfici più esterne, aventi scarsa piegabilità e a cui si associa una precisione alquanto bassa) oltre che quelli elettrochirurgici, inglobati invece integralmente nella propria struttura. F3DB argina anche la questione economica: realizzato con materiali standard, potrebbe essere pensato come una soluzione usa e getta, risollevando i processi dall’attenta sterilizzazione delle normali apparecchiature.

La nostra biostampante 3D flessibile consente di iniettare i biomateriali direttamente nei tessuti o negli organi bersaglio con un approccio minimamente invasivo. Questo sistema offre il potenziale per la ricostruzione precisa di ferite tridimensionali all’interno del corpo, come le lesioni della parete gastrica o i danni e le malattie all’interno del colon.

Dr. Thanh Do, Autore dello studio

Non mancano tuttavia elementi da perfezionare. I ricercatori hanno infatti osservato non solo l’importanza di una fotocamera integrata per la scansione in tempo reale, tale da ricostruire la tomografia 3D del tessuto, ma anche la messa a punto di un modello cinematico che tenga conto anche della velocità del meccanismo mobile e delle proprietà geometriche della struttura.

In ultima analisi, grazie anche a futuri test in vivo del dispositivo, il campo medico potrà vedere miglioramenti sempre più evidenti grazie alla messa a disposizione di tali strumenti medici e robot chirurgici.

Video dimostrativo del funzionamento del robot F3DB

Fonti e approfondimenti
  • Advanced Science – Advanced Soft Robotic System for In Situ 3D Bioprinting and Endoscopic Surgery
  • UNSW – 3D bioprinting inside the human body could be possible thanks to new soft robot
  • Nature – 3D bioprinting of cells, tissues and organs
  • IEEE SPECTRUM – immagine di copertina
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Informazioni autore

Aurora Maglione

Laureata in Ingegneria Biomedica presso Università degli Studi di Napoli "Federico II". Mi appassiona tutto ciò che ha in sé innovazione e sviluppo tecnologico, mirato soprattutto alla cura della persona. Con una fortissima e aperta curiosità, faccio della divulgazione scientifica uno dei miei sproni più forti per accrescere le conoscenze nel mio ambito di formazione.

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