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Tessuti e Organi Artificiali

Rigenerazione dei muscoli: stampato in 3D un cuore umano pulsante

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Scritto da Alessia Paradiso

Un nuovo materiale, usato come bioinchiostro, ha permesso di ricreare un cuore pulsante – e funzionale – in laboratorio. A differenza del passato, questa “pompa cardiaca umana” promuove il differenziamento di cardiomiociti in situ e rispetta le caratteristiche elettromeccaniche di un vero cuore umano.

È successo davvero. Dove? Università del Minnesota, Stati Uniti. L’ingegnerizzazione di un biomateriale caricato di cellule staminali pluripotenti ha permesso di stampare in 3D un duplicato aortico con due extra camere e i rispettivi ventricoli, un vaso sanguigno d’entrata e uno d’uscita, garantendo uno spessore della parete cellulare migliore di quanto fosse stato possibile fare in precedenza. Il risultato? Una pompa muscolare umana incamerata in un organoide 3D (hChaMP).

Il limite della maturazione dei cardiomiociti in vitro. Il 3D-bioprinting in aiuto per creare un cuore pulsante

I primi sforzi in questa direzione hanno prodotto costrutti geometricamente semplici. La mancanza di complessità ha però portato ad un loro uso esclusivamente in vitro (e.g., test diagnostici, analisi di rilascio del farmaco). Inoltre il tessuto cardiaco nativo genera impulsi; caratteristica che in vitro, così come la capacità di pompare un fluido, non era ancora stata ottenuta, limitando anche la successiva vascolarizzazione degli scaffold.

Il problema principale, però, è sempre stata la capacità di gestire le cellule muscolari cardiache mature – i cardiomiociti – che non proliferano nè migrano prontamente, impedendo ai ricercatori di raggiungere l’elevata densità cellulare richiesta da questo tipo di tessuto. Così come anche la mancanza di funzionalità elettromeccanica (a supporto della pompa), essenziale per replicare un vero cuore umano.

Abbiamo stampato cellule staminali pluripotenti indotte dall’uomo, che possono proliferare a densità elevate e riempire modeste aree di tessuto, per differenziarle successivamente in cardiomiociti in situ.

Brenda Ogle, responsabile scientifico dello studio e capo del Dipartimento di Ingegneria Biomedica dell’Università del Minnesota, College of Science and Engineering

Cosa sono le cellule staminali pluripotenti indotte (hiPSCs)? Il team di ricerca dell’Università del Minnesota ha quindi ingegnerizzato una formulazione di bioinchiostro che promuovesse la vitalità cellulare e consentisse appunto la proliferazione di hiPSCs, con successiva differenziazione in cardiomiociti (CMs) (Figura 1). L’obiettivo è stato raggiunto ottimizzando una formulazione precedentemente sviluppata dallo stesso team.

Il modello del muscolo cardiaco, riprodotto in scala 1:10 da un cuore umano, è lungo circa 1.3 centimetri ed è stato specificamente progettato per adattarsi alla cavità addominale di un topo, per futuri studi in vivo.

Figura 1. Diagramma dell’evoluzione della proliferazione cellulare durante i 14 giorni successivi al 3D-bioprinting. A sinistra, vista in sezione trasversale del modello di progettazione per la pompa cardiaca a camera umana (hChaMP). Il modello deriva da una scansione MRI da cuore umano, modificato per ospitare un circuito di perfusione a 1 via attraverso le camere cardiache. L’obiettivo era quello di creare un tessuto cardiaco geometricamente complesso con muscoli contigui e funzione di pompa associata. A destra, approccio per generare l’hChaMP, in cui le hiPSCs sono state depositate con un bioink che ha permesso la loro espansione con densità simili a quelle dei tessuti, e successiva differenziazione dei cardiomiociti. Photo credits: Circulation Research Journal

Il bioinchiostro in grado di imitare il tessuto cardiaco nativo

Il materiale di base da cui è stato sviluppato il bioinchiostro è la gelatina metacrilata (GelMA), ampiamente utilizzata per l’ingegnerizzazione di tessuti. La GelMA (10% w/v) è stata successivamente reticolata tramite fotoattivazione, per renderla stampabile senza supporto aggiuntivo di materiali sintetici.

Studi precedenti hanno evidenziato che l’aggiunta di composti chimici quali fibronectina (FN), laminina (LN) e collagene metacrilato (ColMA), così come le cellule staminali e la matrice extracellulare (ECM), favoriscono la differenziazione dei cardiomiociti. Di conseguenza, alla formulazione base della GelMA sono stati aggiunti 2.5 mg/mL di ColMA, 95 μg/mL di FN, 95 μg/mL di LN-III e 5 mg/mL di fotoattivatore, che hanno portato a raggiungere una densità cellulare tale da esprimere 0.1 mg di DNA/g di gel, stesso ordine di grandezza del tessuto cardiaco nativo (0.3 mg DNA/g). Indicatori come l’area ricoperta dalle cellule al giorno 13 e l’area di colonizzazione al giorno 0 sono stati rispettivamente utilizzati per la quantificazione della vitalità e della proliferazione cellulare (Figura 2).

Figura 2. Diverse formulazioni di bioink sono state combinate con cellule pluripotenti indotte umane e aggiunte in pozzetti, per formare il gel e ottenere un bioinchiostro ottimale a base di matrice extracellulare, per la successiva stampa di tessuto cardiaco geometricamente complesso. La formulazione ottimizzata è stata poi utilizzata per la stampa 3D degli organoidi. Photo credits: Circulation Research Journal

Geometria inversa a riempimento: il nuovo approccio al 3D-bioprinting per inchiostri a bassa viscosità

L’approccio adottato prevede il riempimento di una geometria inversa creata con dell’inchiostro sacrificale a base di Pluronic® F-127. Utilizzando una scansione a risonanza magnetica (MRI) di un cuore coronarico umano e il bioinchiostro di nuova concezione (caricato con cellule staminali), è stato quindi stampato in 3D il costrutto cardiaco. Dopo che le cellule si sono moltiplicate fino a raggiungere una densità sufficiente, sono state portate a differenziamento all’interno dello scaffold cardiaco stesso (Figura 3).

Le differenze con un vero cuore?

Il setto tra i ventricoli, che è stato parzialmente eliminato per offrire l’apporto di nutrienti, e la costruzione limitata a 2 sole connessioni vascolari.

L’efficienza a 14 giorni si è però dimostrata promettente. Il 90% del volume del nuovo bioinchiostro è risultato essere pienamente colonizzato dalle cellule. Inoltre dopo 6 settimane è stata notata una morte cellulare molto limitata, suggerendo che il benessere cellulare in corso all’interno della costruzione aortica del duplicato potesse considerarsi ampiamente raggiunto.

Passando a qualche parametro tecnico: il sistema di 3D-bioprinting prevede la deposizione ad alta precisione del Pluronic e del bioinchiostro da due siringhe differenti (diametro dell’ago 510 μm). Prima di estrudere la GelMA, la struttura di supporto (la cosiddetta “geometria inversa”) è stata stampata col Pluronic a strati di spessore 400 μm l’uno.

Figura 3. 3D-bioprinting cardiaco mediante geometria inversa, con approccio di riempimento e relativa caratterizzazione. (a) Schema dell’organoide a geometria invertita per successivo riempimento. (b) Immagini MRI a dimostrare le camere intatte. (c) Mappa della distanza calibrata tramite registrazione 3D per il confronto della fedeltà anatomica sulla superficie delle strutture interne ed esterne del modello digitale modificato e del costrutto. (d) Istogramma delle distanze dei punti di superficie calibrate per il confronto della fedeltà anatomica tra il modello digitale modificato e il costrutto stampato in 3D. (e) Immagini dell’organoide rispetto alla vitalità cellulare nei giorni 1, 3, 5 e 7 dopo la stampa. Photo credits: Circulation Research Journal

La pompa cardiaca, la fluidodinamica dell’organoide 3D e l’espressione del fenotipo

Il modello digitale e l’organoide 3D sono stati infine sovrapposti digitalmente per studiare la fedeltà di replica – e quindi di stampa – dell’approccio adottato con l’innovativo bioinchiostro.

La sovrapposizione delle due repliche è risultata accurata all’86% (Figura 4). Successivamente, per comprovare la perfusione del costrutto, due tubicini in polietilene sono stati fissati alla struttura stampata, mediante adesivo per tessuti. L’aggiunta di colorante nel fluido iniettato ha mostrato l’efficacia di perfusione delle camere nello spazio interno dell’organoide 3D.

L’organoide non è stato perfuso in un bioreattore, cosa che in generale migliora la maturazione cellulare e le performance fisiologiche. Anche in assenza di ciò, è stata comunque rilevata una considerevole espressione della proteina di giunzione Cx43 tra cardiomiociti adiacenti, così come di altri indici fenotipici di differenziamento e maturazione del muscolo cardiaco (e.g., Kir2.1, Bin1, SERCA2).

Figura 4. Il processo di 3D-additive manufacturing e la sovrapposizione del template col costrutto stampato, che dimostra l’accuratezza del cuore umano stampato in 3D. (A) Modello digitale 3D di cuore umano intatto (template) e struttura stampata in 3D (print). Vista in sezione longitudinale del template (blu) e della struttura stampata (rosso), con superficie tagliata (nero). Accanto ad ogni spaccato c’è una vista in sezione trasversale del template e della stampa in 2 diverse regioni: una con il setto intatto, l’altra con la via del setto stesso, come indicato da linee tratteggiate. (B) Mappa di calore che mostra la differenza geometrica tra il modello e la stampa – scala da +1.0 mm a -1.0 mm dal modello. (C) Fotografia del costrutto incamerato e stampato in 3D. (D) Fermo immagine relative alla perfusione del costrutto cellularizzato. Photo credits: Circulation Research Journal

Una mappatura ottica è stata infine utilizzata per misurare i cambiamenti di tensione attraverso gli organoidi, permettendo la visualizzazione real time della propagazione del segnale elettrico, così come la generazione di mappe isocrone di attivazione e la frequenza di stimolazione. Infine è stata anche studiata la reazione tissutale in risposta al rilascio di farmaco. Nella maggior parte dei casi, l’attività elettrica comincia in un’area precisa per poi propagarsi attraverso il resto della struttura.

Cosa si può migliorare? Lo spessore del muscolo, per ottimizzare la funzione della pompa cardiaca e prevenirne la rottura, e la maturazione dei cardiomiociti, tramite l’uso di un bioreattore.

In che contesto si inserisce la ricerca?

Recentemente, ricercatori biomedici del Texas Tech University Health Sciences Center El Paso (TTHUSC) e l’Università del Texas a El Paso (UTEP), ad esempio, avevano sviluppato mini-cuori utilizzando il 3D-bioprinting, mandati poi verso la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) per comprendere come la microgravità influisca sulle prestazioni del cuore umano. Parallelamente, anche BIOLIFE4D, azienda biotech di Chicago, è riuscita con successo a stampare in 3D un tessuto coronarico umano. Infine un team dell’Università di Tel Aviv (TAU), Israele, ha progettato e stampato in modo efficiente un cuore coronarico completo. L’analisi mirava a stabilire una base solida per i lavori futuri, esplorando il potenziale della creazione di tessuti stampati in 3D altamente dettagliati e specifici per il paziente.

E in futuro?

Il 3D-bioprinting potrà essere utilizzato per la rigenerazione di tessuti affetti da malattie genetiche e per studi cardiologici in vitro di sistemi multiscala a rilascio di farmaco, così come per la modellazione di malattie a carico del sistema cardio-muscolare e test preclinici in vivo.


Fonti e approfondimenti
  • In Situ Expansion, Differentiation, and Electromechanical Coupling of Human Cardiac Muscle in a 3D Bioprinted, Chambered Organoid – ahajournals.org
  • College of Minnesota researchers use 3D bioprinting to create beating human coronary heart – 3dprintingzoom.com
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Informazioni autore

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Alessia Paradiso

Ricercatrice in fuga.
Conseguita la laurea magistrale in Ingegneria Biomedica al Politecnico di Torino, prosegue con un Dottorato in Biomateriali fuori patria. Appassionata di informazione, mantiene un sguardo completo sul mondo biomedico con tanta curiosità.

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