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Lo sviluppo di organoidi riflette le patologie cardiovascolari: gli epicardiodi

Scritto da Aurora Maglione

Tra le principali applicazioni dell’ingegneria tessutale, l’organoide si considera come un promettente modello di riferimento in vitro per l’analisi e la modellizzazione di patologie degli organi adulti umani. Uno studio recente, condotto da un gruppo di ricerca dell’Università Tecnica di Monaco, ha portato allo sviluppo di un struttura tridimensionale analoga ad un “mini-cuore”, denominata “epicardioide”, che potrebbe garantire un potenziale sviluppo nelle analisi e terapie di disfunzioni cardiache.

L’organoide: l’innovativa coltura 3D

I modelli biologici di riferimento della ricerca scientifica hanno come obiettivo quello di studiare la complessità dei sistemi biologici e di valutare le reazioni metaboliche nel tempo. Tra questi, i principali sono due: i modelli in-vitro e i modelli in-vivo. I primi studiano colture cellulari bidimensionali, accuratamente controllate in ambienti chimici e fatte proliferare mediante fattori di crescita e proteine, e organismi in vivo, quali, ad esempio, il lievito e i topi, che replicano, solo in parte, la fisiologia e il funzionamento dell’organismo umano. A metà tra questi due modelli di riferimento si interpone una particolare coltura cellulare: l’ organoide.

La grande potenzialità dell’organoide risiede nella capacità di simulare le caratteristiche, oltre che dei tessuti, di un vero e proprio organo in miniatura. Esso, difatti, è una struttura cellulare tridimensionale derivata a partire da:

  • cellule staminali pluripotenti: sono cellule non ancora specializzate, in grado di differenziarsi in qualunque tipo di cellula (ad esempio in cellule del tessuto muscolare, cellule del tessuto nervoso), prelevate principalmente dal cordone ombelicale e placenta;
  • cellule staminali a pluripotenza indotta: sono cellule somatiche adulte, che se sottoposte ad un trattamento di manipolazione genica, possono invertire il loro sviluppo tornando ad essere cellule non specializzate e quindi staminali;
  • cellule immortalizzate: il cui processo di divisione cellulare è incontrollato e proliferano molto facilmente, come le cellule tumorali;
  • cellule differenziate di tessuti.

Una delle prime applicazioni degli organoidi (Figura 1) è la modellizzazione delle malattie e lo studio dei meccanismi patologici riguardanti gli organi stessi. A questo si collega, naturalmente, la creazione di vere e proprie “biobanche di organoidi”, ovvero, collezione di organoidi umani per studiare le variabilità genetiche. Ancor più rilevante è l’applicazione nel campo della medicina personalizzata: in merito alla rigenerazione e trapianti tessutali, nonché ad una possibile sostituzione autologa del tessuto patologico mediante una correzione in vitro.  

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Figura 1. Applicazioni della coltura tridimensionale di organoidi. Credits: Nature Rev

Gli “epicardioidi”

Il muscolo cardiaco, il miocardio, ha una configurazione striata, ma il suo meccanismo di pompaggio è involontario. Tra il miocardio e il pericardio (sacco più esterno che contiene il cuore e il tratto iniziale dei vasi più grossi), contiamo la presenza dell’epicardio: un rivestimento di tessuto connettivo e tessuto adiposo, che aiuta a proteggere cuore oltre che contenere le terminazioni dei vasi sanguigni e dei nervi.

Lo studio condotto dal gruppo di ricerca dell’Università Tecnica di Monaco si è concentrato proprio sull’epicardio, che svolge un ruolo importante nello sviluppo, oltre che nella riparazione cardiaca. Specificatamente, il team si è focalizzato sulla possibilità di realizzare organoidi con compartimenti epicardici, una coltura del tutto nuova dato che gli organoidi sino ad ora implementati contavano solo la presenza di sole cellule del muscolo cardiaco (cardiomiociti).

Un “mini-cuore” realizzato grazie alla coltura 3D

In una prima fase dello studio, il team ha realizzato degli sferoidi di cellule staminali a pluripotenza indotta sottoposti ad una procedura di differenziazione tramite proteine e fattori di crescita (tra cui activina A, proteina morfogenetica ossea 4 e fattori di crescita dei fibroblasti). L’obiettivo di questa fase è l’induzione della striscia primitiva medio-anteriore (la struttura transitoria propria dello sviluppo embrionale umano), del mesoderma cardiaco e, infine, di derivati cardiovascolari. L’applicazione di tali fattori di crescita ha interessato una finestra temporale di sette giorni (da d0 a d7) al seguito dei quali è stato integrato del collagene di tipo I (una delle principali proteine del tessuto connettivo e che costituisce il 90% della matrice extracellulare cardiaca in vivo) (Figura 2).

Cellule staminali organoidi
Figura 2. Protocollo di riferimento della differenziazione degli sferoidi con immagine in campo chiaro sottostante. Credits: Nature Biotech

Lo studio ha confrontato gli sferoidi delle cellule staminali pluripotenti umane con e senza l’acido retinico (RA), metabolita della vitamina A, principale regolatore della struttura cardiaca e dello sviluppo epicardico. I risultati hanno mostrato come gli sferoidi differenziati con presenza di RA definiscono un nucleo denso di cardiomiociti, rispetto a quelli privi di acido retinico. Inoltre, nei primi la presenza di RA ha assicurato la formazione di un involucro esterno di cellule imitanti la configurazione della struttura multistrato dell’epicardio dell’embrione umano (Figura 3). Da questa osservazione, i ricercatori hanno battezzato la struttura tridimensionale con il nome di “epicardioidi”. In seguito, il team ha riscontrato una scarsa presenza endoteliale per la formazione di strutture vascolari cui hanno fatto fronte inserendo il fattore di crescita angiogenico.

organoidi fluorescenza verde troponina cuore
Figura 3. Immagine in fluorescenza mostra in verde la troponina all’interno degli sferoidi con e senza RA. Credits: Nature Biotech

Utilizzo dell’epicardioide per lo studio dei disturbi cardiovascolari

Tra le applicazioni riportate dallo studio, è interessante la risposta degli epicardioidi riguardo i disturbi cardiovascolari ereditari, e non ereditari, che sono causa di alta probabilità di insufficienza cardiaca e aritmia cardiaca (i.e. disturbo del ritmo cardiaco). Nello specifico, tali disturbi cardiovascolari si manifestano come un ispessimento del muscolo cardiaco del ventricolo sinistro a causa del mantenimento di sovraccarico di lavoro.

Rispetto ai riferimenti 2D, l’epicardioide si presenta come un punto di riferimento esaustivo per studiare le caratteristiche di tale disturbo: difatti i primi, sebbene sintetizzino le peculiarità della patologia, non danno una piena spiegazione circa il fenomeno correlato della fibrosi. Gli studiosi hanno trattato gli epicardioidi di 1 mese con un vasocostrittore e hanno osservato sia un aumento delle dimensioni dei cardiomiociti che una sovra-regolazione dei marcatori di ipertrofia. Il tutto assieme ad una eccessiva deposizione di matrice extracellulare nello spazio sub-epicardico, sono indicatori di una risposta fibrotica in atto.

Inoltre, il team ha validato anche la capacità degli organoidi di modellare la fibrosi miocardica congenita grazie all’esame delle cellule staminali a pluripotenza indotta di un individuo con sindrome di Noonan, il quale presentava, oltre che ad una grave ipertrofia ventricolare sinistra (Figura 4), anche una fibrosi miocardica sin dalla nascita.

sezione cuore ipertrofia
Figura 4. Disegno esemplificativo di messa a confronto tra cuore sano e cuore con ipertrofia. Credits: AICARM

Conclusioni

Dal lavoro di ricerca condotto dell’Università Tecnica di Monaco, si può evincere la funzionalità degli organoidi e del loro promettente uso finalizzato allo studio dei funzionamenti patologici di organi. Nello specifico, il team ha sfruttato tale coltura tridimensionale per implementare dei “piccoli cuori” totalmente innovativi perché riescono a modellare le principali caratteristiche di comportamento disfunzionale cardiaco. Si può ben comprendere come l’epicardioide possa diventare un importante modello di riferimento grazie a cui effettuare ulteriori valutazioni, legati a disturbi cardiaci complessi, e test e screening farmacologici per realizzare farmaci ad hoc.

Gli stessi organoidi potrebbero ricoprire un ruolo fondamentale anche nella medicina dello sviluppo: potrebbero essere sfruttati per garantire una differenziazione delle cellule derivabili dal tessuto epicardico in cardiomiociti; inoltre, potrebbero favorire anche la proliferazione dei cardiomiociti persi a causa degli infarti miocardici.

Gli organoidi dunque sono una coltura tridimensionale estremamente promettente in quanto molto più vicina all’essere umano. Ampliando tale osservazione, si evince come gli organoidi rendano l’analisi sperimentale dell’organogenesi e delle funzionalità degli organi adulti, molto più comprensibile e accessibile rispetto ai modelli 2D finora in uso.

  • Se ti interessa approfondire l’argomento “organoidi”, ne abbiamo parlato nei seguenti articoli:

Organoidi del pancreas per la cura del diabete

Cervelli in miniatura: organoidi corticali e brain-on-a-chip

Organoidi: l’anello mancante tra ingegneria tissutale e medicina rigenerativa


Fonti e approfondimenti
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Informazioni autore

Aurora Maglione

Laureata in Ingegneria Biomedica presso Università degli Studi di Napoli "Federico II". Mi appassiona tutto ciò che ha in sé innovazione e sviluppo tecnologico, mirato soprattutto alla cura della persona. Con una fortissima e aperta curiosità, faccio della divulgazione scientifica uno dei miei sproni più forti per accrescere le conoscenze nel mio ambito di formazione.

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